Fiabe dei Grimm
Le Fiabe dei Fratelli Grimm, originariamente compilate da Jacob e Wilhelm Grimm, sono una raccolta di racconti popolari senza tempo che incantano i lettori da secoli. Questi racconti sono un tesoro di folklore, con storie di coraggio, magia e moralità che risuonano attraverso le generazioni. Dai classici come ”Cenerentola”, ”Biancaneve” e ”Hansel e Gretel”, a gemme meno conosciute come ”Il Pescatore e sua Moglie” e ”Rumpelstiltskin”, ogni storia offre uno sguardo sulla ricca tessitura della tradizione orale europea. Le Fiabe dei Grimm sono caratterizzate dai loro personaggi vivaci, lezioni morali e spesso toni oscuri, riflettendo le dure realtà e gli elementi fantastici dei loro contesti storici. Il loro fascino duraturo risiede nella loro capacità di intrattenere, insegnare e ispirare meraviglia, facendole diventare una pietra miliare della letteratura per bambini e una fonte di fascinazione per studiosi di folklore e narrazione.
Episodes

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta un fratellino e una sorellina che si volevano molto bene. Ma la loro mamma era morta ed essi avevano una matrigna che li odiava e faceva loro, di nascosto, tutto il male che poteva. Un giorno essi giocavano con altri bambini su di un prato davanti a casa, e accanto al prato c'era uno stagno che arrivava a lambire un lato della casa. I bambini giocavano a rincorrersi, e ogni tanto riprendevano la conta:
"Lasciami, lasciami, ti lascerò,all'uccellino io poi ti darò,e lui la paglia mi cercherà,che alla vacchina io poi darò,e lei il suo latte mi darà,che al fornaio io poi darò,e lui la torta mi farà,che al gattino io poi darò,e lui i topini mi cercherà,che nel camino io poi appenderòe affetterò."
Cantando formavano un cerchio, e quello a cui toccava la parola 'affetterò' doveva scappare, e gli altri lo rincorrevano e lo acchiappavano. Mentre si rincorrevano, così allegri, la matrigna li stava a guardare dalla finestra, irritata. E siccome conosceva l'arte della stregoneria, trasformò i due bimbi: il fratellino divenne un pesce e la sorellina un agnello. Il pesciolino nuotava su e giù per lo stagno ed era triste; l'agnellino andava su e giù per il prato ed era triste, non mangiava e non toccava neanche un filo d'erba. Andò avanti così per molto tempo, finché‚ un giorno giunsero al castello dei forestieri. La perfida matrigna pensò: 'Ecco una buona occasione!' Chiamò il cuoco e gli disse: "Va', prendi l'agnello che è nel prato e ammazzalo, altrimenti non abbiamo nient'altro per gli ospiti." Il cuoco andò a prendere l'agnellino, lo portò in cucina e gli legò le zampette, mentre quello sopportava tutto con pazienza. Ma quando il cuoco tirò fuori il suo coltello e lo affilò sulla pietra della soglia per trafiggerlo, vide un pesciolino che nuotava su e giù davanti allo scolo dell'acquaio e lo guardava. Era il fratellino: quando aveva visto il cuoco che portava via l'agnellino, l'aveva accompagnato nuotando nello stagno fino a casa. Allora l'agnellino gridò:
"Oh fratellino nell'acqua profondaignori la pena che il cuor mi circonda!La lama del cuoco è già affilata:presto da essa verrò trapassata!"
Il pesciolino rispose:
"Oh sorellina in alto, lassù, ignori la penache soffro quaggiù nell'acqua fondache mi circonda."
Quando il cuoco udì che l'agnellino sapeva parlare e che rivolgeva al pesciolino parole così tristi, si spaventò e pensò che non fosse un agnellino vero, ma che l'avesse stregato la malvagia padrona. Allora disse: "Sta' tranquillo, non ti ucciderò." Prese un'altra bestia e la cucinò per gli ospiti, mentre l'agnellino lo portò da una buona contadina, e le raccontò quel che aveva visto e sentito. Ma la contadina era proprio la balia della bimba, sospettò subito chi potesse essere quell'agnellino, e lo portò da una maga. Costei benedisse l'agnellino e il pesciolino che riacquistarono l'aspetto umano. Poi li condusse tutt'e due in un gran bosco dove c'era una piccola casetta; e là essi vissero felici e contenti.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
"Dove vai?" - "Vado a Cogozzo." - "Io vado a Cogozzo, tu vai a Cogozzo: bene, bene, andiamo insieme."
"Hai anche tu il marito? Come si chiama?" - "Tito." - "Mio marito Tito, tuo marito Tito; io vado a Cogozzo, tu vai a Cogozzo: bene, bene, andiamo insieme."
"Hai anche tu un bambino? Come si chiama?" - "Pino." - "Il mio bambino Pino, il tuo bambino Pino; mio marito Tito, tuo marito Tito; io vado a Cogozzo, tu vai a Cogozzo: bene, bene, andiamo insieme."
"E tu ce l'hai la cuna?" - "Si chiama Sbattéiluna." - "La mia cuna Sbattéiluna, la tua cuna Sbattéiluna; il mio bambino Pino, il tuo bambino Pino; mio marito Tito, tuo marito Tito; io vado a Cogozzo, tu vai a Cogozzo: bene, bene, andiamo insieme."
"Ce l'hai il servitorello?" - "Si chiama Vabelbello." - "Il mio Vabelbello, il tuo Vabelbello; la mia cuna Sbattéiluna, la tua cuna Sbattéiluna; il mio bambino Pino, il tuo bambino Pino; mio marito Tito, tuo marito Tito; io vado a Cogozzo, tu vai a Cogozzo: bene, bene, andiamo insieme."Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Una ragazza di Brakel andò una volta alla cappella di sant'Anna sotto il castello dei giganti e, siccome desiderava tanto maritarsi, e credeva che nella cappella non ci fosse nessuno, si mise a cantare:-Oh sant'Anna ognor venerata, fa' che in breve io sia maritata! Sai cosa voglio io: il mio vicino di bell'aspetto è proprio il mio diletto!-Ma dietro l'altare c'era il sagrestano, che sentì tutto e si mise a gridare con voce terribile: -Non l'avrai! Non l'avrai!-. Ma la fanciulla pensò che, a gridare, fosse stata Maria Bambina, che stava accanto a sua madre. Allora andò in collera e gridò: -Perepepè, brutta pettegolina, chiudi il becco e lascia parlare la mamma!-.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Tra Werrel e Soist abitava un uomo che si chiamava Knoist, e aveva tre figli: uno era cieco, l'altro zoppo e il terzo tutto nudo. Un giorno andarono per i campi e videro una lepre. Il cieco le sparò, lo zoppo la prese e quello nudo la mise in tasca. Poi giunsero in riva a un gran fiume e videro tre navicelle una correva, l'altra colava a picco e la terza non aveva il fondo. Salirono tutt'e tre in quella senza fondo e giunsero a un gran bosco, dove c'era un grande albero, e nell'albero c'era una gran cappella, e nella cappella c'era un sagrestano di carpine e un prete di bossolo che davano l'acqua santa a suon di bastonate. Felice è l'uom che campa, facendo a meno dell'acqua santa!Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Una volta una città in oriente era assediata dai nemici, che non volevano togliere l'assedio se prima non venivano dati loro seicento scudi. Allora la città proclamò che colui che avesse potuto procurarli sarebbe diventato borgomastro. Ora c'era un povero pescatore, che pescava in riva al mare con suo figlio; giunsero i nemici, fecero prigioniero il figlio, e in cambio diedero al padre seicento scudi. Il padre andò a darli ai capi della città, i nemici si ritirarono e il pescatore divenne borgomastro. Allora fu stabilito che chi non avesse detto -signor Borgomastro- sarebbe stato impiccato. Il figlio sfuggì ai nemici e arrivò in un grande bosco, su di un'alta montagna. La montagna si aprì ed egli entrò in un grande castello incantato, dove sedie, tavole e panche erano tutte parate a lutto. Arrivarono tre principesse che erano tutte nere, con solo un po' di bianco sul viso. Gli dissero che non doveva avere paura: non gli avrebbero fatto nulla, ed egli poteva liberarle. Egli disse che sì, le avrebbe liberate ben volentieri se avesse saputo cosa fare. Allora dissero che per un anno non doveva parlare con loro n‚ guardarle; se desiderava qualcosa doveva dirlo; se potevano rispondergli l'avrebbero fatto. Dopo aver trascorso là un po' di tempo, egli disse che desiderava andare da suo padre. Le fanciulle risposero che poteva andare, doveva prendere una certa borsa piena di denaro, indossare un certo vestito, ed essere di ritorno entro otto giorni. Egli si sentì sollevare e subito si trovò in quella città dell'oriente. Ma nella capanna suo padre non c'era più, ed egli domandò alla gente che fine avesse fatto il povero pescatore. Allora gli dissero che non doveva dire così, altrimenti sarebbe finito sulla forca. Egli andò da suo padre e disse: -Pescatore, come avete fatto ad arrivare fin qui?-. Il padre rispose: -Non dovete dire così: se i capi della città se ne accorgono, vi impiccheranno-. Ma egli non volle smetterla e fu condotto alla forca. Quando è là, dice: -Oh, miei Signori, datemi il permesso di andare ancora una volta nella vecchia capanna del pescatore-. Là indossa il suo vecchio camiciotto, torna dai signori e dice: -Lo vedete ora? Non sono forse il figlio del povero pescatore? Fino a oggi ho guadagnato il pane per i miei genitori-. Allora lo riconobbero e gli chiesero perdono e se lo portarono a casa, dov'egli raccontò tutto quel che gli era accaduto: ch'era arrivato in un gran bosco, su di un'alta montagna, e la montagna si era aperta, ed egli era entrato in un castello incantato, dove tutto era parato a lutto, ed erano venute tre principesse, che erano tutte nere, salvo un po' di bianco sul viso. Gli avevano detto che non doveva avere paura, e che poteva liberarle. Allora sua madre disse che doveva esserci sotto qualcosa di brutto: egli doveva prendere una candela benedetta e far gocciolare la cera bollente sul viso delle principesse. Egli tornò al castello e aveva una gran paura; fece gocciolare la cera sul viso delle principesse mentre dormivano, ed esse diventarono mezze bianche. Allora saltarono in piedi tutt'e tre e dissero: -Cane maledetto, il nostro sangue griderà vendetta sopra di te! Non è nato nessun altro al mondo che possa liberarci, n‚ nascerà mai più. Ma noi abbiamo ancora tre fratelli, sono legati da sette catene, e ti faranno a pezzi!-. Si udì uno strepito in tutto il castello, ed egli ebbe appena il tempo di saltare dalla finestra, rompendosi una gamba. Il castello sprofondò, la montagna si chiuse, e nessuno seppe più dov'era stato.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta un uomo selvaggio perché‚ era stato stregato, e vagava negli orti dei contadini e nelle messi danneggiando tutto. I contadini allora si lamentarono con il signore di quelle terre e dissero che non avrebbero potuto pagare il loro tributo. Il signore riunì tutti i suoi cacciatori e disse che colui che avesse catturato il selvaggio avrebbe avuto una grossa ricompensa. Si fece avanti un vecchio cacciatore che disse che lui avrebbe catturato il selvaggio: chiese di portare con s‚ una fiasca di acquavite, una di vino e una di birra, e le pose sulle rive di uno stagno dove tutti i giorni il selvaggio veniva a bagnarsi. Mentre stava nascosto dietro un albero venne il selvaggio e bevve dalle fiasche, si leccò le labbra e si guardò attorno per vedere se trovava ancora qualcosa. Ma intanto s'era ubriacato e, coricatosi per terra, si addormentò. Il cacciatore allora gli si avvicinò e gli legò le mani e i piedi; poi lo svegliò, lo fece alzare e disse: -Uomo selvaggio, se vieni con me, avrai da bere tutti i giorni-. Lo condusse con s‚ al castello del signore e lo mise in una cella. Il signore invitò tutta la nobiltà a vedere che razza di bestia il suo cacciatore avesse preso. Uno dei bambini del signore giocava con una palla; la lasciò cadere nella cella e disse: -Uomo selvaggio, ridammi la palla-. Ma il selvaggio rispose: -La palla devi venire a prendertela da te-. -Ma io- disse il bambino -non ho la chiave.- -Allora fai in modo di arrivare di nascosto alla borsa di tua madre e rubale la chiave.- Così il bambino riuscì ad aprire la gabbia e l'uomo selvaggio scappò fuori. Il bambino si mise a gridare: -Uomo selvaggio, rimani qui, altrimenti le prendo!-. Allora l'uomo selvaggio prese il bambino sulle spalle e fuggì nella foresta con lui. Così il selvaggio era fuggito e il bambino perduto! L'uomo selvaggio fece indossare al bambino un vecchio camiciotto e lo mandò dal giardiniere di corte dell'imperatore a chiedere se aveva bisogno di un apprendista giardiniere. Quello rispose che era tanto sporco che gli altri non avrebbero voluto dormire con lui. Egli disse che avrebbe dormito nella paglia. E ogni giorno di mattino presto andava nel giardino tutto lieto. Un giorno venne l'uomo selvaggio e gli disse: -Ora lavati e pettinati-. Poi l'uomo selvaggio rese il giardino tanto bello come nemmeno il giardiniere era mai riuscito a fare. E la principessa cercava tutte le mattine il bel ragazzo, finché‚ un giorno chiese al giardiniere che l'apprendista le portasse un mazzo di fiori. Ella chiese al ragazzo da quanto tempo fosse lì, ma egli rispose che non lo sapeva. Allora lei gli diede un pane cavo pieno di ducati. Quando se ne fu andato, il ragazzo diede il denaro al suo padrone dicendo: -Che cosa devo farmene? Prendetelo piuttosto voi-. Poi gli toccò di nuovo di portare un mazzo di fiori alla principessa, ed ella gli diede un'anitra piena di ducati, che di nuovo egli consegnò al suo padrone. E ancora un'altra volta ella gli diede un'oca piena di ducati, che il ragazzo consegnò al suo padrone. La principessa pensava che egli avesse il denaro, ed egli invece non aveva niente. Allora lei lo sposò in segreto. Ma i genitori di lei si arrabbiarono molto e la mandarono in cantina a guadagnarsi il pane filando. Il ragazzo andò in cucina ad aiutare il cuoco a fare il pane, e ogni tanto rubava un pezzo di carne e lo portava a sua moglie. In quel tempo ci fu in Inghilterra una grande guerra e anche l'imperatore dovette andarci con tutti i nobili signori; il giovane allora disse che voleva andarci anche lui se avevano ancora un cavallo nella stalla. Gli risposero che ne avevano ancora uno che aveva solo tre zampe, ma che per lui andava bene. Egli montò a cavallo e partì su quelle tre zampe zoppicon zoppiconi. Gli venne incontro l'uomo selvaggio e lo condusse a un gran monte dov'era schierato un reggimento di mille soldati con i loro ufficiali, e gli diede una bella divisa e gli procurò uno splendido cavallo. Quando partì con la sua gente per la guerra in Inghilterra, l'imperatore lo trovo così simpatico che gli chiese se voleva essere suo aiutante in battaglia. Egli vinse la battaglia e sconfisse tutti. Quando l'imperatore volle ringraziarlo e gli chiese che signore fosse, egli rispose: -Non chiedetemelo perché‚ non lo so-. E ripartì dall'Inghilterra a cavallo con il suo esercito; ma ecco che gli venne incontro l'uomo selvaggio che richiuse tutti i soldati nella montagna, ed egli se ne tornò a casa sul suo cavallo a tre zampe. E la gente diceva: -Da dove vien fuori questo zoppicone sul cavallo a tre zampe?- e chiedeva: -Ti sei nascosto dietro l'angolo a dormire?-. -Sì- diceva lui -se non ci fossi andato io, non sarebbe andata mica bene in Inghilterra!- E quelli dicevano: -Sta' zitto, ragazzo, altrimenti il signore ti liscia il groppone-. Quando ci fu una seconda guerra, egli di nuovo vinse tutti. Ma riportò una ferita in un braccio, e l'imperatore prese la sua sciarpa e gli fasciò la ferita; e voleva forzarlo a rimanere con lui. -Presso di voi non posso restare- disse il ragazzo -e chi io sia non dovete chiederlo.- E gli venne di nuovo incontro l'uomo selvaggio, che di nuovo nascose il suo esercito dentro la montagna, e il ragazzo montò di nuovo il suo cavallo a tre zampe e se ne tornò a casa. La gente rideva e diceva: -Da dove torna lo Zoppicone? Dove ti sei nascosto a dormire?-. Ed egli rispondeva: -Non ho dormito, e l'Inghilterra è tutta conquistata e adesso ci sarà una vera pace-. L'imperatore un giorno raccontava dei bravi cavalieri che lo avevano aiutato nella guerra. Allora il giovanotto disse all'imperatore: -Se io non fossi stato con voi, non sarebbe andata così bene-. L'imperatore voleva picchiarlo, ma quello disse: -Se non volete credere a me, vi mostrerò il mio braccio-. E quando mostrò il braccio e l'imperatore vide la ferita, fu tutto meravigliato e disse: -Forse sei Dio stesso, o un angelo che Dio mi ha mandato-. Lo pregò di perdonarlo per essere stato con lui così villano e gli fece dono di tutti i suoi beni imperiali. Allora l'uomo selvaggio fu liberato dall'incantesimo e si rivelò un grande re: raccontò tutta la sua storia e la montagna si rivelò un castello regale, e il ragazzo ne prese possesso con la sua sposa e vissero contenti fino alla morte.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Un giorno una donna andò nei campi a tagliare il fieno con la figlia e la figliastra. Andò loro incontro il buon Dio, con l'aspetto di un mendicante, e domandò: -Dove passa la strada che conduce al villaggio?-. -Cercatevela da solo!- rispose la madre, e la figlia soggiunse: -Se avete paura di non trovarla, prendetevi una guida!-. Ma la figliastra disse: -Ti condurrò io, pover'uomo: vieni con me-. Allora il buon Dio si adirò con la madre e la figlia, volse loro le spalle e le maledì, che diventassero nere come la notte, e brutte come il peccato. Con la povera figliastra, invece, fu misericordioso, la seguì, e quando furono vicini al villaggio, la benedì e disse: -Scegli tre cose e te le concederò-. Allora la fanciulla disse: -Desidero diventare bella come il sole-. E subito fu bianca e bella come il giorno. -Poi vorrei un borsellino che non si vuoti mai.- Il buon Dio le diede anche il borsellino, ma disse: -Non dimenticare il meglio, figlia mia!-. Ella disse: -Come terza cosa, desidererei andare in Paradiso dopo la mia morte-. Le fu promesso anche questo, e il buon Dio si allontanò. Quando la matrigna tornò a casa con la figlia e vide che erano diventate tutt'e due brutte e nere come il carbone, mentre la figliastra era bianca e bella, la cattiveria si inasprì nel suo cuore, e non pensava ad altro che a farle del male. Ma la figliastra aveva un fratello di nome Reginaldo; ella lo amava molto e gli raccontò tutto quanto le era successo. Un giorno Reginaldo le disse: -Cara sorella, voglio farti un ritratto, per averti sempre davanti agli occhi; perché‚ il mio amore per te è così grande, che vorrei sempre guardarti-. La fanciulla rispose: -Purché‚ tu non lo faccia vedere a nessuno-. Egli fece dunque il ritratto alla sorella, e lo appese in camera sua, nel castello del re, dov'era cocchiere. E tutti i giorni si fermava davanti al ritratto, e ringraziava Dio per la fortuna della sua cara sorella. Il re presso il quale egli serviva aveva da poco perduto la moglie; ed ella era stata così bella che non si poteva trovare un'altra che lo fosse altrettanto, e il re era molto afflitto. Nel frattempo i servitori di corte avevano notato che il cocchiere si fermava ogni giorno davanti al bel ritratto, ne furono invidiosi e lo riferirono al re. Questi si fece portare il ritratto e vide che assomigliava in tutto alla moglie morta, anzi era ancora più bello, sicché‚ se ne innamorò perdutamente. Domandò al cocchiere chi fosse, e quando questi disse che si trattava di sua sorella, il re decise di non volere altra sposa all'infuori di lei. Diede al giovane carrozza, cavalli e splendide vesti d'oro, e lo mandò a prendere la sua sposa. Quando Reginaldo giunse con il messaggio, la sorella ne fu felice; la ragazza nera, invece, andò su tutte le furie per la gelosia e disse alla madre: -A che servono tutte le vostre arti, se non potete procurarmi una simile fortuna!-. Allora la vecchia disse: -Sta' tranquilla che te la procurerò-. E con le sue stregonerie annebbiò gli occhi al cocchiere, che divenne mezzo cieco, e tappò le orecchie alla fanciulla bianca, che divenne quasi sorda. Poi salirono in carrozza, prima la sposa nelle splendide vesti regali, poi la matrigna con sua figlia; e Reginaldo sedeva a cassetta per guidare. Quand'ebbero percorso un tratto di strada, il cocchiere gridò:-Dolce e cara sorellina, chiudi bene la mantellina, la pioggia non deve bagnarti, n‚ il vento impolverarti, quando il re t'accoglierà, tutta bella ti vedrà!-La sposa domandò: -Cosa dice il mio caro fratello?-. -Ah- rispose la vecchia -ha detto che dovresti toglierti la veste d'oro e darla a tua sorella.- Allora ella se la tolse e la porse alla ragazza nera, che le diede in cambio una brutta palandrana grigia. Proseguirono e, dopo un po', il fratello tornò a gridare-Dolce e cara sorellina, chiudi bene la mantellina, la pioggia non deve bagnarti, n‚ il vento impolverarti, quando il re t'accoglierà, tutta bella ti vedrà!-La sposa domandò: -Cosa dice il mio caro fratello?- -Ah- rispose la vecchia -dice che dovresti toglierti la cuffia d'oro e darla a tua sorella.- Ed ella si tolse la cuffia, la diede alla ragazza nera e restò a capo scoperto. Proseguirono e, dopo un po', il fratello tornò a gridare:-Dolce e cara sorellina, chiudi bene la mantellina, la pioggia non deve bagnarti, n‚ il vento impolverarti, quando il re t'accoglierà, tutta bella ti vedrà!-La sposa domandò: -Cosa dice il mio caro fratello?-. -Ah- rispose la vecchia -ti ha detto di guardare fuori dalla carrozza.- In quel momento stavano passando sopra un fiume profondo, e come la sposa si alzò per guardare fuori, le altre due la spinsero, sicché‚ ella precipitò in acqua. Andò a fondo e, nello stesso istante, venne a galla un'anitra bianca come la neve, che nuotò giù per il fiume. Il fratello non si era accorto di nulla, e continuò a guidare finché‚ giunsero a corte. Allora portò al re la fanciulla nera, come se fosse stata sua sorella, e pensava che lo fosse davvero, poiché‚ aveva gli occhi annebbiati, ma vedeva luccicare le vesti d'oro. Quando scorse la spaventosa bruttezza di colei che credeva la sua sposa, il re andò su tutte le furie e ordinò che il cocchiere fosse gettato in una fossa piena di vipere e serpenti. Ma la vecchia strega seppe raggirare e abbagliare così bene il re con le sue arti, che egli tenne con s‚ la madre e la figlia, finì col trovare costei tollerabile e la sposò davvero. Una sera, che la sposa nera sedeva sulle ginocchia del re un'anitra bianca arrivò in cucina, nuotando per lo scolo dell'acquaio, e disse allo sguattero:-Presto, accendi il fuoco. Vicino ad esso mi voglio asciugare e ben bene riscaldare!-Lo sguattero ubbidì e le accese il fuoco nel camino; allora l'anitra si avvicinò e andò a sedervisi accanto, si scrollò e si lisciò le penne col becco. Mentre se ne stava là a riposarsi, domandò -Reginaldo, cosa sta facendo?-Lo sguattero rispose:-E' nel fosso dei tormenti, circondato dai serpenti!-L'anitra domandò ancora:-Che fa la strega nera?-Lo sguattero rispose:-In braccio a Sua Maestà, al calduccio se ne sta!-Disse l'anitra:-Oh Dio, pietà di me!-e uscì a nuoto dallo scolo dell'acquaio. La sera seguente tornò e fece le stesse domande, e così pure la terza sera. Lo sguattero non riuscì a tenersi quel peso sul cuore, andò dal re e gli raccontò ogni cosa. La sera dopo il re andò in cucina, e quando l'anitra introdusse la testa nell'acquaio, prese la spada e le tagliò il collo. E subito l'anitra divenne la più bella fanciulla del mondo, ed era del tutto simile al ritratto che il fratello aveva dipinto. Il re era pieno di gioia, e siccome la fanciulla era tutta bagnata, le fece portare delle vesti sontuose Quand'ella le ebbe indossate, gli raccontò com'era caduta nel fiume; e, per prima cosa, lo pregò di liberare il fratello dalla fossa dei serpenti. Dopo aver esaudito la sua preghiera, il re andò nella stanza dov'era la vecchia strega e domandò: -Che cosa merita colei che fa delle cose così e così?- e le raccontò quel che era successo. Ella era abbagliata, non si accorse di nulla e disse -Merita che la spoglino e la mettano in una botte foderata di chiodi; e alla botte si attacchi un cavallo che la trascini dappertutto-. Così questo fu il destino suo e della sua figlia nera. Il re invece sposò la bella fanciulla, e ricompensò il fratello fedele con ricchezze e onori.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Un tempo viveva una vecchia regina che era una maga, e aveva una figlia che era la più bella fanciulla del mondo. Ma la vecchia non pensava ad altro che ad attirare gli uomini per mandarli in rovina; e se arrivava un pretendente, diceva che chi voleva sua figlia doveva prima eseguire un compito o morire. Molti si cimentavano, abbagliati dalla bellezza della fanciulla, ma non realizzavano ciò che la vecchia imponeva loro, e allora non c'era grazia: dovevano inginocchiarsi e gli mozzavano la testa. Ora avvenne che un principe aveva sentito parlare anche lui della grande bellezza della fanciulla, e disse al padre: -Caro babbo, lasciatemi andare, voglio chiedere la sua mano-. -Mai e poi mai!- rispose il padre. -Se parti, vai incontro alla morte.- Allora il principe si mise a letto, ammalato mortalmente, e stette così per sette anni, senza che nessun medico potesse aiutarlo. Quando il padre vide che non aveva più speranza, gli disse pieno di tristezza: -Va' dunque, e tenta la sorte: io non so come aiutarti altrimenti-. All'udire queste parole, il figlio si alzò, sano come un pesce, e si mise allegramente in cammino. Gli capitò di passare per una prateria e da lontano vide qualcosa che giaceva a terra; avvicinandosi, pot‚ capire che era la pancia di un uomo coricato; ma sembrava un monticello. L'uomo grasso, vedendo il cavaliere, si alzò e disse: -Se vi occorre qualcuno, prendetemi al vostro servizio-. Ma il principe rispose: -Che cosa me ne faccio di un uomo così grasso?-. -Oh!- disse l'altro -questo non è nulla! Se mi allargo del tutto, sono tremila volte più grasso.- -Se è così- disse il principe -forse puoi essermi utile: vieni con me.- Così il Grassone lo seguì; dopo un po' trovarono un tale sdraiato per terra con l'orecchio sull'erba. -Che cosa fai?- gli domandò il principe. -Ascolto- rispose l'uomo. -E cosa ascolti?- -Quel che sta succedendo nel mondo, perché‚ io sento tutto, persino l'erba che cresce.- Il principe domandò: -Dimmi un po', che cosa senti alla corte della vecchia regina, che ha una bella figlia?-. E quello rispose: -Sento fischiare la spada che taglia la testa a un pretendente-. Il principe disse: -Puoi essermi utile: vieni con me-. Proseguirono, e d'un tratto videro per terra due piedi e un tratto di gambe, ma non riuscirono a vederne la fine; dopo aver percorso un bel tratto, arrivarono al corpo, e infine la testa. -Ehi!- esclamò il principe -che razza di spilungone!- -Oh- rispose l'altro -questo non è nulla! Se mi distendo bene sono tremila volte più lungo e supero la montagna più alta della terra. Vi servirò volentieri se mi volete.- -Vieni- disse il principe -puoi essermi utile.- Proseguirono e trovarono un tale seduto sul ciglio della strada, con gli occhi bendati. Il principe disse: -Sei cieco, o hai la vista debole, che non sopporti la luce?-. -No- rispose l'uomo -non posso togliermi la benda, perché‚ qualsiasi cosa io guardi, si spezza, tanta è la forza del mio sguardo. Se può esservi utile, vi servirò volentieri.- -Vieni con me- disse il principe -puoi essermi d'aiuto.- Proseguirono e incontrarono un uomo che, sotto il sole a picco, rabbrividiva e tremava tutto per il freddo. -Come mai hai tanto freddo con un sole così caldo?- domandò il principe. -Ah- rispose l'uomo -più fa caldo e più io sento freddo, e il gelo mi penetra nelle ossa; e più fa freddo, più sento caldo: in mezzo al ghiaccio non resisto per il caldo, e in mezzo al fuoco non resisto per il freddo.- -Sei un tipo strano!- disse il principe. -Ma se mi vuoi servire, vieni con me.- Proseguirono e videro un uomo che allungava il collo, girava gli occhi all'intorno e guardava al di là dei monti. Disse il principe: -Che cosa guardi con tanto ardore?-. L'uomo rispose: -Ho una vista così acuta, che posso vedere oltre campi e boschi, monti e valli, per tutto il mondo-. Il principe disse: -Se vuoi, vieni con me: mi manca uno come te-. Poi il principe si recò, con i suoi sei servi, nella città dove viveva la bella e pericolosa fanciulla; andò dalla vecchia regina e disse: -Se volete darmi vostra figlia, farò quel che mi ordinate-. -Sì- rispose la maga -ti darò tre incarichi: se li eseguirai tutti e tre, sarai signore e sposo di mia figlia.- -Qual è il primo?- chiese il principe. -Devi riportarmi l'anello che ho lasciato cadere nel mar Rosso.- Allora il principe tornò dai suoi servi e disse: -Il primo compito non è facile: bisogna ripescare un anello nel mar Rosso. Consigliatemi voi-. Allora quello con la vista acuta disse: -Guarderò dov'è-. Guardò in fondo al mare e disse: -E' là, accanto a una pietra-. -Lo tirerei fuori, se solo lo vedessi- disse lo Spilungone. -Oh, ti aiuterò io!- esclamò il Grassone. Si coricò con la bocca sull'acqua: le onde vi entrarono ed egli bevve tutto il mare, che rimase asciutto come un prato. Allora lo Spilungone si piegò un poco e prese l'anello con la mano. Tutto felice, il principe lo portò alla vecchia. Ella lo osservò e disse meravigliata: -Sì, è proprio quello. Il primo compito l'hai eseguito, ma adesso viene il secondo. Vedi, là su quel prato davanti al mio castello pascolano trecento buoi ben pasciuti; devi mangiarli tutti con il pelo, le corna e le ossa; e giù in cantina ci sono trecento botti di vino, devi bertele tutte; ma se avanza il pelo di un bue o una gocciolina di vino, pagherai con la vita-. Il principe disse: -Non posso invitare qualche ospite? Senza compagnia non c'è gusto a mangiare-. La vecchia rise malignamente e disse: -Per aver compagnia puoi invitarne uno, ma non di più-. Allora il principe andò dai suoi servi e disse al Grassone: -Oggi sarai mio ospite, e una volta tanto mangerai a sazietà-. Allora il Grassone si allargò tutto e mangiò i trecento buoi senza lasciarne neanche un pelo e domandò se non c'era altro dopo la colazione; il vino lo bevve direttamente dalle botti, senza bisogno di bicchiere, e l'ultima goccia se la leccò sul dito. Al termine del pasto, il principe andò dalla vecchia e le disse che il compito era stato eseguito. Ella si meravigliò e disse: -A tanto non era mai arrivato nessuno, ma resta ancora il terzo compito-. E pensava: "Non mi sfuggirai, e non riuscirai a salvarti la testa!." -Stasera- disse -ti porto mia figlia in camera, la lascerò fra le tue braccia; ma bada di non addormentarti! Io verrò allo scoccare delle dodici, e se lei non è più fra le tue braccia, tu sei perduto.- "Oh" pensò il principe "il compito è semplice, terrò gli occhi bene aperti." Tuttavia chiamò i suoi servitori, raccontò loro ciò che aveva detto la vecchia e disse: -Chissà quale astuzia c'è sotto! E' bene essere prudenti: fate la guardia e badate che la fanciulla non esca dalla camera-. Quando si fece notte, la vecchia arrivò con sua figlia e la spinse fra le braccia del principe; poi lo Spilungone si acciambellò intorno a loro e il Grassone si mise davanti alla porta, sicché‚ non poteva entrare anima viva. Se ne stavano là tutt'e due e la fanciulla non diceva una parola; ma, attraverso la finestra, la luna le illuminava il volto, ed egli poteva vedere la sua meravigliosa bellezza. Il principe non faceva altro che guardarla, innamorato e pieno di gioia, e i suoi occhi non erano mai stanchi. Durò così fino alle undici; allora la vecchia gettò un incantesimo su tutti quanti, sicché‚ si addormentarono, senza potersi difendere; e, in quello stesso istante, la fanciulla sparì. Dormirono sodo fino a mezzanotte meno un quarto; allora l'incantesimo cessò ed essi si svegliarono. -Oh che disgrazia, che sciagura!- esclamò il principe -adesso sono perduto!- Anche i servi fedeli incominciarono a lamentarsi, ma Orecchiofino disse: -State zitti! Voglio ascoltare-. Ascoltò un istante, poi disse: -Si trova dentro una rupe a trecento ore da qui, e piange il suo destino. Tu puoi farcela, Spilungone: se ti rizzi, ci sei con due passi-. -Sì- rispose lo Spilungone -però deve venire anche Occhiodifolgore per spazzare via la rupe.- Così si caricò sulle spalle quello con gli occhi bendati, e in un baleno si trovarono davanti alla rupe incantata. Lo Spilungone tolse subito la benda dagli occhi del compagno; questi si guardò attorno e la rupe andò in mille pezzi. Allora lo Spilungone prese in braccio la fanciulla, in un attimo la portò a casa, tornò a prendere anche l'amico e, prima che scoccassero le dodici, erano di nuovo tutti là, allegri e contenti come prima. Allo scoccar delle dodici, arrivò piano piano la vecchia maga con un'aria beffarda, come se volesse dire: -Adesso è mio!- ed era convinta che la figlia fosse dentro la rupe a trecento ore di distanza. Ma quando la vide fra le braccia del principe, inorridì e disse: -Ecco uno che ne sa più di me-. Ma non pot‚ replicar nulla e dovette dargli sua figlia. Tuttavia le disse all'orecchio: -E' una vergogna per te essere stata vinta da dei servi, senza poterti scegliere uno sposo secondo la tua inclinazione!-. Ora la fanciulla, che aveva il cuore orgoglioso, piena d'ira, fece ammucchiare, il giorno dopo, trecento cataste di legna e disse al principe che i tre compiti erano stati eseguiti, ma che lei non l'avrebbe sposato se prima qualcuno non si fosse messo in mezzo alla legna e avesse sopportato il fuoco. Pensava infatti che, per quanto devoti, nessuno dei servi si sarebbe lasciato bruciare per lui, e per amor suo ci sarebbe andato il principe, e così lei sarebbe stata libera. Allora i servi dissero: -Abbiamo fatto tutti qualcosa, soltanto il Freddoloso non ha ancora fatto nulla!-. Lo presero, lo misero in mezzo alla catasta e vi appiccarono il fuoco. Il fuoco divampò e arse per tre giorni, finché‚ consumò tutta la legna; e, quando le fiamme si spensero, il Freddoloso era là, in mezzo alla cenere, tremante come una foglia, e diceva: -Non ho mai sofferto tanto il freddo in vita mia! Se durava ancora, mi sarei assiderato-. Adesso non c'era proprio più scampo: la bella fanciulla doveva sposare il principe. Ma quando andarono in chiesa, la vecchia disse: -Non posso tollerare questa vergogna!- e li fece inseguire dai suoi soldati, che dovevano annientare chiunque si trovasse loro davanti, e riportarle la figlia. Ma Orecchiofino era stato in ascolto e aveva sentito tutto ciò che la vecchia aveva detto. Lo disse al Grassone che vomitò un paio di volte dietro la carrozza; ed ecco formarsi un grande lago, dove i soldati furono sommersi e annegarono. Non vedendoli tornare, la maga mandò i suoi corazzieri, ma Orecchiofino, sentendoli arrivare, tolse la benda dagli occhi di Occhiodifolgore; questi fissò un istante i nemici, che andarono in pezzi come se fossero stati di vetro. Così proseguirono indisturbati, e quando gli sposi ebbero ricevuto la benedizione in chiesa, i sei servitori si congedarono e dissero: -Vogliamo tentare la fortuna in giro per il mondo-. A una mezz'ora dal castello c'era un villaggio, davanti al quale un porcaro custodiva il suo branco; quando vi giunsero, il principe disse alla moglie: -Sai chi sono davvero? Non sono un principe, ma un porcaro, e quello laggiù con il branco è mio padre, e adesso dobbiamo aiutarlo anche noi a custodire i maiali-. Poi scesero insieme alla locanda, e il principe ordinò di nascosto ai padroni di portare via alla sposa le vesti regali durante la notte. Al mattino, quando la principessa si svegliò non aveva più niente da mettersi, e l'ostessa le diede un vecchio vestito e un paio di vecchie calze di lana, con l'aria di farle un gran regalo e disse: -Se non fosse per vostro marito, non vi avrei dato nulla-. Allora ella credette che fosse davvero un porcaro, custodiva il branco con lui e pensava: "Me lo sono meritato con il mio orgoglio! ." Durò così per otto giorni, ed ella non ne poteva più, perché‚ i piedi le si erano coperti di piaghe. Allora arrivò della gente che le chiese se davvero sapeva chi era suo marito. -Sì- rispose -è un porcaro; è appena uscito per vendere un po' di nastri.- Ma quelli dissero: -Venite, vi condurremo da lui-. La condussero al castello, e quando ella entrò nella sala, suo marito era là in abiti regali. Ma ella non lo riconobbe finché‚ il principe non la prese fra le braccia, la baciò e disse: -Io ho tanto sofferto per te, e anche tu hai dovuto soffrire per me- Allora furono festeggiate le nozze, e chi l'ha raccontato, vorrebbe esserci stato.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta un re che aveva dodici figlie, una più bella dell'altra. I loro dodici letti erano insieme in una sola stanza, e, quando andavano a dormire, la porta veniva chiusa con il catenaccio. Tuttavia, ogni mattino, le loro scarpe erano logore a forza di ballare, e nessuno sapeva dove andassero e come facessero a uscire. Allora il re pubblicò un bando: chi fosse riuscito a scoprire dove le principesse ballavano di notte, ne avrebbe avuta una in isposa, e sarebbe diventato re dopo la sua morte; ma chi si fosse presentato, e dopo tre giorni e tre notti non avesse scoperto nulla, ci avrebbe rimesso la vita. Non passò molto tempo che si presentò un principe; fu bene accolto e la sera fu condotto in una stanza che si trovava di fronte a quella dove dormivano le dodici principesse. Là era preparato il suo letto, ed egli doveva fare bene attenzione a dove andassero a ballare; e perché‚ non potessero fare nulla di nascosto, o uscire da un'altra parte, la porta della sala fu lasciata aperta. Ma il principe si addormentò e al mattino, quando si svegliò, tutt'e dodici erano state a ballare, perché‚ le scarpe erano là con le suole bucate. La seconda e la terza notte trascorsero come la prima, e così gli mozzarono la testa. Dopo di lui ne arrivarono molti altri che tentarono l'impresa, ma ci rimisero tutti la vita. Ora avvenne che un povero soldato, che era stato ferito e non poteva più prestar servizio, si trovò sulla strada che menava alla città dove abitava il re.Lì incontrò una vecchia che gli chiese dove andasse. -Non lo so bene neanch'io- rispose il soldato -ma mi piacerebbe diventar re e scoprire dove le principesse consumino le scarpe.- -Non è poi così difficile- disse la vecchia -non bere il vino che ti portano la sera, e fingi di essere profondamente addormentato.- Poi gli diede una mantellina e disse: -Quando l'avrai addosso, sarai invisibile, e così potrai seguire furtivamente le dodici fanciulle-. Dopo aver ricevuto questo buon consiglio, il soldato prese la cosa sul serio; si fece coraggio, andò dal re e si presentò come pretendente. Fu accolto bene come gli altri, e gli fecero indossare vesti regali. La sera, quando fu ora di coricarsi, lo condussero nella sua stanza, e quando stava per andare a letto, la maggiore delle principesse venne a portargli un bicchiere di vino. Ma egli si era legato una spugna sotto il mento, vi lasciò colare il vino e non ne bevve una goccia. Poi si coricò e dopo un po' si mise a russare come se dormisse profondamente. Le dodici principesse l'udirono, si misero a ridere e la maggiore disse: -Avrebbe anche potuto risparmiare la sua vita!-. Poi si alzarono, aprirono armadi, casse e cassoni e ne tirarono fuori vesti sfarzose; si agghindarono davanti allo specchio, e saltavano dalla gioia pensando al ballo. Soltanto la più giovane disse: -Non so, voi siete felici, ma io sento qualcosa di strano: sicuramente ci succederà una disgrazia-. -Sei un'oca che ha sempre paura di tutto!- esclamò la maggiore. -Hai forse già scordato quanti principi sono stati qui inutilmente? Al soldato non avrei neanche avuto bisogno di dare qualcosa per dormire: tanto non si sarebbe svegliato comunque.- Quando furono tutte pronte dettero un'occhiata al soldato, ma egli non si era mosso, ed esse credettero di essere proprio al sicuro. Allora la maggiore si avvicinò al suo letto e vi picchiò sopra: subito il letto sprofondò e si aprì una botola. Il soldato le vide scendere l'una dopo l'altra, e la maggiore in testa. Non c'era tempo da perdere: si alzò, mise la mantellina, e discese anch'egli, dietro alla minore. A metà scala, le pestò un poco la veste, ed ella si spaventò e gridò: -C'è qualcosa che non va: mi trattengono per la veste!-. -Non esser così sciocca- disse la maggiore -ti sei impigliata a un uncino.- Scesero fino in fondo e, quando furono là sotto, si trovarono in uno splendido viale, dove tutte le foglie erano d'argento, luccicavano e sfavillavano. Il soldato pensò: "Devi procurarti una prova." E spezzò un ramo; allora si udì un grande boato provenire dall'albero. La più giovane tornò a gridare: -C'è qualcosa che non va: avete udito il rumore? Non era ancora mai successo!-. La maggiore rispose: -Sono spari in segno di gioia, perché‚ presto avremo liberato i nostri principi-. Poi giunsero in un viale dove tutte le foglie erano d'oro, e infine in un terzo dove erano di puro diamante; in ognuno il soldato spezzò un ramo, e ogni volta si udì un boato che fece trasalire la più giovane delle sorelle; ma la maggiore continuava a dire che erano spari in segno di allegria. Poi proseguirono finché‚ arrivarono a un grosso fiume, dove si trovavano dodici navicelle, e in ognuna c'era un bel principe: avevano aspettato le dodici principesse, e ciascuno ne prese una con s‚, mentre il soldato si sedette accanto alla minore. Il principe disse: -Mi sento più forte che mai, eppure la barca oggi è molto più pesante, e io devo remare con tutte le mie forze-. -L'unica ragione possibile è il gran caldo- rispose la più giovane -anch'io sono accaldata!- Sull'altra riva c'era un bel castello tutto illuminato, dal quale proveniva un'allegra musica di tamburi e di trombe. Remarono fin laggiù, vi entrarono e ogni principe danzò con la sua amata. Anche il soldato ballò con loro, invisibile; e se una teneva in mano un bicchiere di vino, quando lo portava alla bocca egli lo vuotava; la minore si spaventò anche stavolta, ma la maggiore la faceva sempre tacere. Ballarono fino alle tre del mattino, quando le scarpe furono logore, ed essi dovettero smettere. I principi riaccompagnarono le fanciulle oltre il fiume, e il soldato questa volta si mise davanti, accanto alla maggiore. Giunte a riva, esse si accomiatarono dai loro principi e promisero di tornare la notte seguente. Quando arrivarono alla scala, il soldato corse avanti e si mise nel suo letto, e quando le dodici principesse giunsero stanche, camminando a passettini, egli russava di nuovo forte, sicché‚ esse dissero: -Quanto a lui, possiamo stare tranquille-. Poi si tolsero i bei vestiti, li portarono via, misero le scarpe logore sotto il letto e si coricarono. Il mattino dopo, il soldato non volle dire nulla, perché‚ intendeva assistere di nuovo a quella strana faccenda; così andò con loro anche la seconda e la terza notte. E tutto andò come la prima, e ogni volta ballarono fino a romper le scarpe. La terza notte, però, egli si portò via un bicchiere come prova. Quando venne il momento di dare una risposta, egli prese con s‚ i tre rami e il bicchiere e andò dal re, mentre le dodici fanciulle se ne stavano dietro la porta ad ascoltare quel che avrebbe detto. Quando il re domandò: -Dove hanno logorato le scarpe le mie dodici figlie?- egli rispose: -Ballando con dodici principi in un castello sotterraneo-. E gli raccontò ogni cosa, mostrando le prove. Allora il re mandò a chiamare le figlie e domandò se il soldato avesse detto la verità, ed esse, vedendo che erano state scoperte e che negare non serviva a nulla, confessarono ogni cosa. Poi il re domandò quale volesse in moglie. Egli rispose: -Dato che non sono più giovane, datemi la maggiore-. Così le nozze furono celebrate quello stesso giorno, e gli fu promesso il regno alla morte del re. I principi invece furono nuovamente stregati per tanti giorni, quante erano le notti in cui avevano danzato con le dodici principesse.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Un contadino aveva un cavallo fedele che era diventato vecchio e non poteva più servirlo; perciò il padrone non voleva più mantenerlo e gli disse: -Ormai non mi puoi più essere utile, ma se hai ancora tanta forza da portami qui un leone, ti terrò: adesso però vattene dalla mia stalla- e lo scacciò in aperta campagna. Il cavallo era triste e se ne andò verso il bosco, per cercare riparo dalla pioggia. E incontrò la volpe che gli disse: -Perché‚ te ne vai in giro da solo con la testa bassa?-. -Ah- rispose il cavallo -fedeltà e avarizia non abitano nella stessa casa: il mio padrone ha dimenticato tutto quello che ho fatto per lui in questi anni, e siccome non riesco più a fare il solco diritto, non mi vuol più dare da mangiare e mi ha scacciato. Ha sì detto che se avrò la forza di portargli un leone mi terrà; ma sa bene che non posso.- La volpe disse: -Ti aiuterò io: mettiti lungo disteso come se fossi morto, e non muoverti-. Il cavallo fece come gli aveva detto la volpe, mentre questa andò dal leone, che aveva la sua tana là vicino, e disse: -Là fuori c'è un cavallo morto; vieni con me e mangerai a volontà-. Il leone andò e quando si trovarono dov'era il cavallo, la volpe disse: -Qui però non hai tutte le tue comodità; sai che facciamo? Legherò la sua coda alla tua zampa, così lo puoi trascinare nella tua tana e mangiartelo in santa pace-. Al leone piacque il consiglio e stette là fermo, perché‚ la volpe potesse legare bene il cavallo. Ma la volpe con la coda del cavallo gli legò insieme le zampe, attorcigliò e strinse tutto così bene e con tanta forza, che non c'era verso che si spezzasse. Quand'ebbe finito il lavoro, gridò al cavallo, battendogli sulla spalla: -Tira, cavallino bianco, tira!-. Allora il cavallo salto su e trascinò il leone con s‚. Il leone si mise a ruggire che gli uccelli del bosco volarono via per lo spavento; ma il cavallo lo lasciò ruggire, lo tirò e lo trascinò per i campi, fino alla porta del suo padrone. Quando il padrone lo vide, cambiò parere e disse al cavallo: -Rimarrai con me e te la passerai bene-. E lasciò che mangiasse a sazietà fino alla morte.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
-Buon giorno, babbo Berlicchio.- -Mille grazie, Pim Pum Fracassino.- -Me la dareste la vostra figlia?- -Oh sì, se mamma Pastora, fratello Spocchione, sorella Caciottina e la bella Caterinella sono contenti, si può anche fare.--Dov'è mai andata la mamma Pastora?- -A munger la vacca già di buon'ora.--Buon giorno, mamma Pastora.- -Mille grazie, Pim Pum Fracassino.- -Me la dareste la vostra figlia?- -Oh sì, se babbo Berlicchio, fratello Spocchione, sorella Caciottina e la bella Caterinella sono contenti, si può anche fare.--E dov'è quello senza cervello?- -A spaccar legna da buon fratello.--Buon giorno, fratello Spocchione.- -Mille grazie, Pim Pum Fracassino.- -Me la dareste la vostra sorella?-.
-Oh sì, se babbo Berlicchio, mamma Pastora, sorella Caciottina e la bella Caterinella sono contenti, si può anche fare.--E la sorella dove si è cacciata?- -E' giù nell'orto che taglia insalata.--Buon giorno, sorella Caciottina.- -Mille grazie, Pim Pum Fracassino.- -Me la dareste la vostra sorella?-.
-Oh sì, se babbo Berlicchio, mamma Pastora, fratello Spocchione e la bella Caterinella sono contenti, si può anche fare.--Caterinella, sai dove sta?- -Conta e riconta la dote che ha.--Buon giorno, bella Caterinella.- -Mille grazie, Pim Pum Fracassino.- -Vorresti diventare la mia innamorata?-.
-Oh sì, se babbo Berlicchio, mamma Pastora, fratello Spocchione, sorella Caciottina sono contenti, si può anche fare.- -Bella Caterinella, quanto hai di dote?- -Quattordici centesimi in contanti, tre soldi e mezzo di debiti, mezzo chilo di mele secche, una manciata di prugne secche, e una di radici e non soltanto quella, sono o non sono una Damigella?Pim Pum Fracassino, che mestiere fai? Forse il sarto?- -Ancora meglio!- -Il calzolaio?- -Ancora meglio!- -Il contadino?- -Ancora meglio!- -Il falegname?- -Ancora meglio!- -Il fabbro?- -Ancora meglio!- -Il mugnaio?- -Ancora meglio!- -Fai forse le scope?- -Sì, proprio così, non è forse un bel mestiere?-.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta una donna che aveva tre figlie: la maggiore si chiamava Occhietto, perché‚ aveva un occhio solo in mezzo alla fronte; la seconda, Duocchietti, perché‚ aveva due occhi come tutti gli altri; e la terza, Treocchietti, perché‚ aveva tre occhi, e il terzo proprio in mezzo alla fronte. Ma poiché‚ Duocchietti era proprio come tutti gli altri, la madre e le sorelle non la potevano soffrire, e le dicevano: -Con quei due occhi, non sei meglio della gente comune! Non hai niente da spartire con noi-. E la spingevano di qua e di là, le gettavano dei brutti vestiti, le davano da mangiare soltanto gli avanzi, e le facevano ogni sorta di angherie. Un giorno ella dovette andare nei campi a custodire la capra, ma aveva ancora tanta fame perché‚ le sorelle le avevano dato troppo poco da mangiare. Si sedette sul ciglio di un campo e si mise a piangere e piangeva tanto che dai suoi occhi sgorgavano due ruscelletti. Quando alzò gli occhi, vide una donna accanto a s‚ che le chiese: -Duocchietti, perché‚ piangi?-. Ella rispose: -Non devo piangere? Perché‚ ho due occhi come tutti gli altri, le mie sorelle e mia madre non mi possono soffrire, mi cacciano di qua e di là, mi buttano i loro vecchi vestiti e mi danno da mangiare solo gli avanzi. Oggi non mi hanno dato quasi nulla, e ho ancora tanta fame-. La maga disse: -Duocchietti, asciugati gli occhi: ti dirò una cosa in modo che tu non debba più patire la fame. Devi solamente dire alla capra:"Bela, caprettina, pronta, tavolina!"e ti troverai davanti una tavolina bell'e pronta, coperta di cibi prelibati, e potrai mangiare finché‚ ne hai voglia. E quando sei sazia e la tavolina non ti occorre più, devi soltanto dire:"Bela, caprettina, basta, tavolina!"e la tavolina sparirà-. Ciò detto, la maga se ne andò, mentre Duocchietti pensava: "Proverò subito se è vero quel che ha detto, perché‚ ho proprio tanta fame!," e disse:-Bela, caprettina, pronta, tavolina!-Aveva appena pronunciato queste parole, che comparve una tavolina sulla quale era stesa una tovaglietta candida, e sopra c'era un piatto con coltello, forchetta e cucchiaio, e tutt'intorno le vivande più squisite, che erano ancora calde, come se fossero state appena portate dalla cucina. Allora Duocchietti disse la preghiera più corta che conosceva: -Signore, che tu sia sempre nostro ospite, amen!- si servì e mangiò di gusto. E quando fu sazia, disse, come le aveva insegnato la maga:-Bela, caprettina, basta, tavolina!-E subito la tavolina sparì con tutto quel che c'era sopra. "E' un bel modo di far cucina" pensò Duocchietti, ed era tutta allegra e contenta. La sera riportò a casa la capra e non toccò neppure la piccola ciotola di terra con il cibo che le sorelle le avevano messo da parte. Il giorno seguente uscì di nuovo con la sua capra e lasciò stare anche quei due bocconi che le avevano dato. La prima e la seconda volta le sorelle non se ne accorsero neanche, ma siccome si ripeteva ogni volta, lo notarono e dissero: -Qui c'è qualcosa di strano: Duocchietti non tocca più cibo, eppure una volta divorava tutto quanto le davamo: deve aver trovato un altro sistema-. E per scoprire la verità, Occhietto dovette accompagnarla quando andava al pascolo, e doveva badare a quel che faceva, e se qualcuno le portava da mangiare e da bere. Quando Duocchietti si mise in cammino con la capra, Occhietto le si avvicinò e disse: -Verrò nei campi con te, a vedere se la capra è ben custodita e se la fai pascolare-. Ma l'altra capì le sue intenzioni, condusse la capra fra l'erba alta e disse: -Vieni, Occhietto, sediamoci un po', ti canterò qualcosa-. Occhietto si sedette ed era stanca per il cammino cui non era abituata e per il gran caldo; e Duocchietti continuava a cantare:-Occhietto, vegli tu? Occhietto, dormi tu?-Allora Occhietto chiuse il suo unico occhio e si addormentò. E quando l'altra vide che dormiva sodo e non poteva rivelare nulla disse:-Bela, caprettina, pronta, tavolina!-Si sedette, mangiò e bevve a sazietà, poi tornò a dire:-Bela, caprettina, basta, tavolina!-e sparì tutto quanto. Poi svegliò Occhietto e disse: -Occhietto, vuoi custodire la capra e dormi! Nel frattempo la capra avrebbe potuto correre in capo al mondo! Vieni, torniamo a casa-. Tornarono a casa e Duocchietti lasciò di nuovo stare la sua scodellina; e Occhietto non pot‚ dire alla madre perché‚ la sorella non volesse mangiare, e disse: -Mi sono addormentata là fuori!-. Il giorno dopo la madre disse a Treocchietti: -Accompagnala tu, e fa' attenzione se Duocchietti mangia fuori e se qualcuno le porta da mangiare e da bere: perché‚ mangiare e bere deve pure in qualche modo!-. Allora Treocchietti si avvicinò alla sorella e disse: -Verrò con te a vedere se custodisci bene la capra e se la fai pascolare-. Ma l'altra capì la sua intenzione, condusse la capra fra l'erba alta e disse: -Sediamoci un po', Treocchietti, ti canterò qualcosa-. Treocchietti si sedette ed era stanca per il cammino e il gran caldo; la sorella intonò di nuovo la sua canzoncina e cantò:-Treocchietti, vegli tu?-Ma invece di cantare:-Treocchietti, dormi tu?-cantò per distrazione:-Duocchietti, dormi tu?-e continuò a cantare:-Treocchietti, vegli tu? Duocchietti, dormi tu?-Allora a Treocchietti si chiusero i due occhi, ma il terzo, cui la canzoncina non si era rivolta, non si addormentò. Però Treocchietti lo chiuse astutamente, come se dormisse anche quello, e invece sbirciava e poteva vedere tutto quanto. E quando Duocchietti pensò che la sorella dormisse, disse le sue paroline magiche:-Bela, caprettina, pronta, tavolina!-Mangiò e bevve a volontà, e fece poi sparire ogni cosa:-Bela, caprettina, basta, tavolina!-e Treocchietti aveva visto tutto. Allora Duocchietti le si avvicinò e disse: -Ehi, Treocchietti, ti sei addormentata? La custodisci bene la capra! Vieni, andiamo a casa-. E quando rincasarono, Duocchietti non mangiò neanche questa volta, ma Treocchietti disse alla madre: -Ora so, finalmente, perché‚ quella superba non mangia! Quando è fuori, dice alla capra:"Bela, caprettina, pronta, tavolina!"e le compare davanti una tavolina, coperta di cibi squisiti, migliori di quelli che mangiamo noi; e quando è sazia dice:"Bela, caprettina, basta, tavolina!"e ogni cosa scompare. L'ho vista proprio bene: mi aveva addormentato due occhi con una canzoncina, ma quello sulla fronte è rimasto sveglio, per fortuna-. Allora la madre, furiosa, gridò: -Vuoi stare meglio di noi? Ti passerà la voglia-. Andò a prendere un coltellaccio e lo piantò nel cuore della capra, che cadde a terra morta. A quella vista, Duocchietti uscì disperata, si sedette sul ciglio del campo e pianse lacrime amare. Ma, d'un tratto, ecco nuovamente la maga accanto a lei, che disse: -Duocchietti, perché‚ piangi?-. -Non devo piangere?- ella rispose. -Mia madre ha ucciso la capra, che ogni giorno mi preparava una così bella tavola, quando dicevo la vostra canzoncina: adesso devo tornare a patire la fame.- La maga disse: -Duocchietti, voglio darti un buon consiglio: prega le tue sorelle di darti le interiora della capra e sotterrale davanti all'uscio di casa: sarà la tua fortuna-. Poi sparì e Duocchietti andò a casa e disse alle sorelle: -Care sorelle, datemi qualcosa della mia capra! Non pretendo niente di buono: datemi soltanto le interiora-. Quelle si misero a ridere e dissero: -Se non vuoi altro, quelle te le possiamo proprio dare-. Ed ella prese le interiora e, la sera, le sotterrò di nascosto davanti all'uscio di casa, secondo il consiglio della maga. Il mattino dopo, quando tutti si svegliarono e si affacciarono all'uscio, ecco un albero magnifico, stupefacente, che aveva le foglie d'argento e in mezzo pendevano dei frutti d'oro, e nulla al mondo era più bello a vedersi e più prezioso. Ma non sapevano come avesse fatto a spuntare quell'albero, in una notte; soltanto Duocchietti s'accorse che era cresciuto dalle interiora della capra, perché‚ era proprio là dov'essa le aveva sotterrate. Allora la madre disse a Occhietto: -Sali sull'albero, bimba mia, e coglici i frutti-. Occhietto salì, ma quando volle prendere una delle mele d'oro, il ramo le sfuggì di mano, e tornò a sfuggirle ogni volta che provava, sicché‚ non riuscì a cogliere neanche una mela, per quanto si desse da fare. Allora la madre disse: -Treocchietti, sali tu sull'albero: con quei tre occhi puoi guardarti intorno meglio di Occhietto-. Occhietto scivolò giù e salì Treocchietti; ma non se la cavò meglio e, per quanto aguzzasse la vista, le mele d'oro continuavano a ritrarsi. Alla fine la madre perse la pazienza e s'arrampicò lei, ma di frutti non ne colse più delle figlie, e continuava a gesticolare nel vuoto. Allora Duocchietti disse: -Voglio salire io, forse mi riesce più in fretta-. Le sorelle esclamarono: -Cosa vuoi fare tu con i tuoi due occhi!- Ma ella salì sull'albero e, davanti a lei, le mele non si ritrassero anzi pareva proprio che venissero incontro alla sua mano, sicché‚ ella pot‚ coglierle una dopo l'altra e ne portò giù un grembiule pieno. La madre gliele prese; e invece di trattarla meglio, come avrebbero dovuto, la madre e le sorelle divennero gelose di Duocchietti, perché‚ solo lei poteva cogliere i frutti, e la maltrattarono ancora di più. Un giorno, che si trovavano tutt'e tre accanto all'albero, ecco arrivare un giovane cavaliere. -Svelta, Duocchietti- esclamarono le due sorelle -nasconditi qua sotto, perché‚ non dobbiamo vergognarci di te- e spinsero a forza la poverina sotto una botte vuota che era vicino all'albero, e vi cacciarono sotto anche le mele d'oro ch'ella aveva colto. Mentre il cavaliere si avvicinava, videro che era molto bello; egli ammirò lo splendido albero d'oro e d'argento e disse alle due sorelle: -A chi appartiene questo bell'albero? Chi me ne desse un ramo, potrebbe chiedermi in cambio qualunque cosa-. Occhietto e Treocchietti risposero che l'albero apparteneva a loro, e che gliene avrebbero staccato volentieri un ramo. Si dettero un gran da fare, ma senza riuscire a venirne a capo, perché‚ i rami e i frutti si ritraevano ogni volta davanti a loro. Allora il cavaliere disse: -Strano che l'albero vi appartenga e non possiate staccarne un ramo!- Quelle insistettero dicendo che l'albero era proprio loro. Ma mentre parlavano, Duocchietti fece rotolare fuori dalla botte alcune mele d'oro, che rotolarono ai piedi del cavaliere, poiché‚ era indispettita che Occhietto e Treocchietti non dicessero la verità. Vedendo le mele, il cavaliere si stupì e domandò da dove venissero. Occhietto e Treocchietti risposero che avevano un'altra sorella, ma non doveva farsi vedere, perché‚ aveva soltanto due occhi come la gente comune. Ma il cavaliere volle vederla e gridò: -Duocchietti, vieni fuori!-. Allora ella sbucò fuori dalla botte, piena di speranza, e il cavaliere si meravigliò della sua grande bellezza e disse: -Sicuramente tu saprai staccarmi un ramo dell'albero-. -Sì- rispose la fanciulla -io posso farlo perché‚ l'albero appartiene a me.- Salì e staccò senza fatica un ramo con le foglie d'argento e i frutti d'oro e lo porse al cavaliere. Allora egli disse: -Duocchietti, cosa devo darti in cambio?-. -Ah- rispose la fanciulla -patisco la fame, la sete e ogni sorta di stenti da mane a sera: se voleste portarmi via con voi e liberarmi, sarei felice.- Allora il cavaliere la mise sul suo cavallo e la portò al castello di suo padre; là le diede dei bei vestiti, da mangiare e da bere a sazietà; e poiché‚ l'amava tanto la sposò, e le nozze si festeggiarono con grande gioia. Quando Duocchietti fu portata via dal bel cavaliere, le sue sorelle le invidiarono molto la sua fortuna. -Almeno ci resta l'albero meraviglioso- pensavano -e se anche non possiamo coglierne i frutti, tutti si fermeranno qui davanti, e verranno da noi per cantarne le lodi: chissà che la fortuna non possa arriderci ancora!- Ma il mattino dopo, l'albero era sparito e, con esso, erano svanite anche le loro speranze. Duocchietti visse a lungo felice. Un giorno vennero al castello due povere donne e le chiesero l'elemosina. Ella le guardò in volto e riconobbe le sue sorelle Occhietto e Treocchietti, divenute così povere che erano costrette ad andare di porta in porta a elemosinare il pane. Ma Duocchietti le accolse benevolmente, fece loro del bene ed ebbe cura di loro, sicché‚ le due sorelle si pentirono di cuore del male che le avevano fatto in gioventù.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta un pover'uomo che aveva quattro figli; quando furono cresciuti disse loro: -Cari figlioli, ora dovete andarvene per il mondo, io non ho nulla da darvi; mettetevi in cammino e andate in terra straniera, imparate un mestiere e cercate di industriarvi-. I quattro fratelli presero così il bastone del viandante, dissero addio al padre e lasciarono insieme la città. Quand'ebbero fatto un tratto di strada, giunsero a un crocicchio che portava in quattro paesi diversi. Il maggiore allora disse: -Dobbiamo separarci, ma fra quattro anni esatti ci ritroveremo qui e, nel frattempo, tenteremo di far fortuna-. Così ognuno andò per la sua strada, e il maggiore incontrò un uomo che gli chiese dove stesse andando e che intenzioni avesse. -Voglio imparare un mestiere- rispose il giovane. Allora l'uomo disse: -Vieni con me, e impara a fare il ladro-. -No- rispose -non è più considerato un mestiere onesto, e alla fine della canzone si diventa pendagli da forca.- -Oh- disse l'uomo -della forca non devi avere paura: ti insegnerò solo a prendere ciò che nessun altro può acchiappare e dove nessuno può scoprirti.- Così il giovane si lasciò convincere e con l'aiuto di quell'uomo divenne un ladro esperto e così abile che più nulla era al sicuro, qualsiasi cosa volesse. Anche il secondo fratello incontrò un uomo che gli rivolse la stessa domanda, cioè che cosa volesse fare. -Non lo so ancora- rispose. -Allora vieni con me e diventa astronomo: non c'è nulla di meglio, niente ti è nascosto.- Egli accettò e diventò un astronomo così abile che, quando si fu perfezionato e volle proseguire per la sua strada, il maestro gli diede un cannocchiale e disse: -Con questo puoi vedere cosa succede sulla terra e nel cielo, e niente ti può restar celato-. Il terzo fratello incontrò un cacciatore che lo prese con s‚ e lo istruì così bene nell'arte della caccia da farne un cacciatore provetto. Nel prendere commiato il maestro gli diede uno schioppo e disse: -Questo non sbaglia mai: ciò che prendi di mira lo colpisci senz'altro-. Anche il fratello minore incontrò un uomo che gli rivolse la parola e gli chiese che cosa intendesse fare. -Non ti andrebbe di fare il sarto?- -Ah, no- disse il giovane -non mi piace l'idea di star gobbo da mane a sera, di andar su e giù con l'ago e il ferro da stiro.- -macché‚- rispose l'uomo -da me imparerai un'arte ben diversa.- Così il giovane si lasciò persuadere, seguì l'uomo e ne imparò l'arte dal principio. Nel prender congedo, il maestro gli diede un ago e disse: -Con questo puoi ricucire tutto quel che ti capita, sia tenero come un uovo o duro come l'acciaio; e ridiventerà d'un sol pezzo, che non si potrà più vedere la cucitura-. Quando fu trascorso il tempo stabilito, i quattro fratelli si trovarono insieme al crocicchio; si abbracciarono e si baciarono e tornarono a casa dal padre. Essi gli raccontarono com'era andata, e che ognuno aveva imparato il proprio mestiere. Se ne stavano appunto davanti alla casa, sotto un grande albero, e il padre disse: -Voglio mettervi alla prova e vedere quel che sapete fare-. Poi alzò gli occhi e disse al secondo figlio: -Lassù in cima a quest'albero c'è un nido di fringuelli: dimmi un po' quante uova ci sono-. L'astronomo prese il suo cannocchiale, guardò in alto e disse: -Ce ne sono cinque-. -Ora- disse il padre al maggiore -portale giù, senza disturbare l'uccello che sta covando.- Il ladro ingegnoso salì, tolse le uova sotto il ventre dell'uccellino, che non se ne accorse affatto e restò tranquillamente a covare. Egli le portò al padre che le prese, le mise sulla tavola, una per angolo e la quinta nel mezzo, e disse al cacciatore: -Colpisci le uova con un solo colpo e spezzale a metà-. Il cacciatore prese la mira con lo schioppo e colpì le uova proprio come voleva il padre, tutt'e cinque con un solo colpo. -Adesso tocca a te- disse il padre al quarto figlio. -Devi ricucire le uova e anche gli uccellini che ci sono dentro, in modo che il colpo di schioppo non nuoccia loro.- Il sarto prese il suo ago e le cucì, come gli era stato ordinato. Quand'ebbe finito, il ladro dovette riportarle nel nido sull'albero e rimetterle sotto l'uccello, senza che se ne accorgesse. L'uccellino finì di covarle, e dopo qualche giorno uscirono fuori i piccoli, e avevano una piccola riga rossa attorno al collo, là dove il sarto li aveva ricuciti. -Sì- disse il vecchio ai suoi figli -avete impiegato bene il vostro tempo e imparato a dovere. Non posso dire chi di voi sia da preferirsi: lo si vedrà quando avrete l'occasione di usare la vostra arte.- Non molto tempo dopo il paese fu in subbuglio, perché‚ la principessa era stata rapita da un drago. Il re si tormentava giorno e notte e rese noto che, chiunque l'avesse riportata, l'avrebbe avuta in sposa. I quattro fratelli dissero: -Sarebbe un'occasione per farci conoscere- e decisero di andare a liberare la principessa. -Dove sia, lo saprò subito- disse l'astronomo; guardò nel suo cannocchiale e disse: -La vedo: è su uno scoglio nel mare, lontano da qui, e accanto a lei c'è il drago a farle la guardia-. Allora andò dal re, chiese una nave per s‚ e i suoi fratelli e si mise in mare con loro finché‚ giunsero allo scoglio. Là c'era la principessa e il drago le giaceva in grembo e dormiva. Il cacciatore disse: -Non posso sparargli, ucciderei anche la bella fanciulla-. -Allora proverò io- disse il ladro, e tolse la principessa di sotto al drago, ma così piano e con tanta abilità, che il mostro non si accorse di nulla e continuò a russare. Tutti contenti, la portarono di corsa sulla nave e presero il largo. Ma ecco arrivare il drago che al risveglio non aveva più trovato la principessa, e li inseguiva sbuffando furibondo per l'aria. Si librava proprio sopra di loro, e stava per calare sulla nave, quando il cacciatore puntò lo schioppo e lo colpì al cuore, uccidendolo. Il mostro piombò giù, ma era così grosso che nel cadere sfasciò tutta la nave, ed essi si tenevano a galla, in mare aperto, aggrappati a qualche tavola. Ma il sarto, senza perder tempo, prese il suo ago miracoloso, cucì insieme le tavole a punti lunghi, ci si accomodò sopra e raccolse tutti i pezzi della nave. Poi ricucì anche questi, con tanta destrezza che ben presto la nave fu nuovamente pronta a far vela, ed essi poterono tornare felicemente a casa. La gioia fu grande quando i quattro fratelli ricondussero la figlia al re, e questi disse loro: -Uno di voi quattro l'avrà in isposa, ma decidete voi chi debba essere-. Allora essi si misero a litigare, e l'astronomo diceva: -Se io non avessi visto la principessa, tutte le vostre arti sarebbero state inutili: è dunque mia-. Il ladro diceva: -A che serviva vederla, se non l'avessi tolta di sotto al drago? E' dunque mia-.Il cacciatore diceva: -Ma sareste stati tutti sbranati dal mostro insieme alla principessa, se io non lo avessi ucciso: è dunque mia-. Il sarto diceva: -E se io, con la mia arte, non vi avessi ricucito la nave, sareste annegati tutti miseramente: è dunque mia-. Allora il re sentenziò: -Avete tutti ugual diritto, e poiché‚ non potete avere tutti la fanciulla, non l'avrà nessuno; in premio darò invece a ciascuno la metà di un regno-. I fratelli dissero: -E' meglio così, piuttosto che essere in contrasto-. Il re diede loro un mezzo regno per ciascuno, ed essi vissero felici con il padre.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
In un villaggio vivevano due sposi, e la donna era così pigra che non aveva mai voglia di lavorare, e quel che il marito le dava da filare, non lo finiva mai, e se anche lo filava, non lo passava all'aspo, ma lasciava tutto quanto avvolto sul rocchetto. Un giorno che il marito la rimproverava, ella lo rimbeccò dicendo: -Come faccio ad annaspare se non ho aspo? Va' nel bosco e fammene uno-. -Se è tutto qui- disse l'uomo -andrò nel bosco e prenderò il legno per fare l'aspo.- Allora la donna temette che, trovato il legno, ne facesse un aspo, ed ella fosse poi costretta ad annaspare e a filare di nuovo. Rifletté‚ un poco e le venne in mente una bella idea: corse di nascosto dietro al marito, e quando egli si fu arrampicato su di un albero per scegliere e tagliare il legno, si acquattò in un cespuglio, dove il marito non poteva vederla, e gridò:-A tagliar legna per aspo, si muore; chi se ne serve è preso da malore.-L'uomo tese l'orecchio, posò un attimo la scure e stette a pensare che cosa ciò potesse voler dire. -Mah- disse infine -cosa vuoi che sia stato! Ti hanno fischiato le orecchie, è inutile spaventarsi!- Prese di nuovo la scure e stava per menare il colpo, quando da sotto gridarono di nuovo:-A tagliar legna per aspo, si muore; chi se ne serve è preso da malore.-Egli si fermò, ebbe una gran paura e si mise a rimuginare. Ma dopo un po' tornò a farsi coraggio, afferrò la scure per la terza volta e fece per menare il colpo. Ma per la terza volta si senti gridar forte:-A tagliar legna per aspo, si muore; chi se ne serve è preso da malore.-Allora egli ne ebbe abbastanza, tutta la voglia gli era passata; scese in fretta dall'albero e s'incamminò verso casa. La moglie corse più veloce che pot‚ per un altro sentiero, per arrivare a casa prima di lui. E quando egli entrò nella stanza, disse, con un aria innocente come se niente fosse: -Be', mi hai portato del buon legno per l'aspo?-. -No- rispose egli -ho capito che annaspare non va bene.- Le raccontò quel che gli era successo nel bosco e, da quel giorno in poi, la lasciò in pace con l'aspo. Ben presto, però, l'uomo prese a seccarsi del disordine che c'era in casa. -Moglie- disse -è una vergogna che quel filato rimanga sul rocchetto.- -Sai?- diss'ella. -Dato che non riusciamo ad avere un aspo, mettiti in solaio, e io starò sotto: ti butterò su il rocchetto e tu lo butterai giù: così faremo la matassa.- -Sì, va bene- rispose il marito. Così fecero e, quand'ebbero finito, egli disse: -Adesso che la matassa è fatta, bisogna anche farla cuocere-. La donna ebbe di nuovo timore ma disse: -Sì, la faremo bollire domattina presto- e pensava intanto a un'altra astuzia. Si alzò di buon mattino, accese il fuoco, appese il paiolo, ma al posto del filo ci mise dentro un mucchio di stoppa e lo fece bollire. Poi andò dal marito, che era ancora a letto, e gli disse: -Io devo uscire, tu nel frattempo alzati e cura il filo che è sul fuoco, nel paiolo; ma devi farlo per tempo, fa' attenzione: se il gallo canta e tu non ci badi, il filo diventa stoppa-. L'uomo non perse tempo, si alzò in fretta e andò in cucina. Ma quando si avvicinò al paiolo e vi guardò dentro, non vide altro che un mucchio di stoppa. Allora se ne stette ben zitto senza fiatare, pensando di essersi sbagliato e che la colpa fosse sua, e da allora in poi non parlò più di filo n‚ di filare alla moglie, che ne fu ben felice.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Al tempo in cui il desiderio serviva ancora a qualcosa, un principe fu stregato da una vecchia maga, che lo chiuse in un grande forno nel bosco. Così trascorsero molti anni senza che nessuno potesse aiutarlo. Un giorno capitò nel bosco una principessa che si era smarrita e non riusciva più a trovare il regno di suo padre: aveva errato qua e là per nove giorni, e infine era venuta a trovarsi davanti alla cassa di ferro. Allora egli le domandò: -Donde vieni, e dove vai?-. Ella rispose: -Ho perduto la strada che va al regno di mio padre e non posso tornare a casa-. Allora la voce dal forno disse: -Ti aiuterò a tornare a casa in fretta, se ti impegni a fare quel che ti domando. Io sono figlio di un re più potente di tuo padre, e ti sposerò-. Ella inorridì e pensò: "Buon Dio, che me ne faccio di questo forno?." Ma poiché‚ desiderava tornare a casa dal padre, s'impegnò a fare quel che egli voleva. Il principe disse: -Devi ritornare qui con un coltello, e fare un buco nel ferro-. Poi le diede un compagno che le camminò a fianco in silenzio, e la portò a casa in due ore. Al castello la gioia fu grande quando tornò la principessa, e il vecchio re l'abbracciò e la baciò. Ma ella era molto afflitta e disse: -Caro babbo, cosa mi è successo! Non sarei tornata a casa dal grande bosco selvaggio, se non mi fossi fermata vicino a un forno; ho dovuto impegnami con lui a ritornare, per liberarlo e sposarlo-. Il vecchio re inorridì ed era vicino a svenire perché‚ aveva quell'unica figlia. Così decisero di mandare al suo posto la figlia del mugnaio, che era bella. La condussero nel bosco, le diedero un coltello e le dissero di raschiare il forno. Ella raschiò per ventiquattr'ore, ma non riuscì a staccarne neanche un po'. Al sorgere del giorno, si udì gridare dal forno: -Mi sembra che fuori incominci ad albeggiare-. Ella rispose: -Sembra anche a me, mi pare di sentire il mulino di mio padre-. -Allora tu sei la figlia di un mugnaio: vattene subito e fa' venire la principessa.- Allora ella se ne andò e disse al vecchio re che quel tale nel bosco non voleva lei ma sua figlia. Il vecchio re ne fu atterrito e la principessa pianse. Ma c'era la figlia di un porcaro, che era ancora più bella della mugnaia; pensarono di darle una moneta d'oro, perché‚ andasse al posto della principessa. Così la condussero nel bosco e dovette anche lei raschiare per ventiquattr'ore, senza ottenere alcun risultato. Quando si fece giorno, si udì gridare dal forno: -Mi sembra che fuori incominci ad albeggiare-. Ella rispose: -Sembra anche a me, mi pare di sentire la cornetta di mio padre-. -Allora sei la figlia di un porcaro: vattene subito e fa' venire la principessa; e dille che avrà ciò che le ho promesso; ma se non viene, nel suo regno tutto quanto rovinerà e si sfascerà, e non rimarrà pietra su pietra.- All'udire queste parole, la principessa si mise a piangere: non vi era altra soluzione, doveva mantenere la promessa. Prese congedo dal padre, si mise in tasca un coltello e andò nel bosco. Come arrivò si mise a raschiare, il ferro cedette e, dopo due ore, aveva già fatto un piccolo buco. Allora diede un'occhiata dentro e scorse un bellissimo giovane; ah, le piaceva proprio tutto scintillante d'oro! Ella continuò a raschiare e allargò il buco tanto da farvelo uscire. Allora egli disse: -Tu sei mia e io sono tuo; sei la mia sposa e mi hai liberato-. Ella però lo pregò di lasciarla andare ancora una volta da suo padre; il principe glielo permise purché‚ non dicesse più di tre parole e poi tornasse da lui. Ella andò a casa ma disse più di tre parole: subito il forno scomparve e fu portato lontano, oltre monti di vetro e spade taglienti. Il principe però era sciolto dall'incanto e non era più prigioniero. Ella si congedò dal padre, prese del denaro, ma non tanto, tornò nel bosco e cercò il forno, ma non riuscì più a trovarlo. Lo cercò per nove giorni e aveva tanta fame che non sapeva proprio come fare, poiché‚ non aveva più nulla da mangiare. Quando fu sera, salì su di un alberello, e pensava di passarci la notte perché‚ aveva paura delle bestie feroci. Quando fu quasi mezzanotte, vide un lumicino lontano lontano e pensò: "Ah, là sarei certo salva! ." Scese dall'albero e si incamminò verso quella luce, e intanto pregava. Giunse a una vecchia casetta, tutt'intorno era cresciuta dell'erba, e davanti c'era un mucchietto di legna. "Ah, dove sei capitata!" pensò. Guardò attraverso la finestra e dentro non vide altro che rospi grandi e piccoli; ma c'era una tavola preparata con del vino e un bell'arrosto invitante, e piatti e bicchieri erano d'argento. Allora si fece coraggio e bussò. Subito la regina rospo gridò:-Oh Donzelletta verde e piccina, dalla zampa secca sparuta cagnolina, ehi proprio tu, stammi a sentire chi c'è là fuori mi devi dire!-Si fece avanti una rospina e aprì la porta. Quando la fanciulla entrò, tutte le diedero il benvenuto e le dissero di sedersi. Le domandarono: -Donde venite? Dove andate?-. Ella raccontò tutto quel che le era accaduto, e che non avendo obbedito all'ordine di dire soltanto tre parole, il forno era scomparso insieme al principe: ora voleva cercarlo e andare per monti e valli finché‚ non l'avesse trovato. Allora la vecchia regina disse:-Oh Donzelletta verde e piccina, dalla zampa secca sparuta cagnolina, ehi proprio tu, stammi ad ascoltare proprio la scatola mi devi portare!-La bestiola andò e le portò la scatola. Poi diedero da mangiare e da bere alla principessa, la condussero a un bel letto già pronto, che pareva di seta e di velluto, ella vi si coricò e dormì beatamente. Quando si fece giorno, si alzò; la vecchia regina prese tre spilli dalla grande scatola e glieli diede, perché‚ li portasse con s‚; ne avrebbe avuto bisogno per oltrepassare un alto monte di vetro, tre spade taglienti e un gran fiume; se ci fosse riuscita, avrebbe ritrovato il suo sposo. Così le diede tre oggetti che doveva serbare con cura, cioè tre grossi spilli, una ruota d'aratro e tre noci. Ella se ne andò e quando giunse al monte di vetro, che era tutto liscio, piantò i tre spilli dietro ai piedi, poi proseguì e arrivò dall'altra parte, e là li nascose in un luogo che tenne a mente. Poi giunse alle tre spade taglienti, saltò sulla ruota e le oltrepassò. Infine arrivò a un gran fiume, e dopo averlo attraversato, a un grande, bellissimo castello. Entrò e chiese lavoro: era una povera fanciulla e desiderava prender servizio. Ma sapeva che là c'era il principe che ella aveva liberato dal forno nel gran bosco. Così fu presa come serva per un misero salario. Ora il principe aveva già un'altra al suo fianco e la voleva sposare, pensando che la principessa fosse morta da un pezzo. La sera, quand'ebbe finito di rigovernare, ella mise la mano in tasca e trovò le tre noci che le aveva dato la vecchia regina rospo. Ne spaccò una con i denti e voleva mangiare il gheriglio; ma guarda! c'era dentro un magnifico abito regale. Quando la fidanzata lo seppe, venne e le offrì di comprarlo: non era un abito che si addiceva a una serva. Ella disse che no, non voleva venderlo; tuttavia se le avesse concesso di dormire una notte nella camera dello sposo, glielo avrebbe dato. L'altra glielo permise, perché‚ non aveva mai avuto una veste così bella. Quando fu sera, disse al suo fidanzato: -Quella folle vuole dormire in camera tua-. -Se sei contenta tu, lo sono anch'io- diss'egli. Ma ella gli diede da bere del vino, in cui aveva messo un sonnifero. Così i due passarono la notte nella stessa camera, ed egli dormì così profondamente, ch'ella non pot‚ svegliarlo. Pianse però tutta la notte, gridando: -Ti ho liberato dal bosco selvaggio e dal forno, per te ho oltrepassato un monte di vetro, tre spade taglienti e un gran fiume; e adesso che ti ho trovato, non vuoi ascoltarmi-. I servi, seduti davanti alla porta della stanza, la udirono piangere tutta la notte, e al mattino dopo lo dissero al loro signore. La sera dopo, quand'ebbe rigovernato, spaccò la seconda noce, e dentro c'era un abito ancora più bello; quando la fidanzata lo vide, volle comprare anche questo. Ma la fanciulla non voleva denaro, e la pregò invece di poter passare un'altra notte nella camera del principe. Ma la fidanzata gli diede di nuovo un sonnifero ed egli dormì profondamente senza poter udire nulla. La serva pianse tutta la notte e gridò: -Ti ho liberato dal bosco selvaggio e dal forno, per te ho oltrepassato un monte di vetro, tre spade taglienti e un gran fiume; e adesso che ti ho trovato, non vuoi ascoltarmi-. I servi, seduti davanti alla porta della stanza, la udirono piangere tutta la notte, e al mattino dopo lo dissero al loro signore. E la terza sera, quand'ebbe rigovernato, ella spaccò anche la terza noce, e dentro c'era un abito splendido, tutto d'oro. Quando la fidanzata lo vide, volle averlo, e la fanciulla glielo diede a condizione di poter dormire per la terza volta nella camera del principe. Ma il principe stette in guardia, e rovesciò in terra il sonnifero. E quando ella si mise a piangere e a gridare: -Amor mio, ti ho liberato dal bosco selvaggio e dal forno- il principe balzò in piedi e disse: -Tu sei mia e io sono tuo-. E quella stessa notte salì in carrozza con lei, e alla falsa sposa portarono via le vesti, perché‚ non potesse alzarsi. Quando giunsero al gran fiume, lo attraversarono in barca, davanti alle tre spade taglienti salirono sulla ruota d'aratro, e sul monte di vetro usarono i tre spilli. Così giunsero finalmente alla vecchia casetta; ma, come vi entrarono, si mutò in un gran castello: i rospi, liberati dall'incantesimo, erano principi e principesse, ed erano in grande festa. Si celebrarono le nozze, ed essi rimasero nel castello, che era molto più grande di quello della sposa. Ma poiché‚ il vecchio re si doleva di dover vivere solo, andarono a prenderlo, e così ebbero due regni e vissero insieme felici.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta un uomo e una donna che, finché‚ furono ricchi, non ebbero figli, ma quando diventarono poveri, misero al mondo un maschietto. Ma non riuscivano a trovare un compare; allora l'uomo disse che sarebbe andato nel paese vicino, per vedere se là poteva trovarlo. Per strada, incontrò un pover'uomo che gli domandò dove stesse andando; egli rispose che andava a vedere se trovava un padrino: egli era povero e perciò non trovava nessuno che volesse fargli da compare. -Oh- disse il pover'uomo -voi siete povero e io pure: vi farò io da compare. Ma sono così povero che non posso regalare nulla al bambino; andate e dite alla comare di portarlo in chiesa.- Quando arrivarono in chiesa, il pover'uomo era già là, e chiamò il bambino Fernando fedele. Uscendo di chiesa, il poveretto disse: -Ora andate a casa: io non posso darvi nulla, e anche voi non dovete darmi nulla-. Ma alla comare diede una chiave e la pregò di darla, appena a casa, al padre, che la serbasse finché‚ il bambino avesse quattordici anni; poi il ragazzo doveva andare nella brughiera, e là doveva esserci un castello che si sarebbe aperto con quella chiave, e tutto quello che c'era dentro era suo. Quando il bimbo ebbe sette anni, e si era già fatto grandicello, andò una volta a giocare con altri ragazzi, e tutti avevano ricevuto dei doni dal padrino, uno più dell'altro, ma lui non poteva dire nulla, allora si mise a piangere, andò a casa e disse al padre: -Non ho ricevuto proprio nulla dal padrino?-. -Oh sì- rispose il padre -ti ha dato una chiave: se c'è un castello nella brughiera, va' ad aprirlo.- Allora egli andò, ma non c'era proprio nessun castello. Dopo sette anni, quando ne ha quattordici, torna laggiù, ed ecco un castello. Lo apre, e dentro c'è soltanto un cavallo bianco. Il ragazzo è così felice di avere un cavallo, che vi salta in groppa e ritorna al galoppo da suo padre. -Adesso ho anch'io un cavallo, e mi metterò in viaggio!- dice. Così se ne va, e strada facendo, vede sulla strada una penna da scrivere. Dapprima vuole raccoglierla, ma poi pensa: "Oh, lasciala stare! una penna da scrivere la trovi ovunque se ne hai bisogno." Mentre si allontana sente una voce che gli grida: -Fernando fedele, prendila con te!-. Egli si volta ma non vede nessuno, allora torna indietro e raccoglie la penna. Dopo aver cavalcato un po', passa vicino a un fiume, e sulla riva c'è un pesce che boccheggia. Allora egli dice: -Aspetta, caro pesce, ti aiuterò a tornare in acqua-. Lo prende per la coda e lo getta nel fiume. Allora il pesce sporge la testa dall'acqua e dice: -Tu mi hai aiutato e io ti darò un flauto: in caso di bisogno, suonalo, e io ti aiuterò; e se qualcosa ti cadesse nell'acqua, suona il flauto e io te la riporterò-. Il giovane prosegue e incontra un uomo che gli domanda dove vuole andare. -Oh, al villaggio più vicino.- -Come vi chiamate?- -Fernando fedele.- -Ma guarda, abbiamo quasi lo stesso nome: io mi chiamo Fernando infedele.- E tutti e due se ne vanno alla locanda del villaggio vicino. Ma il guaio era che Fernando infedele sapeva tutto quello che un altro pensava e voleva fare; lo sapeva per ogni sorta di male arti. Nella locanda c'era una bella fanciulla, con un viso ridente e di belle maniere. Ella s'innamorò di Fernando fedele, perché‚ era bello; e gli chiese dove volesse andare. Oh, voleva girare il mondo. Ma lei gli disse che gli conveniva rimanere: in quel paese c'era un re che avrebbe preso volentieri un domestico o un battistrada; egli avrebbe dovuto entrare a servizio dal re. Ma Fernando fedele rispose che non poteva andare a offrirsi così. Allora la fanciulla disse: -Oh, lo farò io!-. Andò subito dal re e gli disse che conosceva un domestico di bell'aspetto. IL re ne fu contento, lo mandò a chiamare e voleva farne il suo domestico. Ma il giovane preferiva essere battistrada, perché‚ dov'era il suo cavallo, doveva esserci anche lui; e il re gli fece fare il battistrada. Quando Fernando infedele venne a saperlo, disse alla fanciulla: -Come, aiuti lui e non me?-. -Oh- diss'ella -aiuterò anche te.- E pensava: -Devi tenertelo amico, perché‚ di lui non ci si può fidare." Così va dal re e glielo offre come domestico, e il re ne è contento. Al mattino, mentre Fernando infedele lo vestiva, il re sospirava sempre: -Ah, se avessi qui con me la mia sposa!-. Ma Fernando infedele detestava Fernando fedele e, un giorno che il re riprese a lamentarsi in quel modo, disse: -Avete il battistrada: mandatelo a prenderla; e se non lo fa, tagliategli la testa-. Allora il re mandò a chiamare Fernando fedele e gli disse che aveva una promessa sposa così e così: doveva portargliela altrimenti sarebbe morto. Fernando fedele andò nella stalla dal suo cavallo bianco, e piangeva e si lamentava: -Ah, povero me!-. Allora udì una voce dietro di lui: -Fernando fedele, perché‚ piangi?-. Egli si voltò ma non vide nessuno e continuò a lamentarsi: -Oh, mio caro cavallino, adesso devo lasciarti, devo morire!-. Solo allora si accorse che era il suo cavallino bianco a interrogarlo: -Sei tu, cavallino mio? Sai parlare?-. E aggiunse: -Devo andare in un posto così e così a prendere la promessa sposa: non sai dirmi cosa devo fare?-. Il cavallino bianco rispose: -Vai dal re e digli che porterai la sposa se egli ti darà ciò che desideri: riuscirai se ti darà una nave piena di carne e una colma di pane. Sul mare a sono dei gran giganti e se tu non portassi loro della carne, ti farebbero a pezzi; e ci sono dei brutti uccelli che ti caverebbero gli occhi se tu non avessi del pane per loro-. Allora il re ordinò a tutti i beccai del paese di macellare, e a tutti i fornai di cuocere il pane, in modo da riempire le due navi. Quando furono piene, il cavallino bianco disse a Fernando fedele: -Adesso saltami in groppa e imbarcati con me; quando verranno i giganti, dirai:"Adesso l'ira conviene scordare, e senza indugio venite a mangiare!"E quando verranno gli uccelli dirai ancora:"A voi qualcosa ho voluto portare, or senza indugio venite a beccare!"Allora non ti faranno nulla, e quando arriverai al castello, i giganti ti aiuteranno: sali al castello e prendi due giganti con te, là ci sarà la principessa addormentata; tu però non svegliarla: i giganti devono sollevarla con il letto e portarla sulla nave-. E ogni cosa andò come aveva detto il cavallino bianco: Fernando fedele diede ai giganti e agli uccelli quello che aveva portato; i giganti si rabbonirono e portarono la principessa con il suo letto al re. Ma quando arrivò dal re, ella disse che non poteva vivere se non aveva le sue carte, che erano rimaste nel castello. Su suggerimento di Fernando infedele, chiamarono così Fernando fedele, e il re gli ordinò di andare a prendere le carte nel castello, altrimenti sarebbe morto. Allora egli tornò di nuovo nella stalla e pianse e disse: -Oh, mio caro cavallino, devo partire nuovamente, come faremo?-. Allora il cavallino disse che dovevano caricare ancora la nave. Tutto andò come la volta precedente e giganti e uccelli furono saziati e ammansiti dalla carne. Quando giunsero al castello il cavallo gli disse di entrare: le carte erano sul tavolo, nella camera della principessa. Fernando fedele va e le prende. Quando sono in mare, a Fernando fedele cade la penna in acqua, e il cavallo gli dice: -Adesso non posso aiutarti-. Allora gli viene in mente il flauto, incomincia a suonare ed ecco arrivare il pesce con la penna in bocca e gliela porge. Ed egli porta le carte al castello dove si stavano celebrando le nozze. Ma alla regina il re non piaceva perché‚ non aveva naso, e invece le piaceva molto Fernando fedele. Una volta che i signori della corte erano riuniti, la regina disse che si intendeva di magia: se qualcuno voleva provare, lei poteva tagliargli la testa e rimettergliela a posto.Ma nessuno voleva essere il primo e dovette offrirsi Fernando fedele, sempre per consiglio di Fernando infedele: la regina gli tagliò la testa e gliela rimise a posto, e il taglio guarì subito, sicché‚ sembrava che avesse un filo rosso intorno al collo. Allora il re le disse: -Bimba mia, dove l'hai imparato?-. -Sì- rispose la regina -conosco l'arte: devo provare anche con te?- -Oh sì- disse il marito. Ma lei gli tagliò la testa e non gliela rimise a posto, fingendo di non riuscirci e che la testa non volesse attaccarsi bene. Così il re fu sotterrato e la regina sposò Fernando fedele. Ma questi cavalcava sempre sul suo cavallo bianco, e una volta il cavallo gli disse di andare in un'altra prateria che gli indicò, e di farne tre volte il giro al galoppo.Quando l'ebbe fatto, il cavallo si drizzò sulle zampe di dietro e si trasformò in un principe.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
Una volta vi fu una grande guerra e il re diede ai soldati una paga così misera, che non bastava loro per vivere. Allora tre soldati si misero insieme e pensarono di scappare. Uno disse: -Se ci prendono, però, c'impiccano: come faremo?-. L'altro rispose: -Là c'è un grosso campo di grano; se vi entriamo e ci nascondiamo, non ci trova nessuno: l'esercito non può entrare là in mezzo-. Così si acquattarono nel grano, e vi rimasero due giorni e due notti, e avevano tanta fame che credevano di morire, poiché‚ uscire non potevano. Allora dissero: -A cosa ci serve essere scappati, se qui ci tocca morire miseramente!-. In quella giunse a volo nell'aria un drago di fuoco, li vide distesi laggiù e chiese: -Che cosa fate lì in mezzo al grano?-. Essi risposero: -Siamo tre soldati e abbiamo disertato perché‚ non potevamo più vivere con la nostra paga nell'esercito; adesso però siamo costretti a morire qui di fame, perché‚ l'esercito è accampato qui attorno e non possiamo fuggire-. -Se volete servirmi per sette anni- disse il drago -vi condurrò attraverso le schiere, senza che nessuno possa acchiapparvi.- -Non abbiamo scelta, accettiamo!- risposero quelli. Allora il drago li afferrò con gli artigli, li prese sotto le sue ali e li portò a volo per l'aria al di sopra dell'esercito, e li rimise a terra al sicuro. Ma il drago non era altri che il diavolo; diede loro un piccolo frustino, con il quale, schioccandolo, avrebbero avuto denaro a volontà. -Con questo- disse -potrete vivere da gran signori e andare in carrozza; ma, in capo a sette anni, sarete miei- e presentò loro un libro sul quale tutti e tre dovettero firmare. -Tuttavia, vi proporrò prima un indovinello- diss'egli. -Se lo saprete indovinare, sarete liberi e io non avrò più alcun potere su di voi.- Il drago volò via, ed essi proseguirono con il loro frustino; avevano denaro in abbondanza, si vestivano da gran signori e giravano il mondo. Dovunque si trovassero, vivevano spassandosela, viaggiavano con cavalli e carrozza, mangiavano, bevevano, e i sette anni trascorsero in fretta. Quando il tempo volse al termine, a due di loro venne una gran paura ed erano tutti tristi, mentre il terzo la prese alla leggera e disse: -Fratelli, non temete, forse potremo risolvere l'indovinello-. Mentre se ne stavano là seduti, arrivò una vecchia che domandò perché‚ fossero tanto afflitti -Ah, cosa ve ne importa! Tanto non potete aiutarci!- -Chi lo sa- rispose ella -raccontatemi le vostre pene.- Allora essi le raccontarono che avevano servito il diavolo per quasi sette anni, ed egli aveva procurato loro oro a palate. Ma avevano dovuto vendergli l'anima, e sarebbero caduti in suo potere se, al temine dei setti anni, non avessero saputo sciogliere un indovinello. La vecchia disse: -Se volete che vi aiuti, bisogna che uno di voi vada nel bosco, e arrivi davanti a un dirupo che sembra una casetta-. I due afflitti pensarono: "Tanto non servirà a nulla!" e rimasero fuori dal bosco. Il terzo invece, quello allegro, si mise in cammino e trovò tutto quanto come aveva detto la vecchia. Nella casetta c'era una vecchia decrepita, che era la nonna del diavolo, e gli domandò di dove venisse e che cosa volesse. Egli le raccontò ogni cosa e siccome era proprio un brav'uomo, ella ne ebbe pietà. Sollevò una grossa pietra e disse: -Nasconditi qua sotto e sta' zitto. Quando viene il drago gli chiederò l'indovinello-. A mezzanotte giunse a volo il drago e volle cenare. La nonna gli preparò la tavola, portò da bere e da mangiare, ed egli era tutto contento, e mangiarono e bevvero insieme. Chiacchierando, ella gli domandò com'era andata quel giorno, e quante anime aveva acchiappato. -Ci sono tre soldati, che sono miei di sicuro- egli rispose. -Sì, tre soldati!- diss'ella -quelli, non so cos'abbiano in corpo, possono ancora sfuggirti.- Il diavolo disse, beffardo: -Sono certamente miei: proporrò loro un indovinello che non sapranno mai risolvere!-. -Che indovinello?- chiese la vecchia. -Te lo dirò: nel gran mare del Nord c'è un gattomammone morto, sarà il loro arrosto; la costola di una balena sarà il loro cucchiaio d'argento; e un vecchio zoccolo di cavallo sarà il loro bicchiere da vino.- Poi il diavolo se ne andò a dormire e la vecchia nonna sollevò la pietra e fece uscire il soldato. -Hai fatto bene attenzione?- -Sì- diss'egli -ora saprò trarmi d'impaccio.- Poi dovette andarsene di soppiatto, uscendo dalla finestra perché‚ il diavolo non lo vedesse, e raggiunse così in tutta fretta i suoi compagni. Quando arrivò da loro, raccontò ciò che aveva udito, e disse che ora potevano indovinare ciò che nessuno avrebbe mai saputo. Ne furono tutti felici e contenti e si misero a schioccare la frusta per procurarsi un bel po' di denaro. Quando furono trascorsi i sette anni, arrivò il diavolo con il libro, mostrò loro le firme e disse: -Voglio portarvi all'inferno con me: là farete un pranzo e se saprete indovinare che arrosto vi daranno da mangiare, sarete liberi e potrete tenervi anche il frustino-. Allora il primo soldato disse: -Nel gran mare del Nord c'è un gattomammone morto: l'arrosto sarà quello-. Il diavolo s'irritò, fece: -Ehm! ehm!- e domandò al secondo: -Quale sarà il vostro cucchiaio?-. -Il nostro cucchiaio d'argento sarà la costola di una balena- rispose quello. Il diavolo fece una brutta faccia, brontolò di nuovo tre volte: -Ehm! ehm! ehm!- e disse al terzo: -Quale sarà il vostro bicchiere da vino?-. -Il nostro bicchiere da vino sarà un vecchio zoccolo di cavallo.- Allora il diavolo volò via, li lasciò in pace e non ebbe più alcun potere su di loro; ma i tre soldati tennero il frustino, ne trassero denaro a volontà e vissero allegramente fino alla morte.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta un uomo che aveva tre figli e non possedeva altri beni che la casa in cui abitava. Ognuno dei figli avrebbe voluto avere la casa alla sua morte, ma egli li amava tutti allo stesso modo e non sapeva come fare per non fare torto a nessuno; venderla non voleva perché‚ era la casa dei suoi padri: altrimenti avrebbe diviso il denaro fra di loro. Finalmente gli venne un'idea e disse ai figli: -Andate in giro per il mondo e mettetevi alla prova; ognuno di voi impari un mestiere e, quando tornerete, chi farà il miglior capolavoro avrà la casa-. I figli furono d'accordo; e il maggiore volle fare il maniscalco, il secondo il barbiere e il terzo il maestro di scherma. Stabilirono quando sarebbero tornati tutti a casa e se ne andarono. Il caso volle che tutti e tre trovassero ottimi maestri, presso i quali impararono proprio bene. Il maniscalco doveva ferrare i cavalli del re e pensava: "Sicuramente avrai la casa." Il barbiere radeva solamente dei gran signori e pensava anche lui che la casa sarebbe stata sua. Il maestro di scherma si buscò parecchi colpi, ma stringeva i denti senza perdersi d'animo, perché‚ pensava: "Se hai paura di un fendente, non avrai mai la casa." Quando fu trascorso il tempo stabilito, ritornarono tutti e tre a casa; ma, non sapendo trovare l'occasione più propizia per dare prova della loro arte, si riunirono e tennero consiglio. Mentre se ne stavano là seduti, arrivò all'improvviso una lepre di corsa attraverso il campo. -Ehi!- disse il barbiere -viene giusto a proposito!- Prese la catinella e il sapone, agitò la schiuma finché‚ la lepre fu ben vicina, poi di corsa l'insaponò e le fece una barbetta a punta, senza tagliarla per nulla n‚ torcere un pelo. -Mi piace!- disse il padre -se gli altri non fanno qualcosa di speciale, la casa è tua.- Poco dopo, arrivò un signore in carrozza, e il cavallo andava di gran carriera. -Adesso state a vedere, babbo, che cosa sono capace di fare- disse il maniscalco; corse dietro alla carrozza, tolse i quattro ferri al cavallo, mentre continuava a galoppare, e gliene mise quattro nuovi. -Sei in gamba- disse il padre -sai fare bene il tuo mestiere come tuo fratello; non so a chi devo dare la casa.- Allora il terzo figlio disse: -Babbo, lasciate che provi anch'io- e, siccome incominciava a piovere, sguainò la spada e la brandì menando colpi di traverso sopra la sua testa, in modo da non prendersi nemmeno una goccia; e quando la pioggia si fece più fitta e finì con lo scrosciare come se la rovesciassero a secchiate dal cielo, egli brandì la spada sempre più in fretta e rimase asciutto come se fosse al coperto. Al vederlo, il padre rimase di stucco e disse: -Tu hai fatto il miglior capolavoro, la casa è tua-. Gli altri due fratelli si accontentarono, come avevano promesso; e poiché‚ si volevano molto bene, rimasero tutti e tre insieme nella casa, esercitando il loro mestiere; e lo conoscevano così a fondo, abili com'erano, che guadagnarono molto denaro. Così vissero felici insieme fino a tarda età e, quando uno di loro si ammalò e morì, gli altri due ne furono tanto addolorati che si ammalarono e morirono anch'essi. Allora, poiché‚ erano stati così abili e si erano voluti tanto bene, furono sepolti insieme nella stessa tomba.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta una povera servetta che attraversava un gran bosco con i suoi padroni; e quando vi si trovarono in mezzo, dal fitto della boscaglia sbucarono dei briganti e uccisero tutti quelli che trovarono. Così perirono tutti quanti, meno la fanciulla, che era saltata fuori dalla carrozza e si era nascosta dietro un albero. Quando i briganti se ne furono andati con il bottino, ella si avvicinò e vide quella grande sventura. Allora si mise a piangere amaramente e disse: "Misera me, che farò mai? Non so come fare a uscire dal bosco, qui non ci sono case, e io morirò certo di fame!." Andò qua e là cercando una via, ma non riuscì a trovarla. Quando fu sera, si sedette sotto un albero, si raccomandò a Dio e pensò di rimanere là e di non muoversi più, qualunque cosa accadesse. Dopo un po', venne in volo un piccolo colombo tutto bianco che portava nel becco una piccola chiave d'oro. Gliela mise in mano e disse: "Vedi laggiù quel grande albero? Ha una piccola serratura; aprila con la chiavetta: troverai cibo a sufficienza e non patirai più la fame." Ella si avvicinò all'albero, lo aprì e trovò una scodellina di latte e pane bianco da inzuppare; così poté mangiare a sazietà. Quando si fu sfamata, disse: "Questa è l'ora in cui i polli, a casa, vanno a dormire. Io sono così stanca! Potessi coricarmi anch'io nel mio letto!." Allora ritornò il colombo, portando nel becco un'altra chiavetta d'oro e disse: "Apri quell'albero laggiù, e troverai un letto." Ella lo aprì e trovò un bel lettino bianco; pregò il buon Dio di proteggerla durante la notte, si coricò e si addormentò. Al mattino tornò il colombo per la terza volta, portò un'altra chiavetta e disse: "Apri quell'albero laggiù: troverai dei vestiti." Quando ella aprì, trovò dei vestiti ornati di oro e pietre preziose, così belli che neanche la figlia del reli aveva. Così visse per qualche tempo, e tutti i giorni veniva il colombo e le procurava tutto il necessario; ed era una vita tranquilla e felice.
Un giorno però il colombo venne e disse: "Vorresti farmi un piacere?." - "Con tutto il cuore" rispose la fanciulla. Allora il colombo disse: "Ti condurrò a una casetta; entrerai e in mezzo, accanto al focolare, ci sarà una vecchia seduta che ti dirà: 'Buon giorno'. Ma tu guardati bene dal darle risposta, qualunque cosa faccia, e prosegui alla sua destra: c'è una porta, aprila e ti troverai in una stanza dove sul tavolo ci saranno ammucchiati anelli d'ogni tipo; ve ne saranno di splendidi con gemme scintillanti, ma tu lasciali stare, cercane uno liscio che dev'essere là in mezzo e portamelo più in fretta che puoi."
La fanciulla andò così alla casetta ed entrò; là c'era una vecchia che fece tanto d'occhi al vederla e disse: "Buon giorno, bimba mia." Ma ella non le diede risposta e andò verso la porta. "Ehi, dove vai?" gridò quella e l'afferrò per la sottana, cercando di trattenerla. "Questa è casa mia, e nessuno può entrarci se io non voglio!" Ma la fanciulla continuava a tacere, si liberò e andò difilata nella stanza. Là, sul tavolo, c'era una grande quantità di anelli che splendevano e luccicavano sotto i suoi occhi; ella li sparpagliò cercando quello liscio, ma non riusciva a trovarlo. Mentre cercava vide la vecchia che tentava di andarsene di soppiatto, con una gabbietta in mano. Allora la fanciulla le si avvicinò, le prese di mano la gabbia, e come la sollevò e vi guardò dentro, vide un uccello che aveva l'anello liscio nel becco. Lo prese e, tutta felice, corse via pensando che il colombo sarebbe venuto a prenderselo; e invece non veniva mai. La fanciulla si appoggiò a un albero per aspettarlo; ed ecco le parve che l'albero diventasse morbido e flessuoso, e chinasse i suoi rami. E, d'un tratto, i rami la strinsero, ed erano due braccia; e quando ella si guardò attorno, l'albero era un bell'uomo, che l'abbracciava e la baciava teneramente e diceva: "Tu mi hai liberato dall'incantesimo: la vecchia è una strega che mi aveva trasformato in un albero, e tutti i giorni ero per qualche ora un colombo bianco; e finché‚ ella possedeva l'anello, non potevo riacquistare il mio aspetto umano." Anche i suoi servi e i suoi cavalli furono liberati dall'incantesimo, non erano più degli alberi e gli stavano accanto. Poi se ne andarono tutti insieme nel suo regno, poiché‚ egli era il figlio di un re; si sposarono e vissero felici.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024
Tuesday Aug 13, 2024
C'era una volta un giovane cacciatore dall'indole allegra e vivace. Un giorno si recò nel bosco alla posta e, mentre camminava fischiettando con una foglia, incontrò una brutta vecchietta, che gli rivolse la parola e disse: -Buon giorno, cacciatore! Tu sei di buon umore, ma io soffro la fame e la sete: fammi la carità-. Il cacciatore ebbe pietà della povera vecchina, così mise la mano in tasca e le diede quello che aveva. Poi fece per proseguire, ma la vecchia lo trattenne e disse: -Caro cacciatore, ascolta quello che ti dico; voglio farti un regalo per il tuo buon cuore: continua dritto per la tua strada, dopo un po' arriverai a un albero, sul quale ci saranno nove uccelli che si azzufferanno per un mantello. Allora prendi la mira e spara nel mucchio: lasceranno cadere il mantello, ma anche uno degli uccelli sarà colpito e cadrà a terra. Prendi il mantello, è magico: se te lo getti sulle spalle e desideri di trovarti in qualche luogo, in un baleno ci sarai. L'uccello morto, invece, devi aprirlo, togliergli il cuore e ingoiarlo intero; ogni mattina, alzandoti, troverai una moneta d'oro sotto il guanciale, e ciò grazie all'uccello-. Il cacciatore ringraziò l'indovina e pensò fra s‚: "Belle cose, se solo si avverassero!-. Ma dopo aver fatto un cento passi, udì delle strida e dei cinguettii fra i rami, sopra la sua testa; alzò gli occhi e vide un mucchio d'uccelli che si disputavano un panno con i becchi e con le zampe, e strillavano, tiravano e si azzuffavano, come se ciascuno lo volesse per s‚ solo. -Che strano!- disse il cacciatore -è proprio come ha detto la nonnina.- Si tolse di spalla il fucile, prese la mira e sparò nel mucchio, facendo volare le piume all'intorno. Subito gli uccelli presero la fuga levando alte strida, uno però cadde a terra morto, e scese pure il mantello. Allora il cacciatore fece quello che gli aveva ordinato la vecchia, aprì l'uccello, cercò il cuore, lo ingoiò e si portò a casa il mantello. Il mattino dopo, quando si svegliò, gli venne in mente la promessa, e volle vedere se si era avverata. Alzò il cuscino, ed ecco una moneta d'oro sfavillante; il mattino dopo ne trovò un'altra, e così via ogni giorno, al risveglio. Raccolse un bel gruzzolo d'oro, e alla fine pensò: "A che mi serve tutto quest'oro, se resto a casa? Me ne andrò a girare il mondo." Prese congedo dai suoi genitori, si mise a tracolla il carniere e il fucile, e se ne andò. Un giorno gli accadde di attraversare un fitto bosco, e quando terminò, ecco davanti a lui, in una pianura, uno splendido castello. A una finestra era affacciata una vecchia con una bellissima fanciulla, e guardava giù. La vecchia però era una strega, e disse alla fanciulla: -Dal bosco sta arrivando uno che ha in corpo un gran tesoro; perciò dobbiamo abbindolarlo, mia cara, quella è roba che si addice più a noi che a lui. Ha in un corpo un cuore d'uccello, e per questo ogni mattina c'è una moneta d'oro sotto il suo guanciale-. E le raccontò tutta la faccenda e che parte ella dovesse fare; poi alla fine le disse, facendole gli occhiacci: -Se non mi ubbidisci, guai a te!-. Il cacciatore avvicinandosi, scorse la fanciulla e pensò: "Ho girato tanto che voglio riposarmi in questo bel castello; denaro ne ho in abbondanza." Ma, in realtà, egli aveva gettato gli occhi su quella bellezza. Entrò nella casa e fu accolto con cordialità e gentilmente ospitato. Non tardò molto a innamorarsi della figlia della strega, tanto che non pensava più ad altro, vedeva soltanto i suoi occhi e faceva tutto ciò ch'ella desiderava. Allora la vecchia disse: -Adesso dobbiamo prendere il cuore dell'uccello, non si accorgerà neppure che gli manca-. Preparò un decotto e, quando fu pronto, lo mise in un bicchiere e lo diede alla fanciulla, che dovette portarlo al cacciatore. Ella disse: -Orsù, mio caro, bevi alla mia salute!-. Egli prese il bicchiere, e non appena ebbe ingoiato il decotto, vomitò il cuore dell'uccello. La fanciulla dovette portarlo via di nascosto, e inghiottirlo lei stessa, poiché‚ la vecchia lo voleva. Da quel giorno egli non trovò più sotto il guanciale la moneta d'oro, che si trovava invece sotto il cuscino della fanciulla, dove la vecchia la prendeva ogni mattina. Ma egli era così follemente innamorato, che pensava solo a passare il suo tempo con lei. Allora la vecchia strega disse: -Il cuore d'uccello l'abbiamo, ma dobbiamo ancora prendergli il mantello magico-. La fanciulla rispose: -Quello lasciamoglielo! Ha già perso la sua ricchezza-. La vecchia s'infuriò e disse: -Un mantello come quello è una cosa straordinaria, che si trova raramente a questo mondo: perciò devo assolutamente averlo-. Disse alla fanciulla quel che doveva fare e aggiunse che se non avesse obbedito, sarebbe stata punita. Allora la fanciulla, assecondando la vecchia, si mise alla finestra e guardò lontano, fingendo una gran tristezza. Il cacciatore le domandò: -Perché‚ sei così triste?-. -Ah, tesoro mio!- ella rispose -là di fronte c'è il monte dei granati, dove crescono le pietre più preziose. Le desidero tanto che, se ci penso, divento tutta triste. Ma chi può andare a prenderle? Soltanto gli uccelli che volano possono arrivarci, non certo un uomo!- -Se il tuo dolore è tutto qui- disse il cacciatore -si fa in fretta a scacciarlo.- La prese sotto il suo mantello e desiderò di essere sul monte dei granati; e all'istante vi si trovarono tutti e due. Le pietre preziose brillavano da ogni parte, ch'era una gioia vederle, ed essi raccolsero le più belle e le più preziose. Ma la vecchia, con le sue arti, aveva fatto in modo che al cacciatore si appesantissero le palpebre, sicché‚ questi disse alla fanciulla: -Sediamoci un poco a riposare, sono così stanco che non mi reggo più in piedi-. Si sedettero ed egli le posò la testa in grembo e si addormentò. Quando fu addormentato, ella gli tolse il mantello dalle spalle, se lo mise, raccolse i granati e le gemme e desiderò di essere a casa. Ma quando il cacciatore si svegliò, vide che la sua diletta lo aveva ingannato e lo aveva abbandonato su quel monte selvaggio. -Ah!- esclamò -quanta perfidia c'è a questo mondo!- e se ne stette là triste e addolorato senza sapere che fare. Ma la montagna apparteneva a dei feroci, terribili giganti, che abitavano lassù, facendone di tutti i colori. Mentre il cacciatore se ne stava seduto là, ne vide tre avvicinarsi a grandi passi. Allora pensò: "L'unico modo per salvarmi è fingere di dormire" e, in fretta, si sdraiò per terra, come se fosse immerso in un sonno profondo. I giganti si avvicinarono, e il primo gli diede una pedata e disse: -Che razza di vermiciattolo se ne sta qui a guardarsi la pancia?-. Il secondo disse: -Calpestalo!-. Ma il terzo disse, superbamente: -Non ne vale la pena! Lasciatelo stare, tanto se sale in cima al monte le nubi lo afferrano e lo portano via-. Così dicendo se ne andarono, ma il cacciatore aveva prestato attenzione alle loro parole e, come si furono allontanati, si arrampicò sulla cima del monte. Poco dopo, si avvicinò una nube, librandosi nell'aria, lo afferrò, lo portò via, vagò qua e là per il cielo, poi si abbassò su un grande orto circondato da mura, sicché‚ egli si posò dolcemente fra i cavoli e gli ortaggi. Il cacciatore si guardò attorno e disse: -Se solo avessi qualcosa da mangiare! Ho tanta fame che sarà difficile proseguire; ma qui non vedo n‚ mele, n‚ pere, n‚ altri frutti: non vi sono che ortaggi-. Alla fine pensò: "In mancanza d'altro, mangerò dell'insalata: mi rinfrescherà e mi irrobustirà." Si cercò un bel cespo d'insalata e si mise a mangiare, ma non appena ebbe inghiottito un paio di bocconi, si sentì molto strano, gli pareva di essere cambiato, e vide con spavento che si era trasformato in un asino. Tuttavia, poiché‚ aveva ancora tanta fame, e l'insalata fresca gli piaceva tanto, continuò a mangiarla avidamente, finché‚ giunse a un'altra specie d'insalata, e come ne ebbe mangiata qualche foglia, sentì un nuovo mutamento e riacquistò fortunatamente il suo aspetto umano. Allora il cacciatore si sdraiò e fece una bella dormita. Il mattino dopo, al risveglio, colse un cespo di insalata cattiva e uno di quella buona e pensò: "Mi serviranno a tornare in possesso di ciò che era mio, e a punire l'infedeltà." Li mise nel carniere, scavalcò il muro e si avviò alla ricerca del castello della sua amata. Dopo aver girato un paio di giorni, ebbe la fortuna di trovarlo. Si scurì in fretta il viso, che neanche sua madre lo avrebbe riconosciuto, entrò nel castello e chiese ospitalità. -Sono così stanco- disse -che non posso proseguire.- La strega gli domandò: -Campagnolo, chi siete, e che mestiere fate?-. Egli rispose: -Sono un messaggero del re, che mi ha mandato a cercare l'insalata migliore che vi sia al mondo. Ho avuto la fortuna di trovarla e ce l'ho con me; il sole però scotta troppo e rischia di farmi appassire le foglie più tenere, perciò non so se la porterò più lontano-. La vecchia, sentendo parlare dell'insalata tanto buona, ebbe voglia di assaggiarla e disse: -Caro campagnolo, lasciatemi mangiare un po' di quell'insalata straordinaria-. -Perché‚ no?- rispose egli -ne ho presi due cespi, ve ne darò uno.- Aprì il carniere e le porse quello cattivo. La vecchia non pensò a un tranello, e la nuova pietanza le faceva venire l'acquolina in bocca, tanto che andò di persona in cucina a prepararla. Quando fu pronta, non pot‚ aspettare che fosse in tavola, ma ne prese subito qualche foglia, e se la mise in bocca. Ma non appena l'ebbe inghiottita, perse l'aspetto umano e corse giù in cortile, trasformata in asina. In cucina, intanto, arrivò la serva, vide l'insalata pronta e volle portarla in tavola, ma per strada, secondo la sua vecchia abitudine, fu presa dalla voglia di assaggiarla e ne mangiò due foglie. Quelle mostrarono all'istante il loro potere magico: diventò un'asina anche la serva e corse fuori dalla vecchia, mentre il piatto d'insalata cadde a terra. Nel frattempo il messaggero se ne stava con la bella fanciulla e, siccome non veniva mai nessuno con l'insalata, e anche lei ne aveva voglia, ella disse: -Chissà che fine ha fatto l'insalata!-. Il cacciatore pensò: -Avrà già prodotto il suo effetto!" e disse: -Andrò in cucina a vedere-. Quando scese, vide le due asine che correvano in cortile, e l'insalata per terra. -Bene, bene- disse -quelle due hanno avuto ciò che meritavano!- Raccolse le foglie avanzate, le mise nel piatto e le portò alla fanciulla. -Vi porto io stesso questa delizia- disse -perché‚ non dobbiate aspettare ancora.- Ella ne mangiò e subito perse il suo aspetto umano come le altre due, e corse in cortile, trasformata in asina. Poi il cacciatore si lavò la faccia, perché‚ le trasformate potessero riconoscerlo, scese in cortile e disse: -Adesso riceverete la ricompensa per la vostra infedeltà-. Le legò tutte e tre a una corda, e le condusse via, finché‚ giunse a un mulino, e bussò alla finestra del mugnaio. -Che cosa c'è?- domandò il mugnaio. Egli rispose: -Ho qui tre bestiacce. Se volete prenderle voi, procurar loro lo strame e il foraggio, e trattarle come vi dico io, vi pagherò quel che volete-. -Perché‚ no?- disse il mugnaio. -Ma come devo trattarle?- Allora il cacciatore disse che l'asina vecchia, cioè la strega, doveva bastonarla tre volte al giorno e non darle mai da mangiare; quella un po' più giovane, cioè la serva, doveva bastonarla una volta al giorno e darle tre razioni di foraggio; quella più giovane di tutte, cioè la fanciulla, non doveva bastonarla mai, e doveva darle tre razioni di foraggio al giorno, perché‚ non poteva sopportare che la bastonassero. Poi tornò al castello e trovò tutto ciò che gli occorreva. Dopo qualche giorno arrivò il mugnaio e disse che, a ricevere solo bastonate e neanche una razione di foraggio, la vecchia asina era morta. -Le altre due- proseguì -non sono morte, e ricevono ogni giorno da mangiare, ma sono così tristi, che non andranno avanti per molto.- Allora il cacciatore s'impietosì, scordò la sua collera e disse al mugnaio di riportarle indietro. Quando giunsero al castello, diede loro da mangiare l'insalata buona, sicché‚ ridiventarono esseri umani. La bella fanciulla cadde allora in ginocchio davanti a lui e disse: -Ah, amor mio! Perdonatemi il male che vi ho fatto: mia madre mi ci ha costretta, ma l'ho fatto contro la mia volontà, perché‚ io vi amo con tutto il cuore. Il vostro mantello magico è appeso in un armadio, e prenderò qualcosa per vomitare il cuore d'uccello-. Allora egli cambiò idea e disse: -Tienilo pure, è lo stesso, perché‚ diventerai la mia sposa fedele-. Così furono celebrate le nozze ed essi vissero felici insieme fino alla morte.Questo episodio è offerto da Podbean.com.