Fiabe dei Grimm

Le Fiabe dei Fratelli Grimm, originariamente compilate da Jacob e Wilhelm Grimm, sono una raccolta di racconti popolari senza tempo che incantano i lettori da secoli. Questi racconti sono un tesoro di folklore, con storie di coraggio, magia e moralità che risuonano attraverso le generazioni. Dai classici come ”Cenerentola”, ”Biancaneve” e ”Hansel e Gretel”, a gemme meno conosciute come ”Il Pescatore e sua Moglie” e ”Rumpelstiltskin”, ogni storia offre uno sguardo sulla ricca tessitura della tradizione orale europea. Le Fiabe dei Grimm sono caratterizzate dai loro personaggi vivaci, lezioni morali e spesso toni oscuri, riflettendo le dure realtà e gli elementi fantastici dei loro contesti storici. Il loro fascino duraturo risiede nella loro capacità di intrattenere, insegnare e ispirare meraviglia, facendole diventare una pietra miliare della letteratura per bambini e una fonte di fascinazione per studiosi di folklore e narrazione.

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Episodes

Tuesday Aug 13, 2024

Quando Adamo ed Eva furono cacciati dal Paradiso, sono stati costretti a costruire una casa per se stessi a terra infruttuosa, e mangiare il loro pane nel sudore della fronte. Adam scavato la terra, ed Eva durata. Ogni anno Eva ha portato un bambino nel mondo; ma i bambini erano a differenza di ogni altro, alcuni piuttosto, e un po 'brutto. Dopo molto tempo era passato, Dio mandò un angelo a loro, per annunciare che stava venendo a ispezionare la loro famiglia. Eva, deliziato che il Signore dovrebbe essere così gentile, pulito la sua casa con diligenza, addobbata con i fiori, e cosparse canne sul pavimento. Poi ha portato i suoi figli, ma solo quelle belle. Si lavò e li bagnò, pettinati i capelli, ha messo vesti pulita su di loro, e li ammonì a comportarsi decorosamente e modestamente alla presenza del Signore. Essi dovevano inchinarsi davanti a lui civilmente, tenere le loro mani, e per rispondere alle sue domande con modestia e sensibilità. Le brutte bambini sono stati, tuttavia, non si fanno vedere. Uno si nascose sotto il fieno, un altro sotto il tetto, un terzo nella paglia, il quarto nella stufa, il quinto in cantina, il sesto sotto il moggio, la settima sotto il vino barile, l'ottava sotto una vecchia pelliccia mantello, il nono e il decimo sotto la stoffa di cui ha sempre fatto i loro vestiti, e l'undicesimo e il dodicesimo sotto la pelle da cui ha tagliato le scarpe.
Lei aveva appena avuto pronto, prima che ci fosse un bussare alla porta di casa. Adam guardò attraverso una fessura, e vide che era il Signore. Adam aprì la porta rispettosamente, e il Padre celeste entrò. Lì, in una fila, in piedi graziosi bambini, e si inchinò davanti a lui, tese la mano, e si inginocchiò. Il Signore, però, cominciò a benedirli, pose le mani sul primo, e disse: "tu sarai un re potente;" e il secondo, "Tu un principe," per il terzo, "Tu un conte," per il quarto, "Tu un cavaliere," per il quinto, "Tu un nobile," per il sesto, "Tu un borghese, "per il settimo," Tu un mercante, "per l'ottavo," Tu un uomo istruito. "Ha conferito a loro anche tutte le sue più ricche benedizioni. Quando Eva vide che il Signore era così mite e gentile, pensò, "Io porterò qua i miei bambini malati favorita inoltre, può essere che egli concederà la sua benedizione su di loro allo stesso modo."
Corse allora e li ha portati fuori dal fieno, la paglia, la stufa, e ovunque li aveva nascosti. Poi è arrivata l'intero grossolano, sporco, squallido, fascia fuligginoso. Il Signore sorrise, guardò tutti loro, e disse: "Io ti benedirò questi anche." Egli pose le mani sul primo, e gli disse: "Tu sarai un contadino," per il secondo, "Tu un pescatore," per il terzo, "Tu un fabbro," per il quarto, "Tu conciatore, "per il quinto," Tu un tessitore, "per il sesto, tu un calzolaio," per il settimo, "Tu un sarto," per l'ottavo, "Tu un vasaio," per il nono, "Tu un carrettiere," al decimo, "Tu un marinaio," per l'undicesimo, "Tu un garzone," al dodicesimo, "Tu un Scullion tutti i giorni della tua vita."
Quando Eve aveva sentito tutto questo, disse: "Signore, come inegualmente tu dividest tuoi doni! Dopo tutto sono tutti figli miei, che ho portato nel mondo, i tuoi favori deve essere somministrato a tutti uguali." Ma Dio rispose: "Eva, tu non capisco è giusto e necessario che tutto il mondo dovrebbe essere fornita dai tuoi figli;.? Se fossero tutti i principi e signori, che sarebbero cresciuti mais, trebbiare esso, macinare e cuocere Chi sarebbe fabbri, tessitori, falegnami, muratori, operai, sarti e sarte? Ognuno deve avere il suo posto, in modo che uno deve sostenere l'altro, e tutti devono essere nutriti come le membra di un solo corpo. "Poi Eva rispose: "Ah, Signore, perdonami, ero troppo veloce nel parlare di te. Avere la tua volontà divina con i miei figli."Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Tuesday Aug 13, 2024

C'era una volta una donnetta vecchia, vecchissima, che viveva col suo branco di oche, in una radura fra i monti e là aveva una casetta. La radura era circondata da un gran bosco, ogni mattina la vecchia prendeva le stampelle e arrancava nel bosco. E la vecchia donna era molto occupata, molto di più di quanto competesse alla sua età: faceva erba per le sue oche, per sé coglieva frutta selvatica quella che si trovava a portata di mano, e portava a casa tutto sulla schiena. Si poteva pensare che quel gran peso potesse schiacciarla al suolo, invece lo portava a casa senza gran fatica. Se incontrava qualcuno lo salutava con molta gentilezza: "Buon giorno, compaesano, oggi il tempo è bello! Già, certo vi stupirete che mi tiri dietro quest'erba, ma ciascuno ha da prendersi il suo peso sulle spalle."
Ma la gente non la incontrava volentieri e preferiva allungar la strada, se un padre le passava accanto con il suo bambino, subito gli sussurrava: "Guardati da quella vecchia, è furba come il diavolo, è una strega." Una mattina veniva attraverso il bosco un bel giovane! Il sole splendeva alto, gli uccelli cantavano e fra gli alberi spirava una brezza fresca, ed egli era contento e felice. Non aveva ancora incontrato nessuno, quando d'un tratto scorse la vecchia strega inginocchiata che tagliava l'erba con la roncola. In un telo ne aveva già messo un bel pò, e lì accanto c'erano due cesti pieni di pere e di mele selvatiche. "Ma nonnina," disse egli, "come fai a portar via tutta questa roba?" - "Debbo portarla, caro signore," rispose lei, "i figli dei ricchi non ne hanno bisogno. Ma presso i contadini si dice:
Non ti guardare attorno rimani gobbo tutto il giorno.
"Volete aiutarmi?," disse quando egli le si fermò accanto, "Voi avete la schiena bella dritta e le gambe giovani, per voi sarà facile. Poi la mia casa non è lontana: sta in una radura, là dietro quel monte. In due salti ci siete." Il giovane ebbe pietà della vecchia: "Veramente mio padre non è contadino," rispose, "è un conte e molto ricco, ma perché possiate vedere che non sono solo i contadini che sanno portar pesi, prenderò il vostro fastello." - "Se volete provare," disse la vecchia, "mi farà di certo piacere! Certo c'è da camminare per un'ora, ma che vi importa! E dovete portarmi anche le mele e le pere." Il giovane conte si insospettì sentendo parlare di un'ora di cammino, ma la vecchia non lo lasciò più andare, gli cacciò il fieno sulla schiena e al braccio i due canestri. "Vedete, sono leggeri come la piuma," disse. "No, non sono per niente leggeri," rispose il conte con una smorfia di dolore, "il fascio d'erba pesa come se fosse di pietra, e le mele e le pere hanno un peso tale che paiono di piombo, quasi mi manca il fiato." Aveva voglia di piantar lì tutto, ma la vecchia non gli dava pace. "Guarda un pò," disse con voce beffarda, "il giovanotto non vuole portare quello che una vecchia come me si è tirata dietro tante volte. A dir belle parole son pronti tutti, ma se si fa sul serio se la vogliono svignare. "Cosa aspetta," proseguì, "dai si muova. Quel fagotto non glielo toglie più nessuno." Fino a che il giovane camminava sul piano, poteva ancora resistere, ma quando giunsero al monte e dovettero salire, e i sassi rotolavano sotto i piedi come se fossero vivi, allora non ce la fece più. Gocce di sudore gli bagnavano la fronte e gli scivolavano giù per la schiena, ora gelide ora cocenti. "Nonnina," disse, "non ce la faccio più debbo riposarmi un pò!" - "Niente affatto," rispose la vecchia, "quando saremo arrivati potrete riposarvi, ma ora si va avanti. Chissà che non vi faccia bene." - "Vecchia, sei veramente insolente," disse il giovane, e voleva gettare a terra il fardello, ma era tutto inutile, gli stava attaccato alla schiena come se l'erba avesse messo radici! Si girò e si scosse qua e là ma non riusciva a liberarsi. La vecchia rideva e saltava con la sua gruccia, tutta contenta. "Non arrabbiatevi, caro signore, diventate rosso in faccia come un tacchino," disse, "portate il fardello con pazienza e quando saremo a casa vi darò una buona mancia."
E lui cosa poteva fare? Dovette rassegnarsi al suo destino e trascinarsi con pazienza dietro alla vecchia. Questa pareva farsi sempre più contenta e giuliva e il carico sempre più pesante. D'un tratto ella fece un balzo, saltò sul fardello, vi ci si accomodò bene e, secca e magra com'era pesava più d'una bella contadinotta. Al giovane tremavano le ginocchia, ma se non proseguiva, la vecchia lo picchiava sulle gambe con una verga o con delle ortiche. Sempre lamentandosi, egli salì il monte e, alla fine, giunse alla casa della vecchia, proprio quando stava per stramazzare al suolo. Quando le oche videro la vecchia, alzarono le ali. allungarono il collo e le corsero incontro schiamazzando "qua qua." Dietro al branco, con una verga in mano, veniva una vecchia donna, grande e grossa e brutta come la notte. "Signora madre," disse questa alla vecchia "vi è capitato qualche cosa, siete stata via tanto!" - "Tranquillizzati, figlia mia," rispose quella, "non mi è capitato niente di male, al contrario, questo buon signore ha portato il mio carico e, pensa, quando ero stanca, ha caricato anche me sulla sua schiena. La strada non ci è parsa affatto lunga, siamo stati in buona allegria e abbiamo scherzato assieme." Alla fine la vecchia scivolò giù fino per terra, gli tolse il fardello dalla schiena e i cesti dal braccio, lo guardò benevolmente e gli disse: "Adesso mettetevi sulla panca davanti all'uscio e riposate. Vi siete guadagnato il vostro compenso e lo avrete." Poi disse alla guardiana delle oche: "Tu va in casa, figlia mia, non va bene che rimani sola con un giovanotto, non si deve versar olio sul fuoco, potrebbe innamorarsi di te." Il conte non sapeva se piangere o ridere, "un tesoruccio come questo, anche se avesse trent'anni di meno, non toccherebbe certo il mio cuore."
Intanto la vecchia accarezzava e coccolava le sue oche come fossero bambini, poi entrò in casa con la figlia. Il giovane si sdraiò sulla panca sotto un melo selvatico. L'aria era dolce e tiepida, tutt'attorno si stendeva un bel prato verde. pieno di primule, timo selvatico e mille altri fiori, là in mezzo mormorava un ruscello limpido e sopra splendeva il sole, le tre oche bianche passeggiavano su e giù e si bagnavano nell'acqua. "E proprio bello qui," disse il giovane, "ma sono talmente stanco che non riesco a tener gli occhi aperti, dormirò per un pò. Basta che un colpo di vento non mi porti via le gambe, perché me le sento molli come la ricotta."
Dormiva da poco quando venne la vecchia e lo svegliò scrollandolo. "Alzati," disse, "non puoi restare qui. Ti ho tormentato. è vero, ma non ci hai poi rimesso la pelle. Ora avrai la tua ricompensa - denaro e beni non te ne servono, eccoti qualcosa d'altro." E gli mise in mano una scatoletta, ricavata da un unico smeraldo. "Conservala con cura," disse, "ti porterà fortuna." Il conte balzò in piedi e, sentendosi fresco e rinvigorito, ringraziò la vecchia del suo dono e si incamminò senza nemmeno voltarsi a rimirare la bella figlia. Aveva già fatto un bel pezzo di strada che ancora udiva l'allegro schiamazzare delle oche. In quella selvaggia radura il conte dovette vagare per tre giorni, prima di trovare la strada per uscire. Arrivò poi in una grande città e, siccome nessuno lo conosceva, lo condussero al castello reale, dove il re e la regina sedevano sul trono.
Il conte fece un inchino, trasse lo smeraldo di tasca e lo porse alla regina. Ma appena la regina l'aprì e vi guardò dentro, cadde a terra come morta. Il conte fu arrestato dai servitori del re e stavano proprio per portarlo in prigione, quando la regina riaprì gli occhi e gridò di lasciarlo libero e che tutti uscissero dalla sala perché voleva parlare da sola con lui. Quando furono soli, la regina scoppiò in lacrime e disse: "A cosa mi servono il lusso e gli onori che mi circondano se ogni mattina mi sveglio nell'ansia e nel dolore? Io ho avuto tre figlie, e la minore era talmente bella, che tutti ne rimanevano incantati! Era bianca come la neve, rosea come i fiori di melo e i suoi capelli brillavano come raggi di sole. Se piangeva, dai suoi occhi non cadevano lacrime, ma perle e pietre preziose! Quando ebbe quindici anni, il re fece comparire le figlie davanti a lui! Avreste dovuto vedere che occhi fece la gente quanto entrò la più piccola, pareva che sorgesse il sole." Il re disse: "Figlie mie, non so quando verrà il mio ultimo giorno e fino da ora voglio stabilire quello che ognuna di voi avrà dopo la mia morte! So che mi amate tutte e tre, ma quella che mi ama di più avrà la parte migliore." Ognuna disse che lo amava più delle altre. "Non sapetedirmi come mi amate?," rispose il re "così capirò il vostro pensiero." La maggiore disse: "Amo mio padre come il più dolce degli zuccheri." La seconda disse: "Amo mio padre come il vestito più bello." Ma la più piccola taceva. Allora il padre le chiese: "E tu mia carissima piccina, come mi ami?." - "Non so, non so paragonare a nulla il mio amore," disse la più piccola. Ma il padre insisteva che nominasse qualche cosa. Alla fine ella disse: "Il miglior cibo non mi piace senza sale, così amo mio padre come il sale." All'udirla il re si indignò e disse: "Se mi ami come il sale, il tuo amore sarà ricompensato con il sale."
Divise il regno fra le due prime figlie e alla più piccola fece legare un sacco di sale sulla schiena e due servi dovettero condurla nel bosco selvaggio. "Tutti abbiamo pregato ed implorato per lei," disse la regina, "ma la collera del re fu implacabile! Come piangeva la povera piccola quando dovette lasciarci. Tutta la strada fu cosparsa dalle perle che sgorgavano dai suoi occhi. Ben presto il re si pentì della sua crudeltà e mandò a cercare la fanciulla per tutto il bosco, ma nessuno riuscì a trovarla. Quando penso che le bestie feroci l'avranno divorata sono fuori di me dal dolore, talvolta mi consolo e penso che sia ancora viva e che si sia nascosta in una grotta, o abbia trovato rifugio presso qualche anima buona. Ma pensate, quando ho aperto la vostra scatolina di smeraldo, dentro c'era una perla, proprio uguale a quelle che scorrevano dagli occhi di mia figlia. Potete immaginare come d mio cuore si sia commosso a quella vista. Ditemi ora da dove viene questa perla?"
Il conte raccontò che gliela aveva data la vecchia del bosco, e che gli era risultata strana, che probabilmente era una strega, ma la figlia della regina non l'aveva vista e non ne aveva sentito parlare. Il re e la regina vollero cercare la vecchia, pensavano che dove c'era la perla lì doveva esserci anche la loro figliola.
Fuori nella radura selvaggia sedeva la vecchia e filava. Era già buio e qualche pezzo di legna che ancora ardeva nel camino mandava una luce fioca. Fuori, d'un tratto ci fu un gran baccano. le oche tornavano dalla pastura e facevano delle grida roche. Poco dopo entrò anche la figlia. La vecchia rispose appena al suo saluto e crollò un poco la testa. La figlia sedette accanto a lei; prese l'arcolaio e si mise a filare, veloce come una fanciullina. Così continuarono per due ore senza scambiarsi parola. Alla fine si udì un fruscio alla finestra e guardarono dentro due grandi occhi di fuoco: era un vecchio gufo che per tre volte gridò "Uhu." La vecchia alzò appena gli occhi, poi disse: "ora è tempo, figliola, che tu esca a fare il tuo lavoro."
La figlia si alzò ed uscì. Ma dove andò? Attraverso i prati. giù giù fino alla valle, fino a che giunse ad una fonte dove c'erano tre vecchie querce. La luna era grande e tonda sopra la montagna ed era tanto chiaro che si sarebbe potuto trovare uno spillo. Ella si tolse una pelle che aveva sul viso, poi si chinò sulla fonte e cominciò a lavarsi. Quando ebbe finito immerse anche la pelle nell'acqua e la mise sul prato perché si imbiancasse e si asciugasse alla luce di quella luna. Ma come si era trasformata la ragazza! Una cosa del genere di certo non l'avete mai vista. Appena la treccia grigia cadde, ecco sgorgare i capelli d'oro come raggi di sole, e come un manto le ricoprirono tutta la persona. Non si vedevano che gli occhi, scintillanti come le stelle del cielo, e le guance ardevano di un tenue rosa, come fiori di melo. Ma la bella fanciulla era triste, sedette e pianse amaramente: una dopo l'altra le lacrime le scorrevano dagli occhi e rotolavano fra i lunghi capelli. Così stava e sarebbe rimasta a lungo, se non avesse udito uno scricchiolio e un fruscio fra i rami dell'albero vicino.
Balzò in piedi come un capriolo che sente lo sparo del cacciatore. Proprio in quel momento la luna fu coperta da una nuvola scura, in un attimo la fanciulla indossò la vecchia pelle e scomparve come una lampada spenta dal vento. Tremando come una foglia tornò a casa di corsa. La vecchia era sulla soglia e la fanciulla voleva narrarle quello che le era accaduto, ma la vecchia rise con benevolenza e disse: "So già tutto." La condusse nella stanza e buttò un altro legno sul fuoco. Ma non tornò a sedersi all'arcolaio, prese una scopa e si mise a spazzare e a strofinare. "Deve essere tutto lindo e pulito," disse alla fanciulla. "Ma madre, perché vi mettere al lavoro così tardi? Cosa volete fare?" - "Sai che ore sono?," domandò la vecchia. "Non ancora mezzanotte," rispose la fanciulla, "ma le undici sono sicuramente passate" - "Non ricordi?," proseguì la vecchia "oggi sono tre anni che sei venuta da me. Il tuo tempo è trascorso, non possiamo più rimanere assieme." La fanciulla si spaventò e disse: "Cara mamma, volete scacciarmi? Dove andrò mai? Non ho casa né amici a cui rivolgermi. Ho fatto tutto quello che mi avete ordinato, di me siete sempre stata contenta, non scacciatemi." La vecchia non voleva dirle quello che l'aspettava. "Io non posso più stare qui," le disse, "ma prima che me ne vada tutto deve essere pulito, perciò non trattenermi nel mio lavoro. Quanto a te, non preoccuparti, avrai un tetto sotto cui abitare e poi sarai contenta del compenso che ti darò." - "Ma ditemi almeno cosa mi accadrà," disse ancora la fanciulla. "Ti ripeto, non disturbarmi nel lavoro. Non parlare più e vattene nella tua stanza, togliti la pelle dal viso e mettiti l'abito di seta che portavi quando sei venuta da me e poi aspetta fino a che ti chiamerò." Ma torniamo al re e alla regina, che erano partiti con il giovane conte e volevano ritrovare la vecchia della radura selvaggia. Di notte il conte li aveva preceduti nel bosco e poi perduti, così dovette proseguire da solo. Il giorno dopo gli era parso d'essere sulla strada giusta. Continuò a camminare finché si fece buio, e allora salì su di un albero per passarvi la notte perché temeva di smarrirsi di nuovo. Quando la luna illuminò il bosco, scorse una figura che scendeva dal monte. Non aveva in mano la verga, ma egli la riconobbe come la guardiana delle oche, che aveva visto presso la casa della vecchia. "Eccola," pensò, "se c'è una delle streghe non mi sfuggirà nemmeno l'altra." Ma rimase di sasso, quando ella si accostò alla fonte, si tolse la pelle, si lavò e le si sciolsero i capelli d'oro. Era così bella come mai ne aveva vista qualcuna al mondo. Egli osava appena respirare, ma allungò il collo fra le foglie più che gli era possibile, senza togliere gli occhi di dosso. O che si fosse sporto troppo, o per qualche altro mo­tivo, d'un tratto il ramo scricchiolò, e subito la fanciulla si infilò la pelle e corse via come un capriolo. In quell'istante si coprì la luna ed egli non la vide più.
Appena fu sparita, il conte scese dall'albero e l'inseguì di corsa. Non aveva fatto molta strada, quando nella fioca luce scorse due figure che vagavano per il prato. Erano il re e la regina, che da lontano avevano scorto la luce nella casetta della vecchia, e là dirigevano i loro passi! Il conte narrò loro di quale meraviglia era stato spettatore alla fonte ed essi non dubitarono che quella fosse proprio la loro figliola perduta. Arrivarono pieni di gioia alla casetta, le oche stavano attorno alla casa con la testolina sotto l'ala e dormivano, e nessuna di loro si mosse. Essi guardarono dalla finestra. La vecchia sedeva in silenzio e filava. faceva solo un cenno di assenso con la testa, ma non si guardava mai attorno. Tutto nella stanza ora era pulitissimo, come se ci abitassero gli omini della nebbia, che mai hanno i piedi impolve­rati. Ma non videro la loro figliola. Per un pò stettero a guardare ben bene, poi si fecero coraggio e bussarono piano piano alla finestra. Parve che la vecchia li aspettasse, si alzò e gridò allegramente: "Entrate pure, vi conosco già." Quando furono dentro. ella disse: "Avreste potuto risparmiarvi questo lungo cammino, se tre anni fa non aveste scacciato ingiustamente vostra figlia, che è tanto buona ed affettuosa. A lei non ho fatto alcun male. per tre anni ha dovuto custodir le oche, così non ha imparato nulla di male e ha mantenuto puro il suo cuore. Ma voi siete stati puniti abbastanza dall'angoscia nella quale siete vissuti." Poi si avvicinò alla stanza e chiamò: "Esci, piccina mia!." La porta si aprì e la principessa comparve nella sua veste di seta, coi suoi capelli d'oro e gli occhi come stelle, e parve che un angelo fosse sceso dal cielo.
Si accostò ai genitori, li abbracciò e baciò e tutti piansero di gioia. Il giovane conte era accanto a loro, e quando ella lo vide si fece rossa in viso come una rosa muschiata, e lei stessa non sapeva il perché. Il re disse: "Il mio regno lo ho donato, cara bambina, cosa devo darti?." - "Non ha bisogno di nulla," disse la vecchia, "io le dono le lacrime che ha pianto per voi, sono perle, più belle di quelle che si trovano nel mare, e valgono più di tutto il vostro regno! E in compenso dei suoi servigi le lascio la mia casetta." Detto ciò la vecchia sparì. Si udì un lieve scricchiolio nelle pareti e, come si guardarono attorno, videro che la casetta si era trasformata in un meraviglioso palazzo, una tavola regale era già apparecchiata e i servitori correvano qua e là.
La storia continua, ma mia nonna che me la ha raccontata, aveva ormai poca memoria, e il resto se l'era dimenticato. Comunque immagino che la bella principessa abbia sposato il conte e che siano rimasti assieme al castello e che là abbiano vissuto, fino a che Dio lo ha permesso, in tutta felicità. Se poi le candide oche custodite vicino al castello fossero tutte fanciulle (nessuna se ne abbia a male) che la vecchia aveva tenuto con sé e che poi abbiano ripreso figura umana, e siano divenute ancelle della giovane regina, su ciò non so niente di preciso, ma credo proprio di sì.
Certo quella vecchia non era una strega, come la gente pensava, ma una vecchia saggia che faceva del bene. Probabilmente, alla nascita della principessa, era stato proprio suo il dono di pianger perle invece che lacrime. Oggi non succede più, altrimenti i poveri diverrebbero presto ricchi.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Mastro Punteruolo

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Maestro Pfriem stata una breve, sottile, ma vivace uomo, che non ha mai riposato un attimo. Il suo volto, di cui il suo naso all'insù era l'unica caratteristica di rilievo, è stato segnato con vaiolo e pallida come la morte, i suoi capelli erano grigi e arruffati, gli occhi piccoli, ma si guardò perennemente su tutti i lati. Ha visto tutto, ha criticato tutto, sapeva tutto meglio, ed era sempre nel giusto. Quando andò per le strade, muoveva le braccia come se stesse remando; e una volta che ha colpito il secchio di una ragazza, che portava l'acqua, così in alto in aria che egli stesso era bagnato tutto da esso. "Cosa stupida," gridò lui a lei, mentre lui tremava se stesso, "hai potuto non vedere che stavo arrivando dietro di te?" In commercio era un calzolaio, e quando lavorava ha tirato fuori il suo filo con tale forza che ha guidato il pugno in ogni uno che non mantengono abbastanza lontano. Non apprendista dormito più di un mese con lui, perché aveva sempre qualche colpa per trovare il migliore lavoro. Un tempo era che i punti non erano ancora, in un altro che una scarpa era troppo lungo, o un tacco più alto dell'altro, o la pelle non taglia abbastanza grande. "Aspetta," disse al suo apprendista, "Io presto ti mostrerò come facciamo pelli morbide," e ha portato una cinghia e gli diede un paio di colpi sulla schiena. Egli li chiamò tutti pigri. Egli stesso non girare molto lavoro dalle sue mani, perché mai seduto ancora per un quarto d'ora. Se sua moglie si alzò molto presto la mattina e accese il fuoco, saltò giù dal letto, e corse a piedi nudi in cucina, gridando: "Vuoi tu bruciare la mia casa per me? Questo è un fuoco si potrebbe arrostire un ox da! Fa costo legno niente? "Se i servi erano in piedi dai loro lavatoi e ridendo, e raccontando l'un l'altro tutto quello che sapevano, li sgridò, e disse: "Vi spiccano le oche schiamazzando, e dimenticando il loro lavoro, pettegolezzi! E perché fresco di sapone? Stravaganza Vergognoso e vergognoso l'ozio per giunta! vogliono salvare le loro mani, e non strofinare le cose per bene! "E fuori che sarebbe correre e battere un secchio pieno d'acqua sopra e sapone, in modo che tutta la cucina era allagata. Qualcuno stava costruendo una nuova casa, così si affrettò alla finestra a guardare. "C'è, stanno usando quel rosso sabbia pietra ancora che non si asciuga mai!" esclamò lui. "Nessuno potrà mai essere sano in quella casa! E basta guardare quanto male i compagni stanno gettando le pietre! Inoltre, la malta è un bene per niente! Dovrebbe avere ghiaia in essa, non la sabbia. Vivrò a vedere quella casa ruzzolare sulle persone che sono in esso. "Si sedette, mise un paio di punti a, e poi saltò di nuovo, slacciò la pelle grembiule, e gridò: "Voglio solo uscire e fare appello alle coscienze di quegli uomini." Inciampò sui falegnami. "Che cos'è questo?" esclamò, "non si lavora dalla linea Ti aspetti le travi di essere dritto -!?. quella sbagliata metterà tutto sbagliato" Afferrò un'ascia dalla mano di un falegname e voleva fargli vedere come avrebbe dovuto tagliare; ma come un carro carico di argilla passava, gettò l'ascia di distanza, e si affrettò al contadino che camminava a fianco di esso: "Non sei nella tua mente," disse, "che gioghi cavalli giovani ad un cart pesante-carico? le povere bestie morirà sul posto. "Il contadino non gli ha dato una risposta, e Pfriem in una rabbia tornò di corsa nel suo laboratorio. Quando stava tramontando stesso a lavorare di nuovo, l'apprendista lo raggiunse una scarpa. "Beh, che c'è di nuovo che?" urlò lui, "Non ti ho detto che non deve tagliare scarpe così grandi? Chi avrebbe comprare una scarpa come questa, che è quasi niente altro che una suola? insisto sui miei ordini seguite esattamente." - "Maestro," rispose l'apprendista, "si può facilmente essere abbastanza ragione sulla scarpa di essere uno cattivo, ma è quello che tu stesso tagliato fuori, e te impostato per lavorare a Quando sei saltato un po 'che,. butti fuori dal tavolo, e ho solo appena lo raccolse. un angelo dal cielo , tuttavia, non avrebbe mai farvi credere che."
Una notte sognò Pfriem Maestro era morto, e la sua strada verso il cielo. Quando arrivò, bussò forte alla porta. "Mi chiedo," disse a se stesso, "che non hanno battente sulla porta, - uno bussa proprie nocche doloranti." L'apostolo Pietro aprì la porta, e voleva vedere chi ha richiesto l'ammissione così rumorosamente. "Ah, sei tu, Maestro Pfriem;" ha detto, "beh, ti lascio, ma vi avverto che devi rinunciare a quella abitudine di tuo, e trovare da ridire su nulla che si vede in cielo, oppure si può passeranno male." - "Si potrebbe avere risparmiato il tuo avvertimento," rispose Pfriem. "So già che cosa è decoroso, e qui, grazie a Dio, tutto è perfetto, e non c'è nulla da biasimare in quanto vi è sulla terra." Così andò in, e camminava su e giù per le ampie distese del cielo. Si guardò intorno, a sinistra ea destra, ma a volte scosse la testa, o borbottò qualcosa a se stesso. Poi vide due angeli che portavano via un fascio. E 'stata la trave che qualcuno aveva avuto nel suo occhio mentre stava cercando la pagliuzza nell'occhio di un altro. Non hanno, invece, portano la trave longitudinale, ma obliquamente. "Forse qualcuno mai visto un tale pezzo di stupidità?" pensò Maestro Pfriem; ma non disse nulla, e sembrava soddisfatto. "Si tratta della stessa cosa, dopo tutto, in qualunque modo portano il fascio, dritto o storto, se solo andare d'accordo con esso, e veramente non vedo li bussare contro qualsiasi cosa."
Poco dopo vide due angeli che stavano attingere acqua da un pozzo in un secchio, ma allo stesso tempo ha osservato che il secchio era pieno di buchi, e che l'acqua era in esecuzione fuori di esso su ogni lato. Erano irrigato la terra con la pioggia. "Appendere," esclamò; ma fortunatamente se stesso raccoglimento, e pensò: "Forse è solo un passatempo. Se si tratta di un divertimento, allora sembra che possano fare cose inutili di questo genere anche qui in paradiso, dove la gente, come ho già notato, non fanno altro che oziare. "Andò oltre e vide un carro che si era bloccato veloce in un buco profondo. "Non c'è da meravigliarsi," disse l'uomo che stava da esso; "chi sarebbe caricare così irragionevole? quello che hai lì?" - "Auguri," rispose l'uomo, "non potevo andare avanti nel modo giusto con esso, ma ho ancora spinto in modo sicuro qui, e non mi lascerò attaccare qui." In realtà un angelo è venuto e sfruttata due cavalli ad esso. "E 'giusto," pensò Pfriem, "ma due cavalli non otterrà quel carro fuori, deve avere almeno quattro ad essa." Un altro angelo venne e portò altri due cavalli; lei non ha, però, li sfruttare di fronte ad essa, ma dietro. Questo era troppo per il Master Pfriem, "creatura Clumsy," ha scoppiare fuori con, "che cosa stai facendo lì? Ha una qualsiasi mai dal principio del mondo vede un carro trainato in quel modo? Ma voi, nella vostra arroganza presuntuosa, pensare che tu sai tutto meglio. "Stava per dire di più, ma uno degli abitanti del cielo lo afferrò per la gola e lo spinse via con forza irresistibile. Sotto il Maestro porta Pfriem girò la testa rotonda di prendere un altro sguardo al carrello, e vide che veniva sollevato in aria da quattro cavalli alati.
In questo momento il Maestro Pfriem si svegliò. "Le cose sono certamente disposti in cielo altrimenti quello che sono sulla terra," si disse, "e che scusa tanto, ma chi può vedere i cavalli bardati, sia dietro e davanti con pazienza, per essere sicuri che avevano le ali, ma che potevano sapere che? è, inoltre, grande follia di fissare un paio di ali di un cavallo che ha quattro gambe per correre con già! ma devo alzarmi, altrimenti non farà altro che scambia per me a casa mia. si tratta di una cosa fortunata per me però, che io non sono morto davvero."Questo episodio è offerto da Podbean.com.

I messaggeri della morte

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Una volta, tanto tempo fa, un gigante camminava su una strada maestra, quando, d'un tratto gli si slanciò addosso uno straniero e gridò: "Alt, non un passo di più!" - "Come," disse il gigante, "tu nanerottolo che potrei schiacciare con un dito, tu vuoi sbarrarmi la strada? Chi sei da parlare con tanto coraggio?" - "Sono la Morte," rispose l'altro, "e nessuno può resistermi e anche tu dovrai obbedire ai miei ordini." Ma il gigante rifiutò e si mise a lottare con la Morte. Fu una lotta lunga ed aspra, alla fine il gigante ebbe il sopravvento e, con il pugno abbatté la Morte che cadde accanto ad un sasso. Il gigante se ne andò per i fatti suoi e la Morte se ne stava lì sconfitta e così stanca e sfinita che non riusciva più ad alzarsi. "Come finirà," disse, "se mi tocca rimanere in quest'angolo. AI mondo non morirà più nessuno, e sarà così affollato che non ci sarà più posto per tutti." Intanto, per la strada veniva un bel giovane fresco e sano, cantava una canzone e si guardava attorno. Quando vide quell'uomo mezzo svenuto, gli si accostò pieno di compassione, lo sollevò, gli fece bere dalla sua fiaschetta un bel sorso forte e attese che riprendesse le forze. "Sai chi sono?," disse lo sconosciuto alzandosi "sai chi stai aiutando?" - "No," rispose il giovane, "non ti conosco." - "Sono la Morte," disse l'altro, "non risparmio nessuno, e non posso far eccezione nemmeno per te. Tuttavia, perché tu capisca che ti sono riconoscente, ti prometto di non assalirti all'improvviso, e prima di venire a prenderti, di mandarti i miei messagger'." - "Bene," disse il giovane, "tanto di guadagnato a saper quando vieni, almeno, nel frattempo, non ho da temerti." Ma giovinezza e salute non durano a lungo, presto vennero malattie e dolori, che di giorno lo tormentavano e gli impedivano di dormire la notte. "Morire, non morirò," pensava, "la Morte mi manderà i suoi messaggeri, vorrei soltanto che i brutti giorni della malattia passassero in fretta." Appena si sentì meglio, ricominciò a vivere il suo buon tempo. Ed ecco, un giorno qualcuno Oi batté sulla spalla, si volse e dietro stava la Morte che disse: "Seguimi, e arrivata l'ora di dire addio al mondo." - "Come," disse l'uomo, "vuoi forse mancare alla tua parola? Non mi hai promesso che prima di venire mi avresti mandato i tuoi messaggeri? Io non ho visto nessuno." - "Taci," rispose la Morte, "non ti ho mandato un messaggio dopo l'altro? Non ti è venuta la febbre, che ti ha assalito, spossato e squassato? Non sei stato stordito dalla vertigine? L'artrite non ti ha attanagliato le membra? Non hai sentito rombi alle orecchie? E il male ai denti non ti ha roso la bocca? La vista non ti si è oscurata? E, oltre a tutto ciò, mio fratello gemello, il sonno, non ti ha fatto pensare a me, ogni notte? Non giacevi la notte, come se fossi già morto?" L'uomo non seppe rispondere, si rassegnò al suo destino e seguì la Morte.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il termine della vita

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Quando Dio ha creato il mondo e stava per fissare la lunghezza della vita di ogni creatura, il culo è venuto e ha chiesto: "Signore, quanto a lungo vivrò?" - "Trenta anni," rispose Dio; "fa che i Contenuti te?" - "Ah, Signore," rispose l'asino, "che è un tempo lungo Pensate a mia dolorosa esistenza a portare fardelli pesanti dalla mattina alla sera, per trascinare sacchi di grano al mulino, che altri possono mangiare il pane, di essere.! allietato e rinfrescato con niente, ma colpi e calci. me alleviare di una parte di questo lungo periodo di tempo. "Allora Dio ebbe pietà di lui e lo sollevò di diciotto anni. L'asino è andato via confortato, e il cane è apparso. "Quanto tempo Vorresti tu piace vivere?" Dio disse a lui. "Trenta anni sono troppi per il culo, ma tu sarai soddisfatto." - "Signore," rispose il cane, "è che la tua valuterà come dovrò correre, i miei piedi non potrà mai resistere così a lungo, e quando ho tempo perso la voce per abbaiare, ed i denti per mordere, che cosa? sarà lasciato per me da fare che correre da un angolo all'altro e ringhiare?"
Dio vide che aveva ragione, e lo liberò da dodici anni di vita. Poi è arrivata la scimmia. "Tu certamente vivere 30 anni di buon grado?" disse il Signore a lui. "Tu non hai bisogno di lavorare come l'asino e il cane hanno a che fare, e farai sempre godere di te stesso." - "Ah Signore," rispose, "può sembrare come se questo fosse il caso, ma è molto diverso Quando piove polenta ho nessun cucchiaio io sono sempre a giocare scherzi allegri, e fare le facce che costringono la gente.. a ridere, e se mi danno una mela, e io darci dentro, perché è acida! Quanto spesso tristezza si nasconde dietro allegria! sarò mai in grado di resistere per 30 anni. "Dio era gentile e si tolse dieci.
Alla fine l'uomo è apparso, gioioso, sano e vigoroso, e pregò Dio di nominare il suo tempo per lui. "Trent'anni farai vivere," ha detto il Signore. "è sufficiente per te?" - "Quello che un breve periodo di tempo," gridò l'uomo, "quando ho costruito la mia casa e il mio fuoco brucia sul mio cuore, quando ho piantato alberi che fioriscono e portiate frutto, e sto solo con l'intenzione di godere la mia vita, io sono a morire! Signore, allungare il mio tempo." - "Voglio aggiungere ad essa il culo diciotto anni," ha detto Dio. "Non è abbastanza," rispose l'uomo. "Non avrai anche del cane dodici anni." - "Ancora troppo poco!" - "Bene, allora," disse Dio, "Io ti darò dieci anni della scimmia anche, ma più non avrai altro." L'uomo se ne andò, ma non era soddisfatto.
Così l'uomo vive 70 anni. I primi trenta sono i suoi anni umani, che sono presto sparite; allora egli è sano, allegro, lavora con piacere, ed è contento della sua vita. Poi seguire il culo diciotto anni, quando uno dopo l'altro onere è posato su di lui, egli deve portare il grano che alimenta gli altri, e colpi e calci sono la ricompensa dei suoi servigi fedeli. Poi vengono del cane dodici anni, quando si trova in un angolo, e ringhia e non ha più nessun dente a mordere con, e quando questa volta è finito della scimmia dieci anni costituirà la fine. Poi l'uomo è debole, teste e sciocco, fa cose stupide, e diventa lo scherzo dei bambini.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

La luna

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Un tempo c'era un paese, dove la notte era sempre buia e il cielo si stendeva sulla terra come un drappo nero; perché non sorgeva mai la luna e neppure una stella brillava nelle tenebre. Durante la creazione, al mondo era bastata la luce notturna. Una volta quattro giovani lasciarono il paese per girare il mondo e arrivarono in un altro regno dove, la sera, quando il sole era scomparso dietro i monti, c'era su una quercia una palla lucente, che spandeva dappertutto una luce morbida. E si poteva veder bene e discernere ogni cosa, anche se quel lume non risplendeva come il sole. I viandanti si fermarono e domandarono a un contadino, che passava di là col suo carro, che luce fosse mai quella. "è la luna!," rispose, "il nostro sindaco l'ha comprata per tre scudi e l'ha attaccata alla quercia. Tutti i giorni deve tenerla pulita e versarci dell'olio, perché arda sempre chiara. Per quello gli diamo uno scudo alla settimana." Quando il contadino se ne fu andato, disse uno dei quattro: "Questa lampada ci potrebbe servire: al nostro paese abbiamo una quercia, che è grossa come questa, e potremmo appenderla. Che gioia, se di notte non dovessimo andar tastoni al buio!" - "Sentite," disse il secondo, "andiamo a prendere carro e cavalli e portiamo via la luna. Qui possono comprarsene un'altra." - "Io sono bravo ad arrampicarmi," disse il terzo, "la porterò giù." Il quarto andò a prendere un carro coi cavalli, il terzo s'arrampicò sull'albero, fece un buco nella luna, ci passò una fune e la tirò giù. Quando la palla lucente fu sul carro, la coprirono con un panno, perché nessuno s'accorgesse del furto. La portarono felicemente nel loro paese e la misero su un'alta quercia. Vecchi e giovani si rallegrarono quando la lampada nuova cominciò a spander la sua luce su tutti i campi e ne riempì stanze e tinelli. I nani vennero fuori dai crepacci e i piccoli gnomi, nei loro giubbetti rossi, danzarono il girotondo sui prati. I quattro compagni rifornivano la luna di olio, la smoccolavano e ogni settimana ricevevano il loro scudo. Ma diventarono vecchi; e quando uno di loro si ammalò e sentì avvicinarsi la morte, ordinò che un quarto della luna fosse sotterrato con lui come sua proprietà. Quando fu morto, il sindaco salì sull'albero e con i forbicioni tagliò via un quarto di luna, che fu posto nella tomba. La luce della luna diminuì, ma impercettibilmente. Quando morì il secondo, gli fu dato il secondo quarto di luna, e la luce scemò ancora. Diventò ancora più fioca dopo la morte del terzo, che si prese anche lui la sua parte: e quando fu seppellito il quarto, tornò l'antica oscurità. La sera, quelli che uscivano senza lanterna, si scontravano gli uni contro gli altri. Ma quando le quattro parti della luna si ricongiunsero all'inferno, dove sempre avevan regnato le tenebre, i morti divennero inquieti e si destarono dal loro sonno. Si meravigliarono di poter ancora vedere: a loro bastava il lume di luna, perché i loro occhi si erano così indeboliti, che non avrebbero più sopportato lo splendore del sole. Si alzarono tutti allegri e ripresero le antiche abitudini. Alcuni giocavano e ballavano, altri correvano nelle osterie e là ordinavano vino, si ubriacavano, e strepitando e litigando, alla fine alzavano i bastoni e si picchiavano. Il baccano cresceva sempre, finché arrivò su fino in cielo. San Pietro, il portinaio del paradiso, credette che l'inferno fosse in rivolta; e radunò le schiere celesti, perché respingessero il Nemico, se coi suoi compagni avesse tentato di dar l'assalto alla dimora dei santi. Ma siccome non arrivavano mai, montò a cavallo e, per la porta del paradiso, scese all'inferno. Là chetò i morti, li fece coricar di nuovo nelle loro tombe, e si portò via la luna, e la appese lassù.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il gufo

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Due o trecento anni fa, quando le persone erano ben lungi dall'essere così furbo e scaltro come sono ora a un giorno, un evento straordinario ha avuto luogo in una piccola città. Per qualche disgrazia uno dei grandi gufi, chiamati gufi cornuti, era venuto dai boschi vicini nel granaio di una delle abitanti della città di notte-tempo, e quando il giorno è rotto, non ha il coraggio di avventurarsi di nuovo dal suo ritiro, per paura degli altri uccelli, che hanno sollevato un terribile grido ogni volta che è apparsa. Al mattino, quando il servo andò nella stalla a prendere un po 'di paglia, era così potentemente allarmato alla vista del gufo seduto in un angolo, che era scappato e ha annunciato al suo padrone che un mostro, simili, di che non aveva mai posato gli occhi sulla sua vita, e che potrebbe divorare un uomo senza la minima difficoltà, era seduto nella stalla, a rotazione i suoi occhi su nella sua testa. "Io ti conosco già," disse il maestro, "si deve il coraggio di inseguire un merlo sui campi, ma quando si vede una gallina giaceva morto, dovete ottenere un bastone prima di andare vicino ad esso. Devo andare a vedere per me che tipo di mostro che è ," ha aggiunto il maestro, e andò abbastanza arditamente nel granaio e si guardò intorno. Quando, però, vide la strana creatura triste con i suoi occhi, non era meno terrorizzato che il servo era stato. Con due limiti balzò fuori, corse verso i suoi vicini, e li pregò implorante di prestargli assistenza contro un animale sconosciuto e pericoloso, oppure l'intera città potrebbe essere in pericolo se dovesse staccarsi fuori dalla stalla, dove era sta 'zitto. Un grande rumore e clamore sorsero in tutte le strade, i concittadini venivano armati di lance, fieno-forconi, falci, asce e, come se stessero andando contro un nemico; infine, i senatori apparso con il magistrato alla loro testa. Quando avevano redatto in piazza del mercato, hanno marciato verso la stalla, e circondato su tutti i lati. Allora uno dei più coraggiosi di loro un passo avanti ed è entrato con la sua lancia abbassata, ma è venuto a corto subito dopo con un grido e pallido come un morto, e non poteva pronunciare una sola parola. Eppure, altri due si avventurarono in, ma non è andata meglio.
Finalmente un passo avanti; un uomo forte grande che era famoso per le sue gesta guerresche, e disse: "Non ti allontanare il mostro da solo a guardarlo, dobbiamo essere in serio qui, ma vedo che tutti voi avete sintonizzati donne, e non uno di voi osa incontrare l'animale. "Egli ordinò loro di dargli un po 'armatura, aveva una spada e la lancia ha portato, e si armò. Tutti lodato il suo coraggio, anche se molti hanno temuto per la sua vita. I due fienile porte si aprirono, e videro il gufo, che nel frattempo si era appollaiato al centro di una grande traversa. Aveva una scala ha portato, e quando lui sollevò, e si preparò a salire, tutti hanno gridato a lui che doveva sopportare se stesso coraggio, e lo raccomandò a San Giorgio, che uccise il drago. Quando aveva appena arrivati in cima, e il gufo percepito che aveva delle mire su di lei, ed è stato anche sconcertato dalla folla e le grida, e non come sfuggire sapeva, lei alzò gli occhi, arruffò le penne, sbatté le ali , sbottò il becco, e gridò, "Tuwhit, tuwhoo," in una voce aspra. "Sciopero casa! Sciopero a casa!" urlò la folla fuori per l'eroe valoroso. "Chiunque era in piedi dove mi trovo," rispose lui, "non avrebbe pianto, casa sciopero!" Ha certamente fatto piantare il piede un gradino più in alto sulla scala, ma poi cominciò a tremare, e mezzo-svenimento, tornò di nuovo.
E ora non c'era più nessuno che osasse mettersi in tale pericolo. "Il mostro," ha detto che, "ha avvelenato e ferito a morte l'uomo molto forte tra di noi, facendo scattare in lui e solo respirare su di lui! Siamo noi, troppo, per rischiare le nostre vite?" Hanno preso consiglio da quello che dovrebbe fare per evitare che tutta la città distrutta. Per molto tempo tutto sembrava essere di alcuna utilità, ma alla fine il magistrato ha trovato un espediente. "La mia opinione," ha detto, "è che dovremmo, fuori dalla borsa comune, a pagare per questo fienile, e tutto ciò che di mais, paglia, fieno o contiene, e quindi indennizzare il proprietario, e poi bruciare l'intero edificio , e la terribile bestia con esso. Così nessuno dovrà mettere in pericolo la sua vita. non è il momento per pensare di spesa, e avarizia sarebbe male applicata ." Tutti d'accordo con lui. Così hanno dato fuoco al fienile ai quattro angoli, e con essa la civetta era miseramente bruciata. Lasciate che chiunque non credere, andare là e chiedere per se stesso.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il trombotto e l’upupa

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

"Dove preferite pascolare la vostra mandria?," chiese un tale ad un bovaro. "Qui, signore, dove l'erba non è né troppo grassa né troppo magra, altrimenti non fa bene." - "Perché?," chiese il signore. "Sentite quel grido roco che viene dal prato?," rispose il pastore, "è il trombotto. Una volta era un pastore, così pure l'upupa. Voglio raccontarvi la loro storia." Il trombotto custodiva la sua mandria in prati verdi e grassi dove c'erano fiori in quantità, e perciò le sue mucche erano forti e selvagge! Invece l'upupa portava il bestiame su montagne alte e brulle, dove il vento gioca con la sabbia, e le sue mucche diventavano magre e non s'irrobustivano. La sera, quando i pastori tornavano a casa, il trombotto non poteva raccogliere le sue mucche, perché parevano matte e gli scappavano via. Egli gridava: "Oh vacca rossa, Oh." Ma invano. Nessuna dava retta al suo grido. L'upupa invece non riusciva a far alzare le sue bestie, tanto erano fiacche e sfinite. "Uh, Uh," gridava, ma inutilmente. Quelle se ne stavano sdraiate sulla sabbia. Così accade se non si ha misura. Ancora oggi, che non custodiscono più mucche, il trombotto grida "Oh, Oh," e l'upupa "Uh, Uh."Questo episodio è offerto da Podbean.com.

La sogliola

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

I pesci avuto per lungo tempo stati scontenti perché nessun ordine prevalso nel loro regno. Nessuno di loro torse per gli altri, ma tutti nuotò verso destra o sinistra come si immaginavano, o sfrecciò tra coloro che volevano stare insieme, o ottenuto nel loro modo; e un forte dato un debole un colpo con la coda, che ha guidato via, oppure inghiottì senza più indugi. "Che piacere sarebbe," dissero, "se avessimo un re che rispettare la legge e la giustizia in mezzo a noi!" e si sono incontrati insieme a scegliere per il loro sovrano, colui che poteva fendere attraverso l'acqua più rapidamente, e dare aiuto a quelli deboli.
Si sono messi in truppa dalla riva, e il luccio ha dato il segnale con la coda, su cui tutto è cominciato. Come una freccia, il luccio schizzò via, e con lui l'aringa, il perno, il pesce persico, la carpa, e tutto il resto di loro. Anche la suola nuotato con loro, e sperava di raggiungere il posto vincente. Tutto in una volta, il grido è stato sentito, "L'aringa è il primo!" - "Chi è il primo?" gridò con rabbia la suola piatta invidiosi, che era stato lasciato molto indietro, "chi è il primo?" - "L'aringa L'aringa," fu la risposta. "L'aringa nudo?" gridò la creatura geloso, "l'aringa nudo?" Da quel momento la sola bocca è stata su un lato per una punizione.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il re di macchia

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Nei vecchi tempi, ogni cosa aveva un senso, un suono ed un significato. Il martello del fabbro risuonava e gridava: "bat-ti-lo, bat-ti-lo." E la pialla del falegname, frusciando faceva: "tru-cio-li, tru-cio-li." E quando il mulino con la sua ruota cominciava a battere, ciò voleva dire: "Aiutami-buon-dio, aiutami-buon-dio." E il mugnaio era un imbroglione e lo metteva in moto, il mulino parlava chiaro e diceva: "chi-è-là, chi-è-là." Poi in fretta rispondeva: "il mugnaio, il mugnaio." E poi in frettissima: "ruba svelto, ruba svelto, di un ottavo tre settimi."
A quel tempo anche gli uccelli avevano un linguaggio, e tutti li capivano. Oggi si sente solo cinguettare, squittire, zuffolare, e qualche volta una musica senza parole. Ed ecco che gli uccelli si misero in testa di non restar più senza capo e di eleggersi un re. Solo uno era contrario, la pavoncella, libera era vissuta e libera voleva morire, e gridava affannosamente volando qui e là. "Via di qui, via di qui." Si rifugiò nelle paludi solitarie ed abbandonate, e non si fece più vedere dai suoi simili.
Ora gli uccelli volevano discutere la cosa e una bella mattina di maggio si radunarono dai boschi ai campi. C'erano aquile, fringuelli, civette e cornacchie, allodole e passeri - non mi va di nominarli tutti. Vennero persino il cuculo e l'upupa, il suo sagrestano, come si dice, perché si fa sempre sentire un paio di giorni prima. Agli stormi si unì anche un piccolo uccellino, che ancora non aveva nome. La gallina, che non sapeva niente di tutta la faccenda, molto si stupì di quella grande assemblea: "Co-co-co-cosa c'è?" ma chiocciò il gallo la tranquillizzò e le disse: "son-tutti-ricchi-chi," e poi le raccontò quello che volevano fare. Gli uccelli stabilirono che avrebbero fatto re chi volava più in alto. All'udirli, una raganella, che se ne stava fra i cespugli, li mise in guardia gridando: "bagnato, bagnato, bagnato" e voleva dire che ci sarebbero state lacrime. Ma la cornacchia disse: "gra-cida, gra-cida, tutto sarebbe filato liscio." Stabilirono di levarsi a volo proprio in quel mattino così bello, subito, perché poi nessuno protestasse e dicesse: "Sarei arrivato anch'io così alto, ma si era fatto sera e non ho potuto." Ad un dato segnale, tutto lo stormo prese il volo. Dal campo si alzò la polvere e fu tutto un frullo d'ali, un fremito ed un battito. Pareva che passasse una nuvola nera. Presto gli uccelli più piccoli rimasero indietro, non erano più in grado di proseguire e ricaddero a terra. I più grandi ressero più a lungo, ma nessuno fu in grado di gareggiare con l'aquila, che volava tanto in alto che avrebbe potuto cavar gli occhi al sole. Quando vide che gli altri non potevano più raggiungerla pensò: "Perché volare ancora più in alto? Tanto sei tu il re." E prese a scendere. Gli uccelli di sotto le gridavano ad una voce: "Tu sarai il nostro re, nessuno è volato più in alto." - "Ed io?," strillò l'uccellino senza nome, che si era nascosto fra le piume, sul petto dell'aquila. E siccome non era stanco, prese il volo e volò così in alto che gli riuscì di vedere Dio sul trono. Ma quando fu arrivato lassù, ripiegò le ali, discese e strillò con una vocina sottile: "Il re sono io, il re sono io."
"Tu nostro re?" gridarono gli uccelli con rabbia. "Tu hai circondarono dal trucco e astuzia!" Così hanno fatto un'altra condizione. Egli deve essere il re che potrebbe scendere più basso della terra. Come l'oca ha fatto patta in giro con il suo ampio petto quando era ancora una volta sulla terra! In quanto tempo il gallo graffiato un buco! L'anatra è venuto fuori il peggio di tutto, per lei saltò in un fosso, ma slogato le gambe, e dondolando via ad un laghetto vicino, gridando: "Cheating, barare!" Il piccolo uccello senza un nome, tuttavia, cercò un mouse-buco, scivolò dentro, e gridò fuori di esso con la sua piccola voce: "Io sono il re! Io sono il re!"
"Tu nostro Re!" gridarono gli uccelli ancora più rabbia. "Credi tu la tua astuzia prevarrà?" Sono determinati a tenerlo prigioniero nel foro e lo affamare. Il gufo è stato posto come sentinella di fronte ad essa, e non era quello di lasciare che il furfante se avesse alcun valore per la sua vita. Quando fu sera tutti gli uccelli sentivano molto stanchi dopo esercitare le loro ali così tanto, così andarono a letto con le loro mogli e figli. Il gufo rimase in piedi solo con il mouse buche, guardando fermamente in esso con i suoi grandi occhi. Nel frattempo anche lei, si era stancato e ho pensato a se stessa, "Si potrebbe certamente chiudere un occhio, si continua a guardare con l'altro, e il piccolo miscredente non potrà uscire dal suo buco." Così chiuse un occhio, e con l'altra guardava dritto al topo buche. Il piccino ha messo fuori la testa e guardò, e voleva scivolare via, ma il gufo si fece avanti subito, e si ritrasse di nuovo la testa. Poi il gufo aprì un occhio nuovo, e chiuse l'altro, con l'intenzione di chiuderli a turno per tutta la notte.
Ma quando la prossima chiuse un occhio, ha dimenticato di aprire l'altro, e non appena entrambi i suoi occhi erano chiusi si addormentò. Il piccino presto osservato che, e scivolò via.
Da quel giorno in poi, il gufo non ha mai avuto il coraggio di mostrarsi alla luce del giorno, perché se lo fa gli altri uccelli inseguire lei e cogliere le penne fuori. Lei vola solo di notte, ma odia e persegue i topi perché fanno questi buchi brutti. Il piccolo uccello, troppo, è molto riluttante a farsi vedere, perché ha paura che gli costerà la vita se viene colto. Ruba circa nelle siepi, e quando egli è abbastanza sicuro, a volte piange, "Io sono il re," e per questo motivo, gli altri uccelli lo chiamo in derisione, 'il re delle siepi'. Nessuno, però, era così felice come l'allodola di non dover obbedire al piccolo re. Non appena compare il sole, lei sale in aria e grida: "Ah, che bello che è! Bella che è! Bello, bello! Ah, che bello che è!"Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Come dividere gioie e dolori

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

C'era una volta un sarto, che era un uomo litigioso; mentre sua moglie, era buona, laboriosa e pia, ma non riusciva mai a contentarlo. Qualunque cosa facesse, egli non era soddisfatto, brontolava, strepitava, la sgridava e la picchiava. Quando i giudici lo vennero a sapere, lo citarono e lo fecero mettere in prigione, perché si correggesse. Egli stette per un po' a Rane acqua, poi fu rimesso in libertà, ma dovette giurare di non batter piu sua moglie, e di vivere in pace con lei, dividendo gioie e dolori, come s'addice a due coniugi. Per qualche tempo tutto ando bene, ma poi egli riprese la sua vecchia usanza e tornò brontolone e litigioso. E siccome non poteva batterla, cercò di prender sua moglie per i capelli e di strapparglieli. La donna gli sfuggì e scappò in cortile, ma egli la rincorse con il metro e le forbici, e glieli tirò dietro, con tutto quel che gli veniva sottomano. Quando la colpiva, si metteva a ridere, e quando falliva il colpo, smaniava e strepitava. Continuò così, finché i vicini accorsero ad aiutar la donna. Il sarto fu di nuovo chiamato davanti ai giudici, che gli ricordarono la sua promessa. "Cari signori," riprese, "ho mantenuto quel che ho giurato: non l'ho picchiata, ma ho diviso con lei gioie e dolori." - "Com'è possibile," disse il giudice, "se di nuovo si lagna tanto di voi?" - "Non l'ho picchiata: volevo soltanto pettinarle i capelli con la mano, perché aveva un'aria così buffa; ma lei mi è sfuggita e mi ha piantato lì per cattiveria. Allora l'ho rincorsa e, perché tornasse al suo dovere, le ho tirato dietro quel che avevo sottomano, che le servisse d'avvertimento. E ho anche diviso con lei gioie e dolori: perché tutte le volte che la colpivo, per me era una gioia e per lei un dolore; ma quando fallivo il colpo, era una gioia per lei, e un dolore per me." I giudici non si accontentarono di questa risposta, ma gli diedero il meritato castigo.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

La casa nel bosco

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Un povero taglialegna viveva con la moglie e tre figlie in una piccola capanna ai margini di un bosco solitario. Una mattina, mentre stava per andare al suo lavoro, disse a sua moglie: "Che il mio cena essere portato nella foresta a me da mia figlia maggiore, o sarò mai ottenere il mio lavoro fatto, e in modo che non possa perdere la sua strada ," ha aggiunto," Io prenderò un sacchetto di miglio con me e spargere i semi sulla strada. "Quando, dunque, il sole era appena sopra il centro della foresta, la ragazza di cui per la sua strada con un piatto di minestra, ma il campo-passeri e legno-passeri, allodole e fringuelli, merli e lucherini aveva raccolto l'MILLET molto prima, e la ragazza non riusciva a trovare la pista. Poi confidando al caso, andò su e su, fino a quando il sole tramontò e la notte ha cominciato a cadere. Gli alberi frusciavano nel buio, i gufi stridevano, e lei cominciò ad avere paura. Poi, in lontananza, ha percepito una luce che brillava tra gli alberi. "Ci dovrebbe essere alcune persone che vivono lì, che mi può prendere per la notte," pensò, e andò verso la luce. Non passò molto tempo prima che lei è venuto a una casa le cui finestre erano tutti illuminato. Bussò, e una voce ruvida da dentro gridò: "Vieni dentro." La ragazza fece un passo verso l'entrata buia, e bussò alla porta della stanza. "Basta entrare," gridò la voce, e quando aprì la porta, un vecchio dai capelli grigi era seduto al tavolo, sostenendo il viso con entrambe le mani, e la sua barba bianca cadde sul tavolo quasi fino alla terra. Con la stufa laici tre animali, una gallina, un gallo, e una mucca pezzata. La ragazza ha raccontato la sua storia al vecchio, e pregò per un riparo per la notte. L'uomo ha detto,
e tu, mia gallinella,e tu mio galletto,pezzata vaccherella,che dite voi di questo?
"Tuc!" rispose gli animali, e che deve aver significato, "Siamo disposti," per il vecchio detto, "Qui avrete riparo e cibo, andare al fuoco, e ci cucinare la nostra cena." La ragazza trovata in abbondanza cucina di tutto, e cucinato una buona cena, ma non aveva il pensiero degli animali. Portava i piatti pieni a tavola, si sedette da uomo dai capelli grigi, mangiò e soddisfatto la sua fame. Quando lei aveva avuto abbastanza, ha detto, "ma ora sono stanco, dove c'è un letto in cui posso sdraiarmi e dormire?" Gli animali hanno risposto,
Con lui solo hai mangiato,con lui solo hai bevuto,a noi non hai pensato:ci dirai come la notte hai passato.
Allora disse il vecchio, "Basta andare al piano di sopra, e tu troverai una stanza con due letti, scuoterli, e mettere lino bianco su di loro, e poi anch'io, verrà e sdraiarsi a dormire." La ragazza si avvicinò, e quando lei aveva scosso i letti e mettere lenzuola pulite, lei si sdraiò in una di esse, senza attendere oltre per il vecchio. Dopo qualche tempo, però, l'uomo dai capelli grigi è venuto, ha preso la sua candela, guardò la ragazza e scosse la testa. Quando vide che era caduta in un sonno profondo, aprì una botola, e la lasciò giù in cantina.
A tarda notte il taglialegna tornò a casa, e la rimproverò la moglie per lui lasciando alla fame per tutto il giorno. "Non è colpa mia," rispose, "la ragazza uscì con la vostra cena, e doveva essersi perso, ma lei è sicuro di tornare domani." Il taglialegna, tuttavia, è nata prima dell'alba per andare nel bosco, e ha chiesto che la seconda figlia di lui la sua cena quel giorno dovrebbe prendere. "Io prenderò un sacchetto con lenticchie," lo ha detto; "i semi sono più grandi di miglio, la ragazza si vede meglio, e non può perdere la sua strada." A cena-tempo, quindi, la ragazza tirò fuori il cibo, ma le lenticchie era scomparso. Gli uccelli della foresta li avevano raccolto come avevano fatto il giorno prima, e avevano lasciato nessuno. La ragazza aggirava nella foresta fino a notte, e poi anche lei ha raggiunto la casa del vecchio, è stato detto di andare in, e pregò per il cibo e un letto. L'uomo con la barba bianca di nuovo chiesto gli animali:
e tu, mia gallinella,e tu mio galletto,pezzata vaccherella,che dite voi di questo?
Gli animali risposero di nuovo: "Tuc" e andò tutto come il giorno prima. La fanciulla preparò una buona cena, mangiò e bevve col vecchio e non si curò delle bestie. E quando chiese dov'era il suo letto, quelle risposero:
Con lui solo hai mangiato,con lui solo hai bevuto,a noi non hai pensato:ci dirai come la notte hai passato.
Quando fu addormentata, arrivò il vecchio, l'osservò scuotendo la testa e la lasciò cadere in cantina. Il terzo giorno il taglialegna disse a sua moglie: "Oggi a portarmi il pranzo manda la più piccola; è sempre stata buona e obbediente, terrà la strada giusta e non andrà a zonzo come quelle sventate delle sue sorelle." La madre non voleva e disse: "Devo perdere anche la mia prediletta?." - "Non temere!," rispose il marito, "La ragazza non perde la strada, è troppo saggia e giudiziosa; per di più, prenderò dei ceci e li spargerò qua e là: sono ancor più grossi delle lenticchie e le mostreranno il sentiero." Ma quando la fanciulla uscì col suo paniere appeso al braccio, le tortore selvatiche avevano i ceci nel gozzo, ed ella non sapeva da che parte andare. Era molto inquieta e continuava a pensare al suo babbo che, poveretto, doveva ormai aver fame; e alla disperazione della sua buona mamma, se lei non fosse tornata. Alla fine, quando si fece buio, vide il lumicino e arrivò alla casa del bosco. Pregò gentilmente che volessero darle ricovero per quella notte, e l'uomo dalla barba bianca tornò a chiedere alle sue bestie:
e tu, mia gallinella,e tu mio galletto,pezzata vaccherella,che dite voi di questo?
"Tuc!," dissero quelle. Allora la fanciulla si avvicinò alla stufa dov'erano le bestie, accarezzò il galletto e la gallinella passando con la mano su quelle piume liscie, e solleticò fra le corna la vacca pezzata. Poi, per ordine del vecchio, preparò una buona minestra, e, quando la terrina fu in tavola, disse: "Io mi caverò la fame e queste buone bestie non avranno nulla? Fuori c'è tanta roba: prima penserò a loro." Uscì, andò a prender dell'orzo e lo sparse davanti a galletto e alla gallinella, e alla vacca portò una bracciata di fieno odoroso. "Buon appetito, care bestie," disse, "e, se avete sete, eccovi anche l'acqua fresca." Portò dentro un secchio pieno d'acqua e il galletto e la gallinella saltarono sull'orlo, tuffarono il becco, e poi tennero su la testa, come fanno gli uccelli per bere; e anche la vacca pezzata bevve un bel sorso. Quando le bestie furono sazie, la fanciulla sedette a tavola accanto al vecchio, e mangiò quel che era avanzato. Non andò molto che il galletto e la gallinella presero a nasconder la testina sotto l'ala, e la vacca pezzata sbatteva le palpebre. Allora disse la fanciulla: "Non andiamo a riposare?."
e tu, mia gallinella,e tu mio galletto,pezzata vaccherella,che dite voi di questo?
Le bestie risposero: "Tuc!."
Con noi tutti hai mangiato,con noi tutti hai bevuto,a noi tutti hai provveduto,buon riposo hai meritato.
La fanciulla andò di sopra, sprimacciò i piumini e mise lenzuola di bucato; e quand'ebbe finito, arrivò il vecchio e si coricò, e la sua barba bianca gli arrivava ai piedi. La fanciulla si coricò nell'altro letto, disse le sue preghiere e s'addormentò.
Dormì tranquillamente fino a mezzanotte, quando in casa cominciò un rumore che la risvegliò. Si sentiva scricciolare e strepitare in tutti gli angoli, la porta si spalancò e sbattè contro il muro, le travi traballarono come se fossero lì lì per sfasciarsi, pareva che la scala precipitasse, e alla fine ci fu uno schianto come se crollasse il tetto. Poi tornò la quiete, e siccome niente le era successo, la fanciulla restò tranquillamente a letto e si riaddormentò. Ma al mattino, quando la chiara luce del sole la risvegliò cosa videro i suoi occhi? Ella giaceva in una gran sala e intorno a lei tutto sfolgorava con fasto regale: alle pareti crescevano fiori d'oro su un fondo di seta verde, il letto era d'avorio e la coperta di velluto rosso, e su una sedia lì vicino c'erano un paio di pantofole trapunte di perle. La fanciulla credeva di sognare, ma entrarono tre servitori sfarzosamente vestiti e le chiesero quali fossero i suoi ordini. "Andate pure!," rispose la fanciulla, "mi alzero subito, preparerò una minestra per il vecchio, e poi darò anche da mangiare al galletto, alla gallinella e alla vacca pezzata." Pensava che il vecchio si fosse già alzato e guardò verso il suo letto; ma al suo posto c'era uno sconosciuto. E mentre la fanciulla lo guardava, e vedeva che era giovane e bello, egli si svegliò, si rizzò a sedere e disse: "Sono un principe, e una cattiva strega mi ha trasformato in un vecchio canuto, costretto a vivere nel bosco; nessuno poteva star con me, tranne i miei tre servi, tramutati in gallinella, galletto e vacca pezzata. E l'incanto non sarebbe cessato, finché non fosse venuta una fanciulla così buona da mostrarsi amorevole non soltanto con gli uomini, ma anche con le bestie. E tu sei quella: a mezzanotte, grazie a te, siamo stati liberati e la vecchia casa del bosco, si è di nuovo trasformata nel mio palazzo reale." E quando si furono alzati, il principe disse ai tre servi d'andar a prendere con la carrozza i genitori della fanciulla, che dovevano assistere alla festa nuziale. "Ma dove sono le mie due sorelle?," domandò la fanciulla. "Le ho chiuse in cantina. Domani saranno condotte nel bosco, e faranno le serve da un carbonaio, finché non diventeranno più buone e non prometteranno di non fare più patir la fame alle povere bestie."Questo episodio è offerto da Podbean.com.

La magra Lisa

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Magra Lisa era un modo molto diverso di pensare da Harry pigro e grasso Trina, che non ha mai lasciato nulla turbare la loro pace. Ha perlustrato tutto con la cenere, dalla mattina alla sera, e gravata suo marito, lungo Laurence, con tanto lavoro che doveva pesi più pesanti da trasportare di un asino con tre sacchi. Era, però, tutto senza scopo, non aveva nulla ed è venuto a nulla.
Una notte, mentre era a letto, e non potrebbe muovere un arto per la stanchezza, lei ancora non ha permesso i suoi pensieri di andare a dormire. Infilò i gomiti nel fianco del marito, e disse: "Senti, Lenz, a quello che ho pensato: se dovessi trovare un fiorino e uno è stato dato a me, vorrei prendere in prestito un altro per mettere a loro, e tu troppo dovresti darmi un'altra, e poi appena ho ottenuto i quattro fiorini insieme, vorrei comprare un giovane mucca. "Questo piacque al marito giusto bene. "E 'vero," disse, "che non so dove mi trovo per ottenere il fiorino che tu wantest come un dono da me, ma, se tu puoi ottenere il denaro insieme, e canst comprare una mucca con esso, tu farai bene per realizzare il tuo progetto. sarò contento ," ha aggiunto," se la vacca ha un vitello, e poi mi sono spesso ottenere una bevanda di latte per aggiornare me." - "Il latte non è per te," disse la donna, "dobbiamo lasciare che il vitello succhiare che può diventare grande e grosso, e potremmo essere in grado di vendere bene." - "Certo," rispose l'uomo, "ma ancora ci prenderemo un po 'di latte, che farà alcun male." - "Chi ti ha insegnato a gestire le vacche?" disse la donna; "Che si fa male o no, io non lo permetterò, e anche se tu fossi a stare sulla tua testa per questo, tu non dovresti avere una goccia di latte! Credi tu, perché non c'è soddisfare te, Long Laurence , che tu sei a mangiare quello che guadagno con tanta difficoltà?" - "Moglie," disse l'uomo, "zitto, o io ti darò un colpo sulla tua bocca!" - "Che" gridò, "tu minacci me, tu ghiottone, tu briccone, tu pigro Harry!" Stava posando in possesso dei suoi capelli, ma lunghi Laurence si alzò, afferrò le braccia avvizzite sia magra di Lisa in una mano, e con l'altra ha premuto la testa nel cuscino, lasciò sgridare, e la tenne fino a quando lei si addormentò per molto la stanchezza. Che ha continuato a disputare quando si svegliò la mattina successiva, o se andò a cercare il fiorino, che voleva trovare, che io non conosco.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il contadinello in paradiso

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Una volta morì un contadinello molto pio e arrivò alla porta del cielo. Nello stesso tempo ci arrivò anche un signore, molto molto ricco, e anche lui voleva entrare in paradiso.
Venne San Pietro con le chiavi, aprì la porta per fare entrare il ricco, a quanto pare il contadinello non lo aveva visto, e chiuse la porta. Là fuori il contadinello udì con quanta festa si accoglieva il ricco in paradiso e c'era musica e canti. Alla fine tornò il silenzio, San Pietro venne alla porta e fece entrare anche lui. Il contadinello credeva che anche al suo arrivo ci sarebbe stata musica e canti, ma tutto rimase silenzio. Fu accolto amorevolmente, questo è vero, e gli angeli gli andarono incontro, ma nessuno cantò. Allora chiese a San Pietro perché non cantassero per lui come per il ricco, a quanto pare anche in paradiso si facevano parzialità, come in terra.
Allora San Pietro disse: "No, tu ci sei caro come tutti gli altri, e godrai tutte le grazie del cielo come il ricco. Ma vedi, poveri contadini come te, ne arrivan tutti i giorni in paradiso, invece un ricco così arriva una volta ogni cento anni."Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il forte Hans

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

C'era una volta un uomo e sua moglie che avevano un solo bambino. Essi vivevano soletti in una vallata deserta. Un giorno la donna andò nel bosco per raccogliere rami secchi e prese con se il piccolo Hans che aveva giusto due anni. Se era agli inizi della primavera, e il piccolino si divertì molto nel vedere tutti i fiori che stavano allora sbocciando. Così che, correndo dall'uno all'altro, Hans e la sua mamma s'inoltrarono un bel pezzo nella foresta. All'improvviso due briganti saltarono fuori da un cespuglio e, afferrati entrambi, li portarono nel cuore del bosco, dove da anni e anni nessuno aveva messo piede. La povera donna li supplicò in ogni modo di lasciarla tornare a casa con il suo piccolo, ma quei due avevano il cuore di pietra e non badarono affatto ai suoi pianti e alle sue preghiere: anzi, la costrinsero ancor più brutalmente a seguirli. Dopo aver camminato per più di due miglia fra rovi e cespugli, giunsero a una rupe in cui si apriva una porta: bussarono e la porta si aprì da sola. S'inoltrarono per un lungo corridoio buio e alla fine giunsero in una vasta caverna illuminata da un gran fuoco che ardeva nel focolare. Alle pareti erano appese spade, sciabole e altre armi che brillavano al bagliore delle fiamme; nel mezzo della caverna c'era una tavola nera intorno a cui altri briganti giocavano a carte. A capotavola sedeva il capo brigante. Costui, non appena vide la donna, si alzò le andò incontro e le disse che, se stava tranquilla e non faceva storie, non le avrebbero fatto alcun male. Volevano solo che badasse alle faccende di casa: se avesse tenuto tutto in ordine sarebbe stata trattata benissimo. Così dicendo le diede da mangiare e le indicò il letto in cui avrebbe dovuto dormire col suo bambino. La donna rimase parecchi anni con quei briganti e Hans divenne grande e forte. La mamma gli raccontava antiche fiabe e gli insegnò a leggere su un vecchio libro di racconti cavallereschi che aveva trovato nella caverna. Quando Hans ebbe compiuto gli undici anni, si fece un grosso bastone con un ramo di abete, lo nascose nel suo letto e si presentò alla madre chiedendole: "Cara mamma, dimmi chi è mio padre, perché devo e voglio conoscerlo." Ma la madre non gli rispose nulla per timore che lo prendesse la nostalgia della casa. Ed ella sapeva bene che i briganti non lo avrebbero lasciato fuggire. Ma le si spezzava il cuore all'idea che il suo Hans non avrebbe più rivisto il padre. La notte, quando i briganti tornarono dalle loro rapine, Hans tirò fuori il suo bastone e, piantatosi davanti al capo, gli chiese: "Io voglio sapere chi è mio padre, e se voi non volete rispondermi vi prendo a legnate quanti siete." Il capo si mise a ridere appioppandogli un tale scapaccione da mandarlo a ruzzolare sotto la tavola. Hans si rimise subito in piedi, ma non disse nulla pensando:?gAspetterò ancora un anno e poi proverò ancora; forse allora me la caverò meglio." Quando l'anno fu trascorso, Hans tornò a prendere il suo bastone, lo lisciò ben bene, osservando con molta soddisfazione che era un'arma solida e adatta al suo scopo. A notte i briganti tornarono e cominciarono a bere un fiasco dietro l'altro, finché rimasero tutti con le teste ciondolanti sulla tavola. Allora Hans prese il bastone e, piantatosi davanti al capo, gli domandò ancora: "Chi è mio padre?" Il capo, invece di rispondergli, gli menò un altro scapaccione che lo fece ruzzolare ancora una volta sotto la tavola; ma Hans fu subito in piedi e cominciò a menare legnate sul capo brigante e su tutti gli altri con tal forza che in breve tutti avevano le braccia e le gambe ammaccate e non potevano muoversi. La madre, frattanto, era rimasta in un angolo della caverna, sbigottita dalla forza e del coraggio di suo figlio. Quando a lui, appena terminata la sua impresa, le corse accanto e disse: "Come vedi non scherzo; adesso voglio sapere chi &egr ave; mio padre."
"Caro Hans" ella rispose, "andiamocene via e cerchiamo finché non lo avremo trovato." Tolse la chiave della caverna al capo, che era tutto intontito, mentre Hans, dopo essersi procurato un grosso sacco, lo riempiva d'oro, d'argento e di tutte le cose preziose che potè trovare, caricandoselo poi in spalla. Lasciarono la caverna, e immaginate quale fu lo stupore di Hans quando uscì dall'oscurità di quell'antro alla luce del giorno e vide gli alberi verdi, i fiori, gli uccelli e il sole che splendeva alto nel cielo azzurro. Attonito si guardava intorno pieno di gioioso sgomento mentre sua madre cercava la strada per tornare alla loro casa di un tempo. Dopo due ore di cammino, la raggiunsero felicemente nella solitaria vallata. Il padre sedeva sulla porta, versò lacrime di gioia nel riconoscere la moglie e nell'udire che Hans, il quale sebbene avesse dodici anni, lo soprastava di tutta la testa, era suo figlio: li credeva morti da tempo. Entrarono in casa, e Hans depose il suo sacco nell'angolo del camino: ma il pavimento non resse al peso, cedette e tutto andò a finire in cantina. "Il cielo ti protegga!" esclamò il padre: "Che succede? Tu mi mandi la casa in rovina." - "Caro babbo," rispose Hans, "non fare i capelli bianchi per questo: nel mio sacco c'è molto di più di quanto occorra per ricostruire una casa."
Padre e figlio cominciarono subito a costruire una nuova casa, e poi acquistarono bestiame e terreni, e ogni settimana andavano al mercato a vendere i prodotti. Hans arava i campi, e quando egli stava dietro l'aratro e lo spingeva, i buoi avevano ben poco da tirare. La primavera seguente Hans disse: "Babbo mio, dammi qualche soldo, e lascia che mi faccia un bel bastone di cinquanta libbre e me ne vada un po' per il mondo." Quando il bastone fu pronto, Hans lasciò la casa paterna e se ne andò di buon passo finché giunse a una grande e folta foresta. A un tratto sentì uno scricchiolio e, guardandosi attorno, vide un abete con il tronco attorcigliato come una corda. Alzando gli occhi, scorse un pezzo d'uomo che, afferrato l'albero, lo stava torcendo come un fuscello. "Ohè," gridò Hans, "che diavolo fate?" - "Ho raccolto un po' di fascine" rispose l'altro, "e adesso mi fabbrico una corda per tenerle insieme."?gQuesto è un tipo in gamba,?g pensò Hans,?gmi può essere utile." - "Lascia quel lavoro e vieni con me." L'uomo scese dall'albero e si avviò con Hans; lo superava di tutta la testa sebbene Hans non fosse davvero piccolo. "Ti chiamerai Torci-abeti" gli disse Hans.
Strada facendo udirono battere e picchiare con tanta forza che la terra tremava ad ogni colpo: poco dopo giunsero a una rupe che un gigante stava frantumando a furia di pugni. Hans gli domandò che cosa facesse e quello rispose: "La notte, quando dormo, orsi, lupi e altre bestiole del genere mi annusano e mi girano attorno impedendomi di dormire; e così ho deciso di costruirmi una casa: come vedi mi sto procurando le pietre."?gBene,?g pensò Hans,?ganche tu mi puoi essere utile." E poi disse al gigante: "Vieni con me e non pensare per ora a costruirti una casa. Ti chiamerai Schianta-rupi." Il gigante acconsentì, e tutti e tre proseguirono per la foresta. Dove passavano, le belve scappavano via atterrite. A sera giunsero a un vecchio castello abbandonato; vi entrarono e si sdraiarono nel salone per dormire. Il mattino seguente Hans scese in giardino e lo trovò tutto incolto e pieno di pruni e di sterpi. Mentre girellava di qua e di la, un gran cinghiale gli si avventò improvvisamente addosso, ma lui gli menò una tal legnata col suo bastone che la bestia stramazzò morta ai suoi piedi. Hans se lo caricò sulle spalle, lo portò a casa, e lo infilò in uno spiedo per arrostirlo, tutto contento del festino che stava per ammannire ai suoi compagni. Dopo aver desinato, i tre amici decisero che ogni giorno, a turno, due di loro sarebbero andati a caccia e il terzo sarebbe rimasto a casa per far cucina: ognuno avrebbe avuto nove libbre di carne. Il primo giorno Hans e Schianta-rupi andarono a caccia e rimase a casa Torci-abeti. Mentre era tutto intento ai fornelli, capitò al castello un vecchietto tutto raggrinzito chiedendo un po' di carne. "Levati dai piedi, vermiciattolo" gli disse il cuoco. "Tu non hai bisogno di carne." Ma aveva appena pronunciato queste parole che, con sua gran meraviglia, lo striminzito ometto gli saltò addosso menandogli una tal carica di pugni che lui non riuscì a pararne uno solo e ruzzolò a terra senza fiato. Solo quando ebbe preso piena vendetta l''ometto se ne andò. Quando gli altri due tornarono dalla caccia, Torci-abeti non disse nulla del vecchietto e dei suoi pugni pensando che, quando sarebbe toccato a loro di rimanere a casa, avrebbero sperimentato direttamente di che cosa si trattava; e questa idea lo divertiva un mucchio. Il giorno dopo, secondo l'accordo, rimase a casa Schianta-rupi a cui capitò esattamente ciò che era capitato al suo compagno: il vecchietto lo pestò di santa ragione perché gli aveva negato un po' di carne. Al ritorno dalla caccia, Torci-abeti, solo a guardare in viso Schianta-rupi, capì subito quello che era successo: ma nessuno dei due disse parola pensando che anche Hans doveva sentire il gusto di quella minestra. Il giorno dopo era la volta di Hans, ed egli si mise a lavorare in cucina di buona lena. Stava appunto lucidando una pentola quando arrivò l'ometto e gli domandò un pezzo di carne senza tanti complimenti.?gE' un povero diavolo," pensò Hans,?ggli darò un po' della mia parte in modo che gli altri non abbiano a rimetterci." E gli allungò un bel pezzo di arrosto. Il nano lo divorò in un battibaleno e ne domandò ancora. Hans, di buon cuore, lo accontentò facendogli notare che, dopo quella bella fetta, poteva dirsi soddisfatto. Ma, poiché il nano continuava a richiederne, Hans concluse: "Dovresti vergognarti a essere così ingordo."
L'irascibile nano cercò subito di saltargli addosso e di pettinarlo come aveva fatto con Torci-abeti e Schianta-rupi, ma aveva scelto male il suo uomo perché Hans con un paio di pugni gli fece ruzzolare tutte le scale del castello. Poi gli corse appresso, ma avendo preso troppo slancio, gli cadde addosso: quando si rialzò, il nano già lontano. Riuscì tuttavia a inseguirlo fin nella foresta e lo vide scivolare dentro una fessura della roccia. Allora si fissò bene in mente il luogo e tornò a casa. Gli altri due, quando tornarono da caccia, si meravigliarono al vederlo così allegro e tranquillo. Egli raccontò quello che era avvenuto durante la loro assenza e allora anch'essi gli raccontarono la loro avventura. "Vi sta bene" disse Hans, canzonandoli, "non dovevate essere così avari. E come si fa, quando si è grandi e grossi come voi, a farsi prendere a pugni da un nano?"
Dopo desinare, presero una cesta e un bastone e si recarono tutti e tre alla caverna in cui era sgattaiolato il nanetto: misero Hans nella cesta e lo calarono giù col suo bravo bastone in mano. Arrivato in fondo all'abisso, egli vide una porta e, apertala, si trovò di fronte una fanciulla più bella che non si possa descrivere: accanto a lei c'era il nano, il quale, appena lo scorse, mostrò i denti soffiando come un gatto arrabbiato. La fanciulla era incatenata e guardava Hans con tanta tristezza che egli ne fu profondamente commosso.?gDevo assolutamente liberarla da questo nano maledetto," pensò. E menò un tal colpo sulla testa del malvagio vecchio, che lo stese morto. Nello stesso momento caddero le catene della fanciulla, e Hans rimase affascinato dalla sua bellezza. Ella gli raccontò di essere una principessa rapita da un barone ribelle e nascosta in quella caverna perché non aveva voluto accettarlo come marito. Il barone stesso le aveva messo a fianco come custode quel nano che l'aveva tormentata in mille modi. Allora Hans mise la fanciulla nella cesta e la fece tirar su; ma, quando la cesta scese ancora, non fidandosi dei compagni, i quali gli avevano già dimostrato la loro falsità non dicendogli nulla del nano, mise nella cesta solo l suo pesante bastone, e fu un buon indovino perché, dopo averla tirata su per un pezzo, i due lasciarono cadere la cesta di schianto e Hans, se ci fosse stato dentro, si sarebbe sfracellato. Ma adesso non sapeva davvero come andarsene da quella caverna, e per quando si guardasse attorno, rimase un pezzo senza sapere che decisione prendere. Mentre andava in su e in giù, si trovò ancora davanti al nano disteso a terra e si accorse che aveva al dito un anello di meraviglioso splendore. Glielo tolse, se lo infilò, e appena lo ebbe stretto un poco udì un fruscio sulla sua testa: guardò in alto e vide due spiritelli che volavano nell'aria dicendogli che adesso egli era il loro signore e invitandolo a esprimere tutti i suoi desideri. Hans a tutta prima rimase di stucco, ma poi chiese di essere riportato alla luce del giorno. Fu immediatamente obbedito e riportato a volo fino all'orlo della caverna; quando però mise piede a terra, non vide nessuno, e anche il castello era stato abbandonato. Torci-abeti e Schianta-rupi erano fuggiti portandosi via la bella fanciulla. Hans diede subito una stretta al suo anello, e gli spiritelli apparvero avvertendolo che i due falsi amici erano già in alto mare: non potè fare altro che correre alla spiaggia, appena in tempo per vedere in lontananza la nave in cui si erano imbarcati i due perfidi compari.pieno di ansia e di furore, saltò in acqua col suo bastone in mano e cominciò a nuotare; ma il peso dell'enorme bastone gli impediva di tener la testa sopra le onde. Stava proprio per annegare quando ricorse ancora al suo anello, e subito gli spiritelli apparvero e lo portarono sulla nave con la velocità di un lampo. Senza perder tempo, Hans cominciò a lavorare con il bastone e diede ai due traditori una meritata lezione, buttandoli quindi in mare. Poi diresse la nave verso la patria della bella principessa, che, nelle mani dei due giganti, aveva passato le più orribili paure, e la restituì ai suoi genitori. Poco dopo Hans sposò la principessa, e le loro nozze avvennero tra splendidi festeggiamenti.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

L’uccello grifone

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

C'era una volta un re, ma dove regnò e quello che è stato chiamato, non lo so. Non aveva il figlio, ma l'unica figlia che era sempre stato malato, e nessun medico era stato in grado di curarla. Poi è stato predetto al Re che sua figlia dovrebbe mangiare se stessa e con una mela. Così ha ordinato di essere proclamato in tutta il suo regno, che chi ha portato la figlia di una mela con cui si poteva mangiare bene, dovrebbe averla per moglie, e di essere il re. Questo divenne noto a un contadino che aveva tre figli, e disse al più anziano, "Andate in giardino e prendere una cesta di quelle belle mele con le guance rosse e li portano al tribunale, forse la figlia del Re sarà in grado a mangiare se stessa bene con loro, e poi tu sposarla e di diventare re. "Il ragazzo ha fatto così, e partì.
Quando si era recato per un breve tratto incontrò un uomo di ferro po 'che gli chiese cosa avesse lì nel cesto, a cui rispose Uele, così era lui chiamato, "cosce di rana." Su questo l'omino disse: "Bene, così sarà, e restare," e se ne andò. Finalmente Uele arrivò al palazzo, e ha fatto sapere che aveva portato le mele che curare la figlia del re, se li mangiava. Questo ha deliziato il re enormemente, e fece Uele per essere portato davanti a lui; ma, ahimè! quando aprì il cesto, invece di avere mele in esso aveva le cosce di rana che erano ancora calci circa. Su questo il re si arrabbiò, e lo aveva cacciato di casa. Quando arrivò a casa disse a suo padre come era andata con lui. Allora il padre mandò il figlio successivo, che fu chiamato Seame, ma tutto è andato con lui proprio come era andato con Uele. Ha anche incontrato l'uomo di ferro piccolo, che ha chiesto cosa aveva lì nel cestino. Seame ha detto, "setole di maiale," e l'uomo di ferro, ha detto, "bene, così sarà, e restare." Quando Seame avuto modo di palazzo del re e disse che portò le mele con il quale la figlia del re poteva mangiare bene se stessa, non volevano lasciarlo andare in, e ha detto che un collega era già stato lì, e li aveva trattati come se fossero sciocchi. Seame, tuttavia, sostenuto che certamente aveva le mele, e che avrebbero dovuto lasciarlo andare in. Alla fine lo hanno creduto, e lo ha portato al re. Ma quando ha scoperto il cesto, ma aveva setole di maiale. Questo fece infuriare il re più terribile, così fece Seame essere sbattuto fuori di casa.
Quando arrivò a casa raccontò tutto quello che gli era accaduto, poi il ragazzo più giovane, il cui nome era Hans, ma che è stato sempre chiamato Stupido Hans, venne e chiese a suo padre se poteva andare con alcune mele. "Oh!" disse il padre, "tu vuoi essere proprio il compagno giusto per una cosa del genere! Se i furbi non possono gestire, che cosa puoi tu fare?" Il ragazzo, però, non lo credeva, e disse: "In effetti, il padre, voglio andare." - "Solo scappare, tu stupido compagno, tu devi aspettare tu sei più saggio," disse il padre di questo, e voltò le spalle. Hans, però, tirò sul retro del suo camiciotto e disse: "In effetti, il padre, voglio andare." - "Bene, allora, per quanto mi riguarda tu puoi andare, ma tu vuoi venire presto a casa!" rispose il vecchio con voce dispettosa. Il ragazzo, però, era tremendamente felice e saltò di gioia. "Be ', agiscono come un pazzo! Tu growest più stupido ogni giorno!" ha detto ancora il padre. Hans, tuttavia, non si curava di questo, e non lasciare che rovinare il suo piacere, ma come era notte, allora, pensò che tanto valeva aspettare fino a domani, perché non poteva andare in tribunale quel giorno. Per tutta la notte non riusciva a dormire nel suo letto, e se ha fatto sonnecchiare per un momento, ha sognato di belle fanciulle, di palazzi, di oro e di argento, e tutti i tipi di cose di questo genere. Al mattino presto, è andato avanti per la sua strada, e subito dopo, il piccolo uomo squallido aspetto nei suoi vestiti di ferro, venne da lui e gli chiese cosa portava nel cestino. Hans gli ha dato la risposta che portava mele con cui la figlia del re era quello di mangiare bene se stessa. "Allora," disse il piccolo uomo ," così si eserciteranno essere, e rimanere." Ma alla corte avrebbero nessuno di loro lascia andare a Hans, perché dicevano due erano già stati lì che aveva detto loro che stavano portando mele, e uno di loro aveva "le gambe, e gli altri maiale 'rane setole. Hans, invece, risolutamente sostenuto che egli certamente non aveva le gambe di rana, ma alcune delle più belle mele in tutto il regno. Mentre parlava così piacevolmente, il portinaio ha pensato che non poteva essere raccontando una bugia, e gli chiese di andare in, e aveva ragione, perché quando Hans scoperto il suo cesto in presenza del re, mele giallo oro venuto tumbling out. Il re era felice, e ha causato alcuni di loro da adottare a sua figlia, e poi abbiamo aspettato in trepida attesa fino notizie dovrebbe essere portato a lui l'effetto che avevano. Ma prima era passato molto tempo da, notizia è stato portato a lui: ma chi credi che fosse venuto? era sua figlia se stessa! Appena aveva mangiato di quelle mele, è stata curata, e balzò fuori dal suo letto. La gioia del re sentiva non si può descrivere! ma ora non voleva dare sua figlia in sposa a Hans, e ha detto che deve prima di lui una barca che sarebbe andato più veloce sulla terra ferma che in acqua fare. Hans accettato le condizioni, e andò a casa, e raccontò come era andata con lui. Allora il padre mandò Uele nella foresta per fare una barca di questo tipo. Ha lavorato con diligenza, e fischiava tutto il tempo. A mezzogiorno, quando il sole era al massimo, è venuto l'omino di ferro e gli chiese cosa stava facendo? Uele gli ha dato per la risposta, "Ciotole di legno per la cucina." L'uomo di ferro, ha detto, "Così deve essere, e rimanere." A sera Uele pensato che aveva reso la barca, ma quando voleva entrare in esso, non aveva nulla, ma ciotole di legno. Il giorno successivo Seame andò nella foresta, ma tutto è andato con lui proprio come aveva fatto con Uele. Il terzo giorno Hans Stupidi andato. Ha lavorato via più alacremente, in modo che tutta la foresta risuonava con i colpi pesanti, e per tutto il tempo cantava e fischiettava allegramente a destra. A metà giornata, quando era il più caldo, il piccolo uomo è venuto di nuovo, e ha chiesto che cosa stava facendo? "Una barca che andrà più veloce sulla terra ferma che in acqua," rispose Hans, "e quando ho finito, io sono di avere la figlia del re per mia moglie." - "Bene," disse il piccolo uomo ," un tale one2 deve essere, e rimanere." La sera, quando il sole si era trasformato in oro, Hans finì la sua barca, e tutto ciò che è stato voluto f o. Si alzò in esso e remato al palazzo. La barca è andato più rapidamente il vento. Il re lo vide da lontano, ma non avrebbe dato sua figlia Hans ancora, e ha detto che deve prima prendere un centinaio di lepri al pascolo dalla mattina presto fino a tarda sera, e se uno di loro si via, non dovrebbe avere sua figlia . Hans era contentò di questo, e il giorno dopo è andato con il suo gregge al pascolo, e si è preso molta cura che nessuno di loro è scappata.
Prima di molte ore erano passate è venuto un servo dal palazzo, e ha detto Hans che lui le deve dare una lepre immediatamente, per alcuni visitatori erano venuti inaspettatamente. Hans, però, era molto bene cosa volesse dire, e disse che non avrebbe dato il suo unico; il Re potrebbe impostare una minestra lepre prima del suo ospite il giorno successivo. La cameriera, però, non avrebbe creduto nel suo rifiuto, e alla fine cominciò ad arrabbiarsi con lui. Poi Hans ha detto che se la figlia del re si è venuto, lui le avrebbe dato una lepre. La cameriera ha detto questo nel palazzo, e la figlia ha fatto andare lei stessa. Nel frattempo, però, il piccolo uomo venne di nuovo a Hans, e gli chiese che cosa stesse facendo lì? Ha detto che doveva vegliare su un centinaio di lepri e vedere che nessuno di loro corse away3, e allora potrebbe sposare la figlia del re e di essere re. "Bene," disse il piccolo uomo, "c'è un fischio per te, e se uno di loro corre via, basta fischiare con esso, e poi tornerà di nuovo." Quando la figlia del re è venuto, Hans ha dato una lepre in grembiule; ma quando lei era andata a un centinaio di passi con esso, lui fischiò, e la lepre saltò fuori dal grembiule, e prima che potesse girarsi è tornato al gregge di nuovo. Quando venne la sera la lepre-branco fischiò di nuovo, e guardò per vedere se tutti erano lì, e poi li portò al palazzo. Il re chiese come Hans era riuscito a prendere un centinaio di lepri a pascolare senza perdere nessuno di loro; egli, però, non gli ancora dare sua figlia, e ha detto che ora deve portargli una piuma dalla coda del Griffin. Hans esposto in una sola volta, e andò dritto in avanti. La sera giunse a un castello, e ci ha chiesto per l'alloggio di una notte, perché in quel momento non c'erano locande. Il signore del castello gli promise che con molto piacere, e gli chiese dove stava andando? Hans rispose: "Per il Griffin." - "Oh al Griffin Mi dicono di sapere tutto, e ho perso la chiave di un ferro da stiro denaro-torace, per cui si potrebbe essere così gentile da chiedergli dove si trova." - "Sì, in effetti," disse Hans, "lo farò." La mattina dopo andò in poi, e per la sua strada è arrivato a un altro castello in cui ha nuovamente trascorso la notte. Quando le persone che vivevano lì seppero che stava per Griffin, hanno detto che avevano in casa una figlia che era malato, e che avevano già tentato ogni mezzo per guarirla, ma nessuno di loro l'avevano fatto nulla di buono, e potrebbe essere così gentile da chiedere al Griffin ciò che renderebbe di nuovo la loro figlia sana? Hans ha detto che avrebbe volentieri farlo, e andò avanti. Poi è venuto a un lago, e invece di un traghetto, un uomo alto alto era lì che doveva portare tutti in tutto. L'uomo ha chiesto Hans dove lui era in viaggio? "Per il Griffin," ha detto Hans. "Poi, quando si arriva a lui," disse l'uomo, "solo chiedergli perché sono costretto a portare tutti sul lago." - "Sì, anzi, certamente lo farò," ha detto Hans. Poi l'uomo lo prese sulle sue spalle, e lo portò in tutto. Finalmente Hans arrivò alla casa del Grifone, ma la moglie era solo a casa, e non la Griffin se stesso. Allora la donna gli chiese cosa voleva? Allora egli le disse tutto, - che doveva ottenere una piuma di coda di Griffin, e che c'era un castello dove avevano perso la chiave del loro denaro-petto, ed era di chiedere al Griffin dove era? --that in un altro castello la figlia era malata, e lui doveva imparare che cosa sarebbe curarla? - e quindi non lontano da lì c'era un lago e un uomo accanto, che è stato costretto a portare le persone attraverso di esso, e lui era molto ansioso di conoscere il motivo per cui l'uomo è stato costretto a farlo. Allora disse la donna, "Ma guarda qui, mio buon amico, nessun cristiano può parlare al Griffin, lui li divora, ma se vi piace, è possibile sdraiarsi sotto il suo letto, e di notte, quando è abbastanza veloce addormentato, è possibile raggiungere e tirare una piuma dalla sua coda, e come per quelle cose che siete a imparare, io vi chiedete a loro di me. "Hans era molto soddisfatto di questo, e si sotto il letto. In serata, il Grifone tornò a casa, e non appena entrò nella stanza, disse: "Moglie, sento odore di un cristiano." - "Sì," disse la donna, "uno era qui oggi, ma andò via di nuovo;" e che la Griffin non disse altro.
Nel mezzo della notte, quando il Grifone russava rumorosamente, Hans allungò la mano e prese una penna dalla sua coda. Il Griffin si svegliò all'istante, e disse: "Moglie, sento odore di un cristiano, e mi sembra che qualcuno stava tirando la mia coda." Sua moglie ha detto: "Tu hai certamente sognato, e ti ho detto prima che un cristiano è stato qui oggi, ma che è andato via di nuovo. Mi ha detto ogni genere di cose che in un castello avevano perso la chiave della loro denaro-torace, e potrebbe trovarla da nessuna parte. "- "Oh, gli sciocchi" ha detto che il Griffin; "la chiave sta nel legno-casa sotto un tronco di legno dietro la porta." - "E poi ha detto che in un altro castello, la figlia era malato, e sapevano nessun rimedio che l'avrebbe curare." - "Oh, gli sciocchi" ha detto che il Griffin; "sotto la cantina-passi un rospo ha fatto il suo nido di capelli, e se ha ottenuto indietro i capelli sarebbe stata bene." - "E poi ha anche detto che c'era un posto dove c'era un lago e un uomo accanto che è stato costretto a portare tutti in tutto." - "Oh, sciocco!" ha detto che il Griffin; "se solo ha messo un uomo nel mezzo, non avrebbe mai dovuto portare un altro fronte." La mattina dopo il Grifone si alzò e uscì. Poi Hans uscì da sotto il letto, e aveva una bella piuma, e aveva sentito quello che il Griffin aveva detto sulla chiave, e la figlia, e il traghetto-uomo. La moglie del Griffin ripete il tutto ancora una volta a lui che egli potrebbe non dimenticarlo, e poi è andato a casa di nuovo. In primo luogo è venuto a l'uomo in riva al lago, che gli chiese che cosa il Griffin aveva detto, ma Hans rispose che deve prima portarlo in tutta, e poi lo avrebbe detto. Così l'uomo lo portò attraverso, e lui quando era finita Hans detto che tutto quello che doveva fare era impostare una persona nel mezzo del lago, e quindi non avrebbe mai dovuto riportare più. L'uomo era enormemente felice, e disse Hans, che per riconoscenza gli avrebbe prendere ancora una volta di fronte, e viceversa. Ma Hans disse di no, che avrebbe lo risparmiare la fatica, era già abbastanza soddisfatto, e prosegue la sua strada. Poi è venuto al castello dove la figlia era malato; la prese sulle spalle, perché non poteva camminare, e la portò giù per le cantine-passi e tirò fuori il nido di rospo da sotto il gradino più basso e lo diede in mano, e lei saltò dalla spalla e su per le scale prima lui, ed è stato abbastanza curato. Allora erano il padre e la madre oltre misura rallegrò, e hanno dato i regali Hans d'oro e d'argento, e tutto il resto che desiderava, che gli hanno dato. E quando arrivò il castello altra andò subito in legno-casa, e trovò la chiave sotto il log di legno dietro la porta, e lo portò al signore del castello. Egli, inoltre, non era un po 'compiaciuto, e ha dato Hans come ricompensa gran parte dell'oro che era nel petto, e tutti i tipi di cose oltre, come mucche e pecore e capre. Quando Hans arrivò davanti al re, con tutte queste cose - con i soldi, e l'oro, l'argento e le mucche, pecore e capre, il re gli chiese come era venuto da loro. Poi Hans gli disse che il Griffin ha dato ogni sorta che voleva. Così il re pensava di se stesso potrebbe fare tali cose utili, e mise in cammino verso la Griffin; ma quando arrivò al lago, avvenne che egli fu il primo che è arrivato lì dopo Hans, e l'uomo lo ha messo nel mezzo di esso e se ne andò, e il re era annegato. Hans, invece, sposò la figlia, e divenne re.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il pigro Rico

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Rico era un gran pigrone, e benché non avesse altro da fare che portare tutti i giorni al pascolo la capra, tuttavia la sera, finita la sua giornata, tornava a casa sospirando: "E in verità un gran peso e una bella fatica, portar questa capra al pascolo, giorno dopo giorno, fino ad autunno inoltrato! Se almeno ci si potesse sdraiare e dormire! Ma no, bisogna tenere gli occhi aperti, perché non danneggi le giovani piante, non entri in un giardino attraverso la siepe e magari non scappi. Come si fa a stare in pace e godersi la vita?." Si mise a sedere, raccolse i suoi pensieri e andava ruminando come togliersi quel peso dalle spalle. Per un bel po', continuò a meditare invano, ma ad un tratto fu come se gli cadesse una benda dagli occhi. "So quel che ho da fare!," esclamò, "Sposo la grassa Trina; ha una capra anche lei, e insieme con quella può pascolare anche la mia, e io non ho più bisogno di strapazzarmi."
Allora Rico si alzò, mise in moto le sue stanche membra e attraversò la strada; così distante era la via dove abitavano i genitori della grassa Trina; e chiese la mano della loro virtuosa e diligente figliola. I genitori non ci pensarono sopra un pezzo. "Dio li fa e poi li accompagna!," dissero, e diedero il loro consenso.
Così la grassa Trina si maritò con Rico e portò al pascolo tutte e due le capre. Rico si dava bel tempo, non doveva riposarsi che della sua pigrizia. Ogni tanto andava anche lui al pascolo e diceva: "è soltanto per goder di più il riposo; se no, non ci si trova più gusto."
Ma la grassa Trina non era meno pigra di lui. "Caro Rico," disse un giorno, "perché dobbiamo avvelenarci fa vita e rovinarci i più begli anni della gioventù? Queste due capre, che, a forza di belare, ogni mattina ci rompono il sonno sul più bello, non è meglio darle al nostro vicino, che ci dia in cambio un alveare? L'alveare lo mettiamo dietro casa, in un posto soleggiato, e non ce ne curiamo più. Le api, non occorre custodirle e menarle al pascolo; volan fuori, trovan da sé la via di casa e raccolgono il miele, senza darci il minimo disturbo." - "Hai parlato da donna sensata," rispose Rico, "è una proposta da metter subito in atto; e poi, il miele è più gustoso e più nutriente del latte di capra e si può conservar più a lungo."
Il vicino diede ben volentieri un alveare in cambio delle capre. Le api volavano instancabilmente su e giù, dal mattino presto a tarda sera, e riempirono l'alveare di bellissimo miele, così che d'autunno Rico potè ricavarne un bell'orcio.
Hanno messo la brocca su una scheda che è stata fissata alla parete della loro camera da letto, e mentre avevano paura che potesse essere rubato da loro, o che i topi potrebbe trovare, Trina ha portato in un robusto bastone di nocciolo e mettere è accanto al suo letto, in modo che, senza inutili alzarsi avrebbe potuto raggiungerlo con la mano, e scacciare gli ospiti indesiderati. Pigro Harry non piaceva lasciare il suo letto prima di mezzogiorno. "Colui che si alza presto," disse, "spreca la sua sostanza."
Una mattina, quando era ancora sdraiato tra le piume in pieno giorno, riposo dopo il suo lungo sonno, disse a sua moglie, "Le donne amano le cose dolci, e tu sei sempre assaggiare il miele in privato, ma sarà meglio per noi a scambiarlo per un oca con un giovane papero, prima che tu mangiartela l'intero di esso. "- "Ma," rispose Trina, "non prima di avere un bambino a prendersi cura di loro sono io a preoccuparmi di me con le piccole oche, e spendo tutta la mia forza su di loro senza scopo!." - "Credi tu," disse Harry, "che il giovane si occuperà di oche Ora a un giorno i bambini obbediscono più, lo fanno secondo la propria fantasia, perché si considerano più intelligenti rispetto ai loro genitori, proprio come quel ragazzo? che è stato inviato a cercare la mucca e inseguito tre blackbirds2 ." - "Oh," rispose Trina, "!. Questa è la passerà male se non fare quello che dico io prenderò un bastone e belabour la sua pelle per lui con più colpi che posso contare Guarda, Harry," gridò in il suo zelo, e afferrò il bastone che doveva guidare i topi franca, "Guarda, questo è il modo farò cadere su di lui!" Allungò il braccio fuori per colpire, ma purtroppo ha colpito il miele-lanciatore sopra il letto.
Il lanciatore ha colpito contro il muro e cadde in frammenti, e l'ammenda di miele in streaming a terra. "Vi si trovano l'oca e il giovane papero," disse Harry, "e non vogliono guardare dopo. Ma è una fortuna che il lanciatore non è caduto sulla mia testa. Abbiamo tutte le ragioni per essere soddisfatto con il nostro lotto." E poi quando vide che c'era ancora un po 'di miele in uno dei frammenti egli stese la mano per esso, e disse tutto allegro, "I resti, mia moglie, ci saranno ancora mangiare con gusto, e ci riposeremo un po' dopo lo spavento che abbiamo avuto. Ciò che conta se non alziamo un po 'più tardi il giorno è sempre abbastanza a lungo ." - "Sì," rispose Trina, "saremo sempre arrivare alla fine di esso al momento opportuno Sai tu che la lumaca è stato chiesto una volta a un matrimonio e partì per andare, ma arrivato al battesimo Di fronte.. la casa è caduto oltre la recinzione, e disse, 'velocità non fa bene.' "Questo episodio è offerto da Podbean.com.

La bara di vetro

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Anche un povero sarto può aver successo e giungere ai più altri onori; basta che infili la strada giusta e, soprattutto, che abbia fortuna. Un tale sartorello, svelto e garbato, andava una volta in giro per il mondo; arrivò in un gran bosco e, siccome non sapeva la strada, si smarrì. Si fece notte, e altro non gli restò che cercarsi un giaciglio in quella spaventosa solitudine. Sul morbido muschio avrebbe certo trovato un buon letto, ma la paura delle bestie feroci non gli dava tregua, e alla fine egli dovette decidersi a passar la notte su un albero. Cercò una quercia alta, s'arrampicò fino in cima e ringraziò Dio di aver con sé il suo ferro da stiro, se no il vento che soffiava sulle vette degli alberi l'avrebbe portato via e buttato giù.
Dopo aver passato alcune ore nell'oscurità, non senza una certa paura, vide poco distante brillare un lume; e pensando che là ci fosse la casa di una creatura umana, dove anche lui si sarebbe trovato meglio che fra i rami di un albero, scese cautamente, e andò verso quel lume. E arrivò a una minuscola casetta che era fatta di canne e giunchi intrecciati. Bussò con gran coraggio, la porta si aprì, e al chiarore della luce che si riversava al di fuori, egli vide un vecchietto tutto bianco, che indossava un vestito di stracci colorati. "Chi siete e cosa volete?," domandò il vecchio con voce stridente. "Sono un povero sarto," egli rispose, "che la notte ha sorpreso qui nel bosco; e vi supplico di accogliermi nella vostra capanna fino a domattina." - "Va per la tua strada!," rispose il vecchio, "con vagabondi non voglio aver nulla da fare; cercati un alloggio altrove." Detto questo, fece per scappar dentro, ma il sarto lo trattenne per la falda della giacca e lo pregò con tanto calore che il vecchio, che non era poi così cattivo come voleva sembrare, finì con l'impietosirsi e l'accolse nella sua capanna, dove gli diede da mangiare e poi gli indicò un buon letta in un angolo.
Il sarta era così stanco che non ebbe bisogna d'esser cullato, ma dormì beatamente fino alla mattina; e neanche allora avrebbe pensato ad alzarsi, se non fosse stato svegliato da un gran fracasso improvviso: urla e muggiti penetravano attraverso le pareti sottili della casa. Spinto da un improvviso coraggio, il sarto balzò in piedi, si vestì in fretta e furia e corse fuori. E vide accanto alla casetta un gran toro tutto nero e un bel cervo, che lottavano accanitamente. Si assalivano con tal foga che il terreno ne tremava e l'aria rimbombava dei loro gridi. Fu a lungo incerto quale dei due avrebbe riportato la vittoria: alla fine il cervo cacciò le corna nel ventre del nemico; il toro stramazzò a terra con uno spaventoso muggito, e in pochi colpi il cervo lo finì.
Il sarto, che aveva assistito alla battaglia con profondo stupore, non si era ancor mosso, quando il cervo corse a gran balzi verso di lui e, prima che potesse fuggire, seni altro lo infilzò con le sue grandi corna. Per un pezzo il sarto non riuscì a raccapezzarsi; passava di gran camera per fossi e siepi, monti e valli, prati e boschi. Si aggrappava con tutt'e due le mani alla punta delle corna e si abbandonava al suo destino. Ma gli pareva proprio di volare. Finalmente il cervo si arrestò davanti a una parete di roccia e lo lasciò dolcemente cadere. Il sarto, più morto che vivo, ebbe bisogno di un bel po' di tempo per tomar in sé. Quando si fu un po riavuto, il cervo, che era rimasto fermo accanto a lui, cozzò con tal violenza contro una porta nella roccia che la porta si spalancò.
Ne uscirono lingue di fuoco e poi un gran fumo, e il cervo scomparve. Il sarto non sapeva che fare e dove dirigere i passi, per uscire da quel luogo isolato e tomare fra gli uomini. Mentre se ne stava lì assai indeciso, risonò dalla rupe una voce, e gli gridò: "Entra senza paura, non ti accadrà alcun male." A dir vero, egli esitava, ma, animato da una forza misteriosa, ubbidì alla voce e, per la porta di ferro, arrivò in una gran sala, dove soffitto, pareti e pavimenti erano fatte di lucide pietre quadrate, e ognuna portava incisi dei segni sconosciuti. Osservò tutto con gran meraviglia e stava per uscire, quando sentì di nuovo la voce, che gli diceva: "Mettiti sulla pietra che è in mezzo alla sala, qui ti attende una gran fortuna."
Il suo coraggio eragiunto a tal segno ch'egli obbedì. Sotto i suoi piedi la pietra cedette e sprofondò lentamente. Quando si fermò, il sarto si guardò intomo: si trovava in una sala ampia come la prima. Ma qui c'eran ancora più cose da osservare e da ammirare. Nelle pareti erano scavate delle nicchie dove c'eran vasi di vetro trasparente pieni di spirito colorato o di un fumo azzurrognolo; c'erano sul pavimento, l'uno di fronte all'altra, due grandi casse di vetro, che destarono subito la sua curiosità. In quella a cui s'accostò scorse uno splendido edificio, simile a un castello, circondato da fattorie, stalle e fienili e tante altre belle cose. Tutto era in miniatura, ma lavorato con grandissima cura e bellezza, e pareva intagliato con la massima precisione da una mano maestra.
Contemplando quelle rarità, egli non ne avrebbe mai distolto lo sguardo, se di nuovo la voce non si fosse fatta sentire: l'invitò a voltarsi e a guardar l'altra cassa di vetro. Come crebbe la sua meraviglia, quando scorse là dentro una fanciulla di estrema bellezza. Giaceva come addormentata ed era avvolta nei suoi lunghi capelli biondi come in un mantello prezioso; gli occhi erano chiusi, ma il fresco colore del volto e un nastro che si moveva secondo il respiro, dicevano che la fanciulla era viva. Il sarto contemplava la bella col cuore che gli batteva, quando, all'improvviso, ella aprì gli occhi e al vederlo trasalì con lieto sgomento. "Giusto cielo!," grido, ala mia liberazione è vicina! Su, presto, presto, aiutami a uscir dalla mia prigione: se levi il chiavistello di questa bara, l'incanto è rotto, II sarto ubbidì senza esitare; e subito ella sollevò il coperchio di vetro, uscì dalla bara e corse in un angolo della sala, dove si avvolse in un ampio mantello. Poi si mise a seder su una pietra, ordinò al giovane di avvicinarsi e, dopo averlo amorosamente baciato sulla bocca, disse: "Mio liberatore tanto sospirato, il buon Dio ti ha condotto a me e ha posto fine alle mie pene. Il giorno stesso in cui queste hanno termine, deve cominciar la tua felicità, tu sei lo sposo che il Cielo mi ha destinato; amato da me e colmo d'ogni bene terreno, passerai la vita in tranquilla gioia. Siediti e ascolta la mia storia!
Io sono la figlia di un conte, e sono molto ricca. I miei genitori morirono che ero ancora in tenera età e nel testamento mi raccomandarono al mio fratello maggiore, dal quale fui allevata. Ci amavamo tanto, e, andavamo così d'accordo nei gusti e nel modo di pensare, che entrambi decidemmo di non sposarci mai e di restare insieme fino alla morte. In casa nostra non mancava la compagnia: vicini e amici venivano spesso a trovarci e tutti erano accolti con la migliore ospitalità. E così fu che una sera arrivò nel nostro castello un cavaliere sconosciuto, e col pretesto di non potere ormai raggiungere il villaggio più vicino, ci chiese ricovero per la notte. Il suo desiderio fu da noi soddisfatto con premurosa sollecitudine, e durante la cena egli c'intrattenne assai piacevolmente con la sua conversazione e con vari racconti. Mio fratello ne fu così rallegrato che lo pregò di fermarsi da noi un paio di giorni, e, dopo qualche esitazione, egli acconsentì. Ci alzammo da tavola soltanto a notte tarda: all'ospite fu assegnata una camera, e io, stanca com'ero, mi affrettai a consegnare le membra alle morbide piume. Mi ero appena assopita che mi svegliarono le note di una musica dolcissima. Non riuscendo a capire donde venisse, volli chiamar la mia cameriera, che dormiva nella stanza attigua; ma, con mio grande stupore, mi accorsi che una forza misteriosa mi aveva tolto la parola, come se un incubo gravasse sul mio petto: ero incapace di emettere il più lieve suona. Intanto, alla luce della lampada notturna, vidi il forestiero entrar nella mia camera, che pure era ben chiusa da due porte. Egli mi s'accostò e disse che, grazie alle virtù magiche di cui disponeva, aveva ottenuto che risonasse quella musica soave per svegliarmi, e ora lui stesso poteva attraversare porte ben chiuse, con l'intento di offrirmi il suo cuore e la sua mano. Ma la mia ripugnanza per le sue arti magiche era tale, che non lo degnai di una parola. Per un po' egli non si mosse, probabilmente in attesa di una decisione a lui favorevole; ma siccome continuavo a tacere, dichiarò con rabbia che si sarebbe vendicato, e avrebbe trovato il mezzo di punire il mio orgoglio; e abbandonò la stanza. lo passai la notte in estrema angoscia, e mi assopii soltanto verso il mattino. Quando mi svegliai, corsi nella stanza di mio fratello per informarlo di quel che era accaduto, ma non lo trovai, e il cameriere mi disse che, allo spuntar del giorno, era andato a caccia col forestiero.
Ebbi subito un cattivo presentimento. Mi vestii in fretta, feci sellare il mio cavallo favorito e, accompagnata soltanto da un servo, corsi verso il bosco. Il servo stramazzò col cavallo, che si era rotto una zampa, e non potè più seguirmi. lo continuai la mia strada senza fermarmi, e dopo qualche minuto vidi il forestiero venirmi incontro, con un bel cervo, ch'egli teneva al laccio. Gli domandai dove avesse lasciato mio fratello e come avesse preso quel cervo, che aveva dei grandi occhi da cui scorrevan le lacrime. Invece di rispondermi, egli scoppiò a ridere fragorosamente. lo m'infuriai, estrassi una pistola e la scaricai contro quel mostro; ma il colpo rimbalzò dal suo petto e colpì alla testa il mio cavallo. Caddi a terra, e il forestiero mormorò alcune parole, così che persi la conoscenza.
Quando ripresi conoscenza, mi sono trovato in questa grotta sotterranea in una bara di vetro. Il mago è apparso ancora una volta ha detto che si voltò mio fratello in un cervo, il mio castello con tutti gli accessori sono diminuite in altro petto di vetro, e la mia trasformato in fumo, la gente avrebbe vietato in bottiglie di vetro. Volevo aggiungere che io il suo desiderio ora, quindi sarebbe facile mettere tutto torna nel suo stato precedente, ha solo bisogno di aprire i vasi, e tutto sarebbe tornato alla sua forma naturale. Gli ho risposto come poco come la prima volta. Egli scomparve, lasciandomi nella mia prigione, dove ero sopraffatto da un sonno profondo. Tra le immagini che passavano davanti alla mia mente, era il più confortante che un giovane uomo è venuto e mi ha salvato, e quando oggi ho aperto gli occhi, così ti vedo e vedo il mio sogno realizzato. Aiutami a realizzare le cose che sono successe in quelle visioni. La prima è che eleviamo la cassa di vetro in cui il mio castello è su quel vasto pietra.
La pietra, quando si lamentava, sollevato con la giovane donna e il giovane uomo in altezza e rosa attraverso l'apertura nel soffitto nella stanza superiore, dove potevano quindi facilmente raggiungere l'esterno. Qui la fanciulla aprì il coperchio, ed è stato meraviglioso a vedersi come il castello, le case e fattorie allungati e cresciuto nella più grande rapidità alla dimensione naturale. Sono tornati di nuovo alla caverna sotterranea e lasciato i bicchieri pieni di fumo dal orso pietra. Appena aveva aperto la bottiglia la signora in modo che il fumo blu è uscito e ha trasformato in persone che vivono, in cui la donna ha riconosciuto i suoi servi e la sua gente. La sua gioia era ancora ulteriormente aumentata quando suo fratello, che aveva ucciso il mago del toro, in forma umana è venuto fuori dal bosco, e anche lo stesso giorno la fanciulla, in conformità con la loro promessa, la mano felice di Schneider presso l'altare.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Il servo accorto

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

Felice il padrone e fortunata la casa dove c'è un servo accorto che ascolta gli ordini, ma non li segue alla lettera, e fa le cose a suo giudizio. Una volta uno di questi saggi servi fu mandato dal suo padrone a cercare una vacca che si era perduta. Restò fuori un bel pezzo e il padrone pensava: "Il mio fedele Hans non è certo uno che scansa un lavoro." Ma poiché non tornava mai, cominciò a temere che gli fosse successo qualcosa e si mise a cercarlo. Cerca e cerca, finalmente vide il servo che correva su e giù per la campagna. "Allora, caro Hans," disse il padrone quando lo ebbe raggiunto, "hai trovato la vacca che ti ho mandato a cercare?," il servo rispose: "No, padrone, non l'ho trovata, ma nemmeno cercata." - "Cos'hai cercato allora?" - "Qualcosa di molto meglio, ed a dire il vero, sono anche riuscito a trovarlo." - "Che cos'è, Hans?" - "Tre merli," rispose il servo. "E dove sono?" domandò il padrone. "Uno lo vedo, l'altro lo sento, ed al terzo do la caccia!," rispose il servo accorto. Questo vi serva ad esempio, non fatevi problemi per il vostro padrone ed i suoi ordini, fate piuttosto quello che vi salta in testa o che avete voglia di fare; così agirete in maniera saggia come il nostro accorto Hans.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

Biancaneve e Rosarossa

Tuesday Aug 13, 2024

Tuesday Aug 13, 2024

C'era una volta una povera vedova, che viveva in una modesta casetta con le sue due bambine. Le aveva chiamate Biancarosa e Rosella perché erano simili ai boccioli rossi e bianchi dei rosai che crescevano davanti a casa sua: esse erano buone, pie, laboriose e gentili. Biancarosa era più tranquilla e remissiva, Rosella più spensierata e vivace. A Rosella piaceva correre e saltare per i prati, andare a caccia di farfalle e cogliere fiori campestri, mentre Biancarosa stava volentieri in casa ad aiutare la mamma nelle faccende, oppure le leggeva qualche libro mentre essa cuciva. Le due bambine si volevano molto bene e si tenevano per la mano quando andavano fuori insieme: dicevano che non si sarebbero mai separate e che avrebbero sempre diviso fraternamente ogni cosa. Spesso si addentravano parecchio nella foresta a cercare fragole e mirtilli, ma gli animali feroci non facevano loro alcun male. Le lepri venivano a mangiare le foglie di cavolo che le bimbe porgevano loro, i caprioli pascolavano senza timori, le capre saltellavano intorno giocando, e gli uccellini rimanevano a gorgheggiare sui cespugli senza fuggire al loro avvicinarsi. Non capitava loro mai niente di male e, se indugiavano nella foresta e la notte le sorprendeva, si sdraiavano sul muschio e dormivano tranquille fino alla mattina dopo. La mamma non aveva alcun timore, pur sapendole sole nel bosco.
Una volta, dopo aver così trascorso la notte nella foresta, quando l'alba le svegliò videro una bella fanciulla vestita di un bianco abbagliante che stava seduta vicino al loro giaciglio. Ella s'alzo guardandole con amore e, senza dir nulla, rientrò nella foresta. Quando le bimbe si guardarono intorno, si accorsero che il luogo dove avevano dormito era sull'orlo di un precipizio, nel quale sarebbero certo precipitate se nel buio avessero fatto due passi di più. La mamma disse che l'apparizione che avevano veduta era, senza dubbio, uno degli angeli che proteggono i bambini buoni da ogni pericolo. Biancarosa e Rosella tenevano la loro casetta così pulita che era un vero piacere entrarvi. Ogni mattina, nell'estate, Rosella metteva prima in ordine la casa e poi coglieva un mazzolino di fiori per la mamma, e ci metteva sempre un bocciolo bianco e uno rosso che prendeva da ciascuno dei due rosai. Ogni mattina, nell'inverno, Biancarosa accendeva il fuoco e vi poneva sopra, piena d'acqua, la caffettiera, che, benché fosse di rame, splendeva come l'oro tanto era ben lucidata. La sera, quando cadevano i fiocchi di neve, la mamma diceva: "Biancarosa, và a chiudere la porta con il catenaccio" e poi si sedevano intorno al camino e la mamma si metteva gli occhiali per leggere un grosso libro a voce alta, mentre le bambine filavano. Accanto a loro stava accucciato un agnellino domestico e dietro, appollaiato sopra una pertica, c'era un piccioncino bianco, che dormiva con la testa sotto l'ala.
Una sera, mentre sedevano così pacificamente, si sentì un colpo alla porta, come se qualcuno volesse entrare. "Presto, Rosella," esclamò la madre "presto, apri la porta, ci sarà qualche viaggiatore che ha bisogno di asilo." Rosella tirò il catenaccio e aprì la porta, aspettandosi di vedere un povero uomo; invece, fu un orso grosso e grasso che fece capolino. Rosella cacciò un grido e tornò indietro di corsa, l'agnellino belò, il piccione svolazzò sulla pertica e Biancarosa si nascose dietro il letto della mamma. L'orso, però, si mise a parlare e disse: "Non abbiate paura, non vi voglio fare del male, ma sono mezzo congelato e vorrei scaldarmi un poco." - "Povero orso!" esclamò la mamma, "vieni dentro e sdraiati davanti al fuoco, ma stà attento a non bruciarti il pelo" e poi continuò: "Venite qui, Rosella e Biancarosa, non abbiate timore, l'orso non vi farà del male: vedete che le sue intenzioni sono buone." Così esse si avvicinarono e pian piano anche l'agnello e il piccione dominarono la loro paura e fecero buona accoglienza al rude visitatore. "Bambine," disse l'orso prima di entrare "venite a scuotermi di dosso la neve." Esse andarono a prendere le scope e gliela spazzarono via tutta. Allora l'orso si distese davanti al fuoco e fremeva dalla contentezza; a poco a poco le bambine presero tanta confidenza con lui da osare fargli degli scherzi: gli tiravano il pelo, gli mettevano i piedi sulla schiena, lo facevano rotolare avanti e indietro e arrivarono perfino a picchiarlo col battipanni, ridendo quando lui brontolava. L'orso sopportava serenamente tutti questi giochi e se picchiavano troppo forte esclamavano:
La vita a me lasciate, Biancarosa e Rosella, o mai vi maritate!
Quando venne l'ora di andare a letto e le bimbe si coricarono, la madre disse all'orso: "Puoi dormire qui davanti al camino, se vuoi; così starai al riparo dal freddo e dal cattivo tempo." Appena spuntò l'alba, le bambine fecero uscire l'orso che se ne trotterellò via sopra la neve: e ben presto prese l'abitudine di tornare alla capanna ogni sera alla stessa ora. Si sdraiava davanti al fuoco e lasciava che le bambine giocassero con lui finché volevano: a poco a poco esse si abituarono talmente alla sua presenza che non mettevano il catenaccio alla porta finché non era arrivato. Ma appena tornò la primavera e tutto era verde nella campagna, una mattina l'orso disse a Biancarosa che doveva lasciarla e non sarebbe tornato per tutta l'estate. "Dove vai, allora, caro orso?" chiese Biancarosa. "Sono costretto a stare nella foresta per custodire i miei tesori dai nani cattivi. Durante l'inverno, quando il gelo indurisce la terra, essi se ne devono stare rintanati nelle loro grotte e non possono uscire, ma ora che il sole ha riscaldata la terra e l'ha ammorbidita, i nani scavano lunghe gallerie e rubano tutto quello che trovano. Ciò che è passato nelle loro mani e che essi nascondono nelle loro grotte non si può riavere facilmente."
Biancarosa era molto triste per la partenza dell'orso, e gli aprì la porta così malvolentieri, che, quand'esso sgattaiolò dalla fessura, lasciò sulla maniglia un pezzetto di pelliccia: e nel buco prodottosi nel suo mantello parve a Biancarosa di intravedere un luccichio d'oro; ma non ne fu sicura. L'orso, pertanto, se n'andò in fretta, e fu presto nascosto dagli alberi. Poco tempo dopo, la mamma mandò le bimbe nel bosco a raccogliere legna e, mentre erano intente a cercare ramoscelli secchi sparsi sul terreno, s'imbatterono in un albero caduto attraverso al viottolo. Videro qualcosa tra l'erba che andava su e giù e non capirono dapprima che fosse: ma quando si furono avvicinate, videro un nano dalla faccia vecchia e grinzosa, e dalla candida barba lunga un metro. La punta di questa barba era incastrata in una fessura del tronco e l'omino saltava qua e là come un cane legato a catena, non sapendo come fare a liberarsi. Guardò le bambine con gli occhi fiammeggianti ed esclamò: "Che cosa fate lì senza muovervi? Non ve ne andrete senza aiutarmi, vero?" - "Che cosa avete fatto, nonnino?" domandò Rosella. "Quanto sei sciocca e curiosa" esclamò quello, "volevo spaccare l'albero per fare legna per la mia cucina. Avevo messo il cuneo e tutto procedeva bene, quando esso è saltato via a un tratto e la spaccatura si è richiusa così presto che non ho fatto in tempo a tirare indietro la mia bella barba, e ora è presa lì dentro e non posso andarmene. Ecco! Non ridete, visi di cartapesta? Siete dunque rimaste incantate?" Le bambine riunirono i loro sforzi per tirare fuori la barba del nano, ma non vi riuscirono. "Corro a cercare aiuto" gridò Rosella alla fine. "Sei un cervello sciocco e una testa bacata" gridò il nano. "Che bisogno c'è di chiamare altra gente? Voi due siete anche di troppo per me; non potete trovare altro rimedio?" - "Non vi spazientite," replicò Biancarosa "ho pensato a qualcosa" e, tirando fuori dalla tasca le sue forbicine, tagliò la punta della barba.
Appena il nano si sentì libero, afferrò il suo sacco, che era nascosto fra le radici dell'albero ed era pieno d'oro. Ma si guardò bene dal mostrarsi riconoscente: si gettò sulle spalle la bisaccia e se ne andò con aria corrucciata, brontolando e gridando: "Stupide, tagliare un pezzo della mia barba!" Un po' di tempo dopo, Biancarosa e Rosella se n'andarono a pescare; quando si avvicinarono allo stagno, videro qualcosa che sembrava una grossa cavalletta e che saltellava sulla riva come se stesse per balzare nell'acqua. Corsero a vedere e riconobbero il nano. "Che cosa state facendo?" domandò Rosella. "Cadrete nell'acqua!" - "Non sono tanto scemo," rispose il nano "ma non vedete che questo pesce mi ci tira dentro!" Il nano stava pescando e il vento aveva imbrogliato la sua barba col filo della lenza in modo che, quando un grosso pesce aveva abboccato all'amo, le forze del piccolo essere non erano più state sufficienti a tirarlo su e il pesce era sul punto di avere la meglio nella lotta. Il nano si aggrappava ai salici e ai cespugli che crescevano sulla riva, ma anche questo non serviva; il pesce lo tirava dove voleva e lo avrebbe portato ben presto nello stagno. Per fortuna le due fanciulle arrivarono in tempo e cercarono di liberare la barba del nano dal filo della lenza; ma essa si era talmente attorcigliata che non fu più possibile sciogliere quell'intrico. Biancarosa tirò fuori le forbici una volta ancora e tagliò un altro pezzo di barba. Quando il nano se ne accorse, montò su tutte le furie ed esclamò: "Sciocche! E' questa la maniera di sfigurarmi? Non vi bastava tagliarmela una volta, ora dovete anche togliermene la parte migliore? Non avrò più il coraggio di farmi vedere dalla mia gente. Sarebbe stato meglio che vi fossero andate via le suole dalle scarpe prima di arrivare qui!" Ciò dicendo, sollevò un sacco di perle che stava fra i cespugli e, senza aggiungere parola, scivolò via e sparì dietro una pietra.
Non molto tempo dopo quest'avventura, la mamma di Rosella e Biancarosa ebbe bisogno di filo, aghi, spilli, merletti e nastri, e mandò le figliole a comprarli nella città più vicina. La strada passava per una zona dove numerosi massi erano disseminati qua e là, ed esse scorsero, proprio al disopra delle loro teste, un grande uccello che volava a spirale abbassandosi via via finché, a un tratto, piombò dietro a uno di quei massi. Udirono subito un grido lacerante e, correndo, videro con orrore che l'aquila aveva afferrato il loro vecchio conoscente, il nano, e cercava di portarlo via. Le bimbe compassionevoli lo afferrarono a loro volta e lo tennero forte finché l'uccello rinunciò a lottare e se ne volò via. Però, appena il nano si riebbe dalla paura, esclamò con la sua vocetta acuta: "Non potevate tenermi con più garbo? Avete afferrato la mia giacca marrone in modo tale che è tutta strappata e piena di buchi. Ficcanaso e pettegole che non siete altro!" Con queste parole si caricò sulle spalle un sacco pieno di pietre preziose e scivolò nella sua grotta fra le rocce. Le ragazze ormai erano abituate all'ingratitudine del nano e seguitarono la loro strada fino alla città, dove fecero le loro compere. Tornando a casa ripassarono da quella località e, senza accorgersene, attraversarono una radura sulla quale il nano, pensando d'essere solo, aveva sparso le pietre preziose del suo sacco. Il sole brillava e le pietre luccicavano rifrangendo i suoi raggi: c'era una tale varietà di colori che le bambine si fermarono ad ammirarli stupite. "Che cosa state a fare lì a bocca aperta?" domandò il nano, mentre il viso gli diventava paonazzo per la rabbia. Continuava a gridare improperi contro le povere fanciulle, quando si udì un ringhio e un grande orso nero venne fuori pesantemente dalla foresta. Il nano diede un balzo, terrorizzato, ma non fece in tempo a rientrare nel suo antro prima che l'orso lo raggiungesse. Allora gridò: "Risparmiami, caro signor orso, ti darò tutti i miei tesori, e anche queste pietre preziose. Concedimi la vita: che puoi temere da un piccolo essere come me? Non mi sentiresti nemmeno fra le tue zanne. Qui ci sono due bambine cattive, due teneri bocconcini, grasse come quaglie: mangia loro!"
L'orso però, senza darsi la pena di parlare, dette una zampata a quel nano senza cuore, che non si mosse più. Le bambine stavano per fuggire, ma l'orso le chiamò: "Biancarosa, Rosella, non temete, aspettatemi che vi accompagno!" Esse riconobbero allora la voce del loro amico e si fermarono rassicurate. Ma quando l'orso arrivò loro vicino, il suo mantello gli cadde di dosso e apparve uno splendido giovanetto, vestito tutto d'oro. "Sono il figlio di un re," disse, "ed ero stregato da quel nano cattivo che aveva rubato tutti i miei tesori, condannandomi a errare in questa foresta sotto forma di orso finché la sua morte non mi avesse liberato. Ora ha finalmente ricevuto il castigo che si meritava." Così se ne tornarono alla casetta: Biancarosa sposò il bel principe e Rosella il fratello di lui, e si divisero l'immenso tesoro che il nano aveva raccolto. La vecchia madre visse ancora felicemente per molti anni con le sue figliole; i rosai che stavano davanti alla casetta furono trapiantati davanti al palazzo, e ogni anno diedero delle bellissime rose rosse e delle rose bianche ancora più belle.Questo episodio è offerto da Podbean.com.

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